LA FESTA DI MEZZO
PENTECOSTE (MESOPENTIKOSTI)
Pochi sono
coloro che si recano in Chiesa in tale giorno e la maggior parte addirittura
non sa neanche che il Mercoledì dopo la
Domenica del Paralitico, la Chiesa celebra una grande festa, la Mezza Pentecoste. Ma una volta la festa
di Mesopentikostis (questo il suo
nome greco) era una grande festa della Grande Chiesa di Costantinopoli e una
folla immensa vi si radunava. Una prima notizia di questa festa la troviamo in
una relazione del Regno d’ordine
(Cap. 26) di Costantino Porfyrogenito che ci dice che tale festa veniva
celebrata fin dall’anno 903 nella chiesa di San Mokiou a Costantinopoli. Vi è
una descrizione dettagliata della gloriosa celebrazione, che occupa tutta la
pagina ed è determinata dalla nota taxis bizantina, come l’imperatore di
mattina prendeva parte alle celebrazioni ufficiali recandosi dal suo palazzo
nella chiesa San Mokiou, dove si celebrava tale funzione presieduta dal
Patriarca. Era usanza che l’imperatore alla fine delle celebrazioni invitasse a
pranzo il Patriarca. E nei nostri odierni libri liturgici vediamo presenti le
tracce del vecchio splendore di cui godeva questa festa. Infatti la festa viene
presentata come despotica, con i suoi tropari e con il suo doppio canone al
mattutino, opere dei grandi innografi Teofane ed Andrea di Creta, con letture
proprie, con la sua permanenza tra due domeniche e soprattutto con la sua
ottava diremo oggi come le altre grandi feste despotiche dell’anno liturgico.
Ma quale è il
tema di questa festa particolare? Non ingloba possiamo dire una realtà
storicizzata dal racconto evangelico. La questione è chiaramente festiva e
teorica. Il Mercoledì della Mezza Pentecoste, cade 25 giorni dopo la Pasqua e
25 giorni prima della festa di Pentecoste. Segna la metà del periodo dei 50
giorni festivi dopo la Pasqua. È cioè una sosta, una fermata. Questo lo indica
molto bene il primo stichiron del vespro della festa: Eccoci giunti alla metà
dei giorni che iniziano con la salvifica resurrezione e ricevono il loro sigillo
con la divina pentecoste. Questo giorno risplende dai fulgori che riceve da
entrambe, congiunge le due feste, ed è venerabile perché annuncia la gloria
dell’ascensione del Signore. Senza avere quindi un proprio tema questo giorno
unisce i temi, della Pasqua da una
parte e della Discesa dello Spirito Santo
dall’altra, e anticipa potremmo dire, la gloria dell’Ascensione del Signore,
che si festeggerà fra 15 giorni esatti. Certamente questo stare in mezzo alle
due grandi feste, ci porta alla mente anche l’aggettivo particolare del Signore
in lingua ebraica e cioè Messia. Messia in greco la maggior parte delle volte è
tradotto con Cristo. Ma foneticamente la parola ebraica ci riporta lo stare in
mezzo in greco. Così sia nei tropari che nel sinassario del giorno, questa
etimologia di cui parlavamo sopra diventa motivo di presentare Cristo, come
Messia, Mediatore tra Dio e l’uomo, mediatore e riconciliatore del mondo con l’eterno
Padre. Per questo motivo, osserva lo Xanthopulos nel suo Sinassario, festeggiamo la Mezzapentecoste, inneggiando il Cristo
quale Messia. Anche la lettura della pericope evangelica del giorno rinforza
questo pensiero di cui sopra (Gv 7, 14-30). Nel mezzo della festa della Pasqua
giudaica Cristo sale al tempio ed insegna. Il suo insegnamento provoca
ammirazione, ma anche fa nascere una controversia tra lui e le persone ed i
maestri del tempio. È il messia Gesù o non lo è? L’insegnamento di Gesù
proviene da Dio o no? Sorge quindi una nuova questione: il Cristo è maestro.
Colui che non ha mai frequentato una scuola diremmo oggi, ha la pienezza della
saggezza, perché è la Sapienza-Sofia di Dio che ha creato il mondo. Proprio
questo dialogo ha ispirato gran parte dell’innografia di questa festa. Colui
che insegna al tempio, nel mezzo dei maestri del popolo giudaico, nel mezzo
della festa, è il Messia, è il Cristo, il Verbo di Dio. Colui che viene
contraddetto dai presunti saggi del suo popolo, è la Sapienza di Dio. Prendiamo
ad esempio uno dei tropari più caratteristici, il doxastikon degli aposticha
del Vespro: A metà della festa, mentre tu
insegnavi, o Salvatore, dicevano i giudei: Come può costui conoscere le
Scritture senza aver studiato? Ignoravano che tu sei la Sapienza che ha
ordinato il mondo. Gloria a Te!
Poche righe
più in basso nell’Evangelo di Giovanni, subito dopo la pericope che contiene il
dialogo del Signore con i Giudei nel mezzo della festa, segue un simile
dialogo, che ebbe luogo tra Cristo ed i Giudei, l’ultimo giorno della grande
festa, cioè a Pentecoste. Questo inizia con una grande frase del Signore Se qualcuno ha sete venga a me e beva, chi
crede in me come dice la Scrittura, dal suo grembo scorreranno fiumi d’acqua
viva ( Gv 7, 37-38). E continua l’evangelista questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in
lui ( Gv 7, 39). Non ha importanza che queste parole il Signore non le ha
proferite durante la Mezzopentecoste ma alcuni giorni dopo. Grazie ad una
figura poetica sono state messe in bocca al Signore nel discorso di
Mezzopentecoste. D’altronde l’attinenza con il discorso della festa è molto
evidente. Non potrebbe trovarsi caratteristica maggiore dell’immagine dell’opera
di insegnamento di Cristo. Nell’assetato genere umano l’insegnamento di Cristo
viene come acqua viva, come fiume di grazia che ristora la faccia della terra.
Cristo è la fonte della grazia, dell’acqua della vita eterna, che ristora e
disseta le anime provate degli uomini, che cambia gli assetati in fonti, da cui
scorreranno fiumi di acqua viva. Anzi, diventerà in lui una sorgente d’acqua che
zampilla per la vita eterna (Gv 4, 14) disse alla Samaritana. Egli che ha
cambiato il deserto del mondo in un paradiso piantato da Dio di alberi
sempreverdi irrorati dalle acque dello Spirito Santo. Questo tema ha ispirato
anche la poesia ecclesiastica ed ha ornato la festa odierna con inni
ineguagliabili. Ne scegliamo uno, tra i più caratteristici, il kathisma dopo la
terza ode del Mattutino: Stando nel mezzo
del tempio, a metà della festa con voce ispirata gridavi: Chi ha sete venga a
me e beva, perché chi beve alla mia divina sorgente farà sgorgare dal suo seno
i fiumi delle mie dottrine. Chi crede in me, inviato dal divino Genitore, con
me sarà glorificato. Per questo a te acclamiamo: Gloria a Te, o Cristo Dio,
perché hai copiosamente riversato sui tuoi servi i flutti del tuo amore per gli
uomini. Questa in sintesi è la festa di Mezzopentecoste
Dalla rivista della Metropoli di Kesariani,
liberamente tradotto dal greco dal diacono Rosario S.
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