La tristezza
del beato starec Nil Sorskij
Non
è ascesi da poco la lotta contro lo spirito di tristezza; esso infatti getta
l’anima nella rovina e nella disperazione. Se l’afflizione viene dagli uomini,
bisogna sopportarla di buon animo e pregare per chi ce la infligge, come si è
detto, nella certezza che tutto quello che ci accade non avviene senza un
disegno di Dio e che, in generale, tutto quello che Dio ci manda è per il bene
e la salvezza della nostra anima. Se ciò che Dio ci manda sul momento non sembra
giovarci, il seguito mostrerà chiaramente che quel che veramente ci giova non è
ciò che noi stessi desideriamo, ma quello che Dio opera. Non dobbiamo dunque
lasciarci sedurre da considerazioni umane, ma credere con fede grande che
l’occhio del Signore vede tutto e che nulla può capitarci senza la sua volontà.
Egli ci manda delle tentazioni a motivo della sua bontà, perché, dopo averle
sopportate, riceviamo da lui la corona; per questo nelle tentazioni dobbiamo
rendere grazie per ogni cosa a Dio, a lui nostro Benefattore e Salvatore. “Le
labbra sempre riconoscenti, dice sant’Isacco, ricevono la benedizione di Dio e
la grazia entra nel cuore che rende grazie” (Logos 73). Bisogna guardarsi dalla
mormorazione nei confronti di chi ci ha fatto soffrire; lo stesso padre dice
infatti che Dio sopporta tutte le
debolezze dell’uomo, ma non lascia senza castigo chi mormora sempre.
Dobbiamo
invece affliggerci di quella tristezza provocata dai nostri peccati, afflizione
utile per condurci alla penitenza, unita però alla ferma speranza in Dio, nel
profondo convincimento che non esistono peccati che possono prevalere sulla
misericordia di Dio che tutto perdona a chi si pente e prega. Questo dolore è
unito alla gioia, rende l’uomo pronto ad ogni opera buona e paziente in ogni
sofferenza. La tristezza secondo Dio,
ha detto l’Apostolo, produce un
pentimento irrevocabile, imperioso, che
porta alla salvezza (II Cor 7, 10). Il dolore opposto a questa tristezza è
inviato dai demoni; bisogna assolutamente sradicarlo dal cuore, come le altre
passioni cattive, respingerlo con la preghiera e la lettura, sopprimerlo con
l’apertura del cuore e le conversazioni con uomini spirituali. La tristezza che
non è secondo Dio (cfr. II Cor 7, 10), infatti, è radice di ogni male. Se
rimane a lungo in noi, ben presto, dopo aver assunto la forma di mancanza di
speranza, si trasforma in disperazione vera e propria e rende l’anima vuota e
triste, priva di forza, impaziente, pigra nella preghiera e nella lettura.
Da: Nil Sorskij. La vita e gli scritti,
Torino, 1988, 80-81.
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