È posta
all’incrocio di due tra le più celebrate vie dello shopping cittadino, via XX
Settembre e via Sant’Alessandro, eppure il più delle volte ci si passa davanti
e non lo si nota. Stiamo parlando della chiesa di San Leonardo, quasi
sicuramente la più vecchia della città bassa. Anticamente nella zona pare
sorgessero dei templi dedicati a Plutone e Bacco, e via Broseta era il luogo
dove si facevano sacrifici a Priapo e a molte altre divinità pagane. La
presenza di un edificio destinato al culto cristiano è datata prima dell’anno
Mille, segno dell’avvenuto superamento dei culti pagani: solo nel 1017 questo
venne però dedicato a San Leonardo, protettore dei carcerati. Come per molte
altre chiese dell’epoca, vi fu annesso un ospedale: la zona era però pressoché
disabitata. A metà del 1200 Borgo San Leonardo conobbe uno sviluppo, causato
dalla sua vicinanza ad importanti arterie stradali: la zona si popolò
notevolmente, assumendo però quell’aspetto di borgo a forte caratterizzazione
popolare che lo contraddistinguerà sempre.
Il Vescovo
Guala, nel 1171, affidò la gestione della chiesa e dell’annesso ospedale
all’ordine dei Crociferi (il loro stemma, tre croci, è ancora visibile in
qualche capitello del chiostro interno al complesso, oggi di proprietà del
Credito Bergamasco), con il compito di curare pellegrini, infermi (in
particolare i reduci delle crociate) e i bambini abbandonati. In quest’ultimo
servizio Bergamo si dimostrò all’avanguardia, preceduta, solo da Milano:
embrione di una spiccata tendenza all’impiego sociale. Nel 1495 il vescovo
Giovanni Barozzi decretò l’unione di tutti i piccoli ospedali esistenti in
città, ben dodici, in un’unica
struttura: nacque l’ospedale grande di San Marco (sull’area dell’attuale piazza
della Libertà). Conseguentemente cessò anche la funzione dell’ospedale annesso
alla chiesa di San Leonardo. I Crociferi continuarono comunque ad occuparsi di
San Leonardo fino al 1656, anno della soppressione dell’ordine da parte di Papa
Alessandro VII: la chiesa divenne rifugio per diversi esponenti di famiglie
guelfe e ghibelline, durante la diatribe che colpirono anche Bergamo, e al suo
interno avvennero anche fatti sanguinosi, come l’uccisione del Priore e di
altri frati. E non poteva mancare nemmeno il miracolo (e non sarà l’unico),
avente come protagonista, manco a dirlo, un’immagine della Vergine: il fatto
avvenne nel 1613, allorquando, da sotto la calce che imbiancava i muri della
chiesa, (era difatti d’uso coprire le pareti di calce dopo ogni pestilenza per
scongiurare il rischio di epidemie e disinfettare gli ambienti) apparve
d’improvviso un’immagine da molti anni celata. Le autorità ecclesiastiche, per
evitare di dare corso a situazioni di fanatismo e di esaltazione religiosa,
decisero di coprirla con una mano di calce. Fu tutto inutile, i fedeli la
riportarono nuovamente alla luce: il vescovo la occultò allora con tavole di
legno, ma non poté evitare che attorno all’immagine si sviluppasse una forma di
devozione popolare. L’epilogo della storia è datato 1618, quando la Sacra
Congregazione Romana (alla quale nel frattempo era stato sottoposto il caso)
decidette di far scoprire l’immagine e consentirne la devozione dei fedeli.
Passando per un attimo all’aspetto artistico, è interessante rilevare che gli
affreschi visibili oggi nella chiesa (in fondo e nel campanile) e nel corridoio
della sacrestia risalgono all’epoca dei Crociferi, così come il bel chiostro
interno. Nel 1682 la Congregazione dei Somaschi acquistò chiesa e annesso
convento per 6000 ducati: quest’ordine, fondato da San Gerolamo Miani, aveva
fatto il suo ingresso in città cinquant’anni prima, con il compito di curare
scuole pubbliche, ma con il preciso vincolo di non fabbricare nuove chiese. Fu
così che i Somaschi rilevarono i beni del soppresso ordine dei Crociferi: la
chiesa e il convento vennero rinnovati, assumendo l’aspetto attuale. Il loro
stemma (Cristo che porta la croce) è posto sopra l’ingresso del chiostro, a
destra della facciata della chiesa. L’ordine si dedicò quindi ai suoi compiti
didattici, tenendo lezioni di scuola elementare gratuita peri bambini del
borgo: ma i rapporti con gli abitanti, e in particolare con la Vicinia, non
furono sempre del tutto pacifici. Il casus belli fu la presenza del portico
davanti alla struttura (venne demolito nel 1911) di proprietà della Vicinia che
era solita affittarlo anche ai mercanti per la vendita delle derrate: i motivi
di contrasto con i Somaschi sono facilmente intuibili. Tra 1’altro le adunanze
della Vicinia si tenevano nei locali del convento e per radunare i partecipanti
si utilizzavano normalmente le campane della chiesa. Questo finché i Somaschi
non si ribellarono e portarono la questione dinanzi al governo veneto (una
sorta di lite condominiale modello Forum) che optò a loro favore. Gli
avvenimenti della rivoluzione francese travolsero anche la congregazione e qui
avvenne un fatto singolare: un chierico dell’ordine si distinse per il suo
fervente appoggio ai moti rivoluzionari e all’avanzata francese, sostenendo che
erano addirittura previsti da San Matteo in persona. I veneziani (ancora per
poco signori della città) lo tradussero a Venezia e lo condannarono come
disfattista nonostante il tentativo dei confratelli di San Leonardo di farlo
passare come interdetto. I francesi arrivarono in città e gli esiti per gli
ordini religiosi non furono certamente dei migliori: venne infatti decisa la
loro soppressione e la confisca dei beni. I Somaschi non fecero eccezione e il
complesso di San Leonardo venne venduto nel 1802 ad un tal Magni che pensò si
demolirlo e di ricavarne delle botteghe. E qui ecco il miracolo (e due!): al
momento di demolire l’altare di San Gerolamo Miani, una forte scossa di
terremoto colpì la città. Gli abitanti del Borgo inferociti, incolparono il
Magni e misero in fuga gli operai: dovettero intervenire i francesi per
riportare la calma e difendere il Magni che nel frattempo decise, causa forza
maggiore, di rinunciare al progetto. La chiesa venne riacquistata da alcuni
facoltosi abitanti e donata alla parrocchia di Sant’Alessandro come
sussidiaria, suo attuale destino. Ma non finisce qui, nel 1803 vi fu la sua
riapertura solenne e nei festeggiamenti seguenti sparirono ben sette tele (tra
cui quelle del Talpino e del Ceresa) e nientemeno che una colonna ornata che
reggeva l’acquasantiera. E veniamo ai nostri giorni, dopo la demolizione del
portico nel 1911, vennero valorizzati l’antico portale, il bel rosone centrale
e le due finestre laterali. In un restauro del 1940 si scoprirono lungo il lato
di via XX Settembre le vecchie finestre esterne, ma il loro cattivo stato
convinse gli addetti a ricoprirle nuovamente con l’intonaco. Solo pochi anni fa
(1988-89) un accurato intervento ha permesso di riscoprire le varie fasi
dell’edificazione di San Leonardo: sempre lungo la via XX Settembre si possono
vedere oggi le vecchie finestre in arenaria altre ancora ad arco, murate ma ben
visibili, e infine la parte alta, quella più recente. I differenti momenti
della costruzione della chiesa appaiono ora evidenti: innanzitutto la parte in
arenaria che comprende il trecentesco portale e il quattrocentesco rosone.
Nell’ordine superiore le aggiunte settecentesche, assolutamente ben definite e
separabili dal restante, tra le quali spiccano le statue delle nicchie della
facciata, raffiguranti San Gerolamo Miani e San Leonardo. L’interno è parecchio
cupo, a causa di un’illuminazione talmente scarsa da risultare praticamente
inesistente: l’intervento e la cura dei sacerdoti in questi ultimi anni ha
comunque migliorato la situazione dell’edificio, che oggi appare almeno pulito
e ordinato, davvero trascurato in passato. Tra le opere presenti (o meglio,
sopravissute) segnaliamo tele del Cifrondi, dello Zugno e del Gaudenzi e la
nicchia con la statua della Vergine.¹
Tratto da: ¹ Dino Nikpalj, “San Leonardo”, Qui Bergamo:
mensile della città, Anno 5°, n. 41, Edita Consult, Bagnatica (Bg), Settembre
1996, pagg. da 62 a 64.
Dal sito: http://territorio.comune.bergamo.it
Per approfondire consigliamo la lettura di:
San Leonardo: un santo, una chiesa, una comunità, un borgo
Libro che ripercorre la storia della chiesa di S. Leonardo. Gli
autori dei testi sono Gianni Barachetti, Silvio Maffioletti e Gino Viviani,
Riccardo Buono ha curato la fotografia e Davide Tontini la
ricerca storiografica, tutto con la coordinazione di Giacomo Rota.
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