giovedì 25 ottobre 2012

Un solo spirito con il Signore - Omelia 46 di san Macario

 

 

Un solo spirito con il Signore

 

Omelia 46 di san Macario

 

 

            1. La parola di Dio è Dio e la parola del mondo è mondo. Vi è grande differenza e distanza tra la parola di Dio e la parola del mondo, tra i figli di Dio e i figli del mondo, e ogni figlio assomiglia ai propri genitori. Se dunque ciò che è generato dallo Spirito desidera consegnare se stesso alla parola del mondo, alle cose della terra, alla gloria del secolo presente, muore e si perde poiché non è in grado di trovare il vero riposo della vita. Il suo riposo si trova là dove è stato generato. Soffoca infatti, come dice il Signore, e diventa sterile (Mc 4, 19) riguardo alla parola di Dio chi è sopraffatto dagli affanni di questa vita e incatenato da vincoli terreni. Ugualmente chi è dominato da una volontà carnale, cioè l’uomo che appartiene al mondo, se vuole ascoltare la parola di Dio, soffoca e diventa come privo di ragione. Abituati agli inganni della malizia, quando sentono parlare di Dio, ne provano vivo disgusto come infastiditi nel loro cuore da un discorso tedioso.

            2. Ma anche Paolo afferma: L’uomo psichico non comprende le cose dello Spirito; esse sono follia per lui (ICor 2, 14), e il profeta dice: La parola di Dio divenne per loro come vomito. Vedi non è possibile vivere altrove, se non presso quella parola dalla quale ciascuno è stato generato (cf. IPt 1, 23). Si può parlare di quest’argomento anche in altro modo. Se l’uomo carnale si decide a un mutamento, dapprima muore e diventa sterile rispetto alla precedente vita trascorsa nel male. Come uno che è colpito dalla malattia o dalla febbre e che, sfinito, giace a letto, pur non potendo compiere alcun lavoro di questa terra tuttavia in cuor suo non è in pace ma è distratto e preoccupato per il suo lavoro, e cerca un medico e gli manda i suoi amici, allo stesso modo anche l’anima, dopo la trasgressione del comandamento, è preda della malattia delle passioni e si ritrova priva di vigore, ma come si avvicina al Signore e crede in lui, ottiene la sua protezione e, quando rinuncia alla precedente vita di perversione, anche se ancora soffre dell’antica debolezza e non può compiere in verità le opere della vita, tuttavia ha la facoltà e la possibilità di preoccuparsi instancabilmente della vita, di supplicare il Signore, di cercare il vero medico.

            3. E non è vero, come dicono alcuni, trascinati da dottrine perverse, che l’uomo è morto una volta per sempre e che non può assolutamente compiere qualcosa di buono. Anche il bambino, se pure non può far nulla ed è incapace di raggiungere sua madre reggendosi sulle proprie gambe, tuttavia si rigira, grida e piange cercando sua madre ed essa si lascia commuovere e gioisce al vedere che il bambino la cerca con pena e grida; e se il bambino non è in grado di raggiungerla, è la madre stessa che a motivo del grande desiderio del bambino va da lui, prigioniera del suo amore per lui, e lo prende tra le braccia, lo consola, lo nutre con immensa tenerezza. Così si comporta il Dio amico degli uomini con l’anima che viene a lui e lo desidera con brama ardente. Anzi, spinto da un ben più profondo amore e dalla sua dolce bontà si unisce ai suoi pensieri e divine un solo spirito con essi, secondo la parola dell’Apostolo (cf. ICor 6, 17). L’anima aderisce al Signore e il Signore ha misericordia, l’ama, viene a lei e si unisce a lei, e i pensieri dell’anima rimangono incessantemente nella grazia del Signore; allora l’anima e il Signore diventano un solo spirito, una cosa sola, un solo pensiero. E se il corpo giace a terra, l’anima con i suoi pensieri vive tutta nella Gerusalemme celeste, sale fino al terzo cielo (IICor 12, 2) profondamente unita al Signore e lì lo serve.

            4. E il Signore, assiso sul trono della maestà nelle altezze (Eb 1, 3), nella città celeste, viene con tutto se stesso a lei, nel suo corpo. Egli ha posto l’immagine dell’anima in alto, nella città dei santi, nella Gerusalemme celeste (cf. Eb 12 22), e la propria immagine, quella dell’ineffabile luce della divinità, dentro al corpo dell’anima. Egli stesso serve l’anima nella città del corpo ed essa lo serve nella città celeste. Egli è sua eredità nei cieli, essa è sua eredità sulla terra. Il Signore diventa eredità dell’anima e l’anima diventa eredità del Signore. Se infatti i pensieri e il cuore dei peccatori che dimorano nelle tenebre possono essere tanto distanti dal corpo e peregrinare lontano e in un istante possono recarsi in regioni remote e sovente, mentre il corpo resta a terra, i pensieri si trovano in un altro paese presso l’amato o l’amata, e chi ha tali pensieri si vede come vivere là; se dunque l’anima del peccatore è così leggera e alata che il suo cuore non è trattenuto dalla lontananza dei luoghi, quanto più quell’anima il cui velo di tenebra è stato tolto dalla potenza dello Spirito santo e i cui occhi spirituali sono stati illuminati dalla luce celeste e che è completamente liberata dalle passioni disonorevoli e divenuta pura per opera della grazia, può con tutta se stessa servire il Signore in spirito nei cieli e con tutta se stessa servirlo nel corpo. E tanto si dilatano i suoi pensieri che essa è ovunque e può servire Cristo dove e quando vuole.

            5. Questo dice l’Apostolo: affinché siate in grado di comprendere con tutti i santi qual è la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conosciate l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio (cf. Rm 1, 9). Contempla gli ineffabili misteri dell’anima, dalla quale il Signore rimuove la tenebra che la ricopre, cui toglie il velo e si rivela. Come dilata e dispiega i pensieri del suo cuore aprendoli alla larghezza, alla lunghezza, alla profondità, all’altezza di tutta la creazione visibile ed invisibile! Davvero l’anima è un’opera grande, divina, meravigliosa! E quando Dio l’ha creata l’ha fatta così: non ha immesso nella sua natura alcuna malizia, ma l’ha creata a immagine delle virtù dello Spirito; ha deposto in essa le leggi della virtù: discernimento, scienza, saggezza, fede, carità e le altre virtù, a immagine (cf. Gen 1, 26-27) dello Spirito.

            6. E ancora adesso l’anima possiede scienza, saggezza, carità, fede, e il Signore le si rivela. Ha deposto in essa un’intelligenza, dei pensieri, la volontà, le profondità del cuore che guidano l’anima; l’ha dotata ancora di grande sottigliezza, l’ha fatta agile, alata, infaticabile, le ha dato la facoltà di andare e venire in un istante, di servirlo con i suoi pensieri, dove lo Spirito vuole. In una parola, così l’ha creata perché possa divenire sua sposa, congiungersi e unirsi a lui, e diventare un solo spirito con lui, come sta scritto: Chi aderisce al Signore forma con lui un solo spirito (ICor 6, 17).

            A lui sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

 

Da: PSEUDO-MACARIO, Spirito e fuoco. Omelie spirituali (collezione II), Magnano (VC), 1995, 391-394.

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