domenica 28 ottobre 2012

Dalle Omelie sulla lettera agli Efesini di san Giovanni Crisostomo



Dalle Omelie sulla lettera agli Efesini

di san Giovanni Crisostomo

 

 

L’ambizione mise sottosopra tutte le cose e riempì non soltanto il mondo, ma anche la Chiesa di innumerevoli tumulti. Allo stesso modo come dei venti impetuosi e violenti, irrompendo in un tranquillo porto, lo rendono più pericoloso di qualsiasi frana o tempesta; parimenti, una volta che ebbe fatto la sua irruzione il desiderio della gloria, esso sconvolse e confuse tutte le cose.

Certamente avrete assistito spesso all’incendio di grandi case. Avete veduto come il fumo sale verso il cielo, mentre nessuno si avvicina a estinguere il danno, ma il fuoco consuma indisturbato l’intera proprietà? Sovente tutta la città si mette lì attorno a contemplare la sciagura, senza che nessuno si adoperi a recare il minimo aiuto. Eccoli tutti là intorno: non fanno nulla, ma ognuno stende il suo braccio per mostrare a chi è appena arrivato una lampada che precipita da una finestra o le travi che si sfasciano oppure il muro di cinta, intatto, che si stacca dai sostegni e crolla al suolo. Vi sono, a ogni modo, anche molte persone audaci e pronte a gettarsi nel pericolo, le quali, tuttavia, se osano avvicinarsi agli edifici che ardono, non è per dare una mano a spegnere il fuoco, ma soltanto perché lo spettacolo sia più divertente lì donde essi possono vedere tutto ciò che rimane nascosto a chi è più distante. Orbene, anche se quella casa era grande e splendida, lo spettacolo che si para adesso dinanzi agli occhi è miserevole e degno di molte lacrime: i capitelli delle colonne ridotti in polvere, anche molte di queste distrutte, alcune a causa del fuoco, altre sovente a motivo dell’imperizia dei costruttori. Si possono altresì vedere, attraverso il tetto scoperchiato, gli affreschi che adornavano le pareti rimasti allo scoperto senza più alcuna bellezza. Chi potrebbe, poi, descrivere le ricchezze che si trovavano racchiuse lì dentro: vesti d’oro, vasi d’argento? Ebbene, laddove entrava soltanto il padrone di casa con sua moglie, dove si trovava il segreto ripostiglio di tanti vestiti e profumi e gemme, i bagnini, gli immondezzai e tutti gli altri servi in fuga vedono ogni cosa in un unico rogo. Tutto ciò che si trovava all’interno è diventato acqua e fuoco e fango e polvere e legna semibruciata.

Ma perché proseguire oltre con questa immagine? Intendo, infatti, non descrivere l’incendio di una casa (e che me ne importa?), ma raffigurare piuttosto dinanzi agli occhi vostri, per quanto possibile, i mali della Chiesa. La cupidigia, infatti, ha fatto la sua irruzione nella Chiesa come un fulmine che si abbatte dall’alto: entrando attraverso il tetto, non ha spaventato nessuno poiché, mentre la casa paterna brucia, noi dormiamo un sonno inerte e profondo. Che cosa non ha divorato, infatti, questo fuoco? Quali immagini che si trovano nella Chiesa non ha distrutto? La Chiesa, infatti, non è altro che la casa costruita per le anime nostre. Essa, d’altronde, non è tutta di pari dignità: delle pietre che la compongono, infatti, alcune sono splendide e lucide, altre più deteriori, ma a loro volta assai più pregiate di altre ancora. Molte di queste, poi, sono costituite addirittura dall’oro che è posto ad ornamento del tetto; altre hanno la funzione di decorare le pareti come gli affreschi delle case; molte, infine, assolvono il compito delle colonne. Infatti, gli uomini sono soliti chiamare «colonne» gli elementi che non soltanto con la loro potenza, ma anche con la bellezza producono un ricco ornamento con i loro capitelli dorati. Si può altresì vedere una folla che si estende lungamente e occupa un notevole spazio: questa moltitudine, infatti, tiene il posto delle pietre che costituiscono le mura dell’edificio.

È ormai tempo di giungere a un’immagine ancora più splendida. Questa Chiesa non è costituita da pietre qualsiasi, bensì d’oro e d’argento e di pietre preziose e dappertutto c’è oro a profusione. Ma che dolore, ahimè! La tirannia della vanagloria ha bruciato tutte queste cose, divorando tutto con la sua fiamma, senza che nessuno sia riuscito a domarla; e noi restiamo qui a contemplare l’incendio, ancora incapaci di rimediare al danno. Infatti, se anche per breve tempo lo estinguessimo, dopo due o tre giorni, dalla cenere si riaccenderebbe la scintilla e distruggerebbe nuovamente anche ciò che prima ha risparmiato. Accade anche qui come negli incendi. Il motivo di tutto ciò risiede nel fatto che hanno ceduto i sostegni delle colonne stesse della Chiesa, che reggevano il tetto, giungendo a circondare di fuoco tutto l’edificio che prima tenevano insieme. Per questo l’incendio si è facilmente trasmesso anche a tutte le altre pareti. Negli edifici, infatti, una volta infiammato il legno, il fuoco attacca con maggiore facilità le pietre; e quando poi la fiamma abbia attaccato le colonne e le abbia gettate a terra, allora non v’è neppure più bisogno del fuoco per compiere il resto. Quando, infatti, cedono gli elementi principali che sostengono e puntellano, tutti gli altri tengono dietro con la massima facilità. Così è avvenuto adesso nella Chiesa: il fuoco divora tutte le cose. Cerchiamo onori dagli uomini e siamo accesi dal desiderio della gloria...

Grande è stata la violenza di questo male: tutto è stato distrutto e annientato. Messo da parte Dio, siamo diventati servi della gloria umana; non possiamo più giudicare coloro che sottostanno a noi, dal momento che siamo noi stessi ad essere posseduti dalla medesima febbre: anche noi, dopo esser stati preposti da Dio a guarire gli altri, abbiamo bisogno della stessa medicina. Quale speranza di salvezza può mai persistere, dal momento che coloro stessi che hanno la funzione di medicare hanno bisogno dell’aiuto altrui? Non a sproposito ho detto tutto ciò, e non mi lamento senza motivo, ma affinché tutti assieme, con le mogli e i figli, cosparsoci il capo di cenere e rivestiti di sacco, ci applichiamo al digiuno, pregando Dio di aiutarci ad estinguere il male.

Abbiamo davvero bisogno dell’aiuto della sua mano grande e mirabile...

Facciamolo sia io che voi: distogliamoci dall’amore del denaro e della gloria, chiedendo a Dio di porgerci una mano e di raddrizzare le membra cadute. Non esitiamo a farlo: mentre prima, infatti, stavano per crollare pietre e legni ed erano i corpi a correre il pericolo di essere annientati, adesso invece nulla di tutto questo, ma sono piuttosto le anime ad esser trascinate verso la geenna del fuoco. Preghiamo dunque Dio, a lui confessiamo i delitti commessi.

 

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