XXX lettera di san Teofane il recluso
[Studio
della condizione interiore dell’uomo, illuminato dalla grazia, attraverso le
parole di Macario il Grande. I metodi per suscitare e rafforzare la decisione
di una vita buona.]
Sono
impaziente. Prendo la penna e comincio di nuovo a conversare con voi
dell’attraente condizione di chi è toccato dalla grazia, per avviarvi sul
cammino per raggiungerla, appropriarsene e radicarsi in essa. Solo che, questa
volta, non vi proporrò del mio, ma vi riporterò le parole del saggio Macario il
Grande e precisamente quelle della sua diciottesima conversazione.
“Chi
è ricco nel mondo e possiede un tesoro nascosto, con questo tesoro o ricchezza
può comprare ciò che vuole. Così quelli che hanno guadagnato e posseggono già
il tesoro celeste, la grazia, con questo tesoro acquisiscono ogni virtù e con
lo stesso tesoro accumulano ancora più ricchezza celeste. L’Apostolo dice:
‘Abbiamo questo tesoro in vasi di creta’ (2 Cor 4, 7), cioè nella carne, siamo
resi degni di acquisire tale tesoro, la forza santificante dello Spirito”.
“Chi
si è procurato e possiede in sé il tesoro celeste dello Spirito, compie con
purezza e irreprensibilmente, grazie ad esso, ogni giustizia secondo i
comandamenti e ogni opera virtuosa senza costrizioni e difficoltà. Preghiamo
Dio, cerchiamo e imploriamo che ci venga fatto il dono del suo Spirito, in tal
modo potremo seguire irreprensibilmente e con purezza tutti i suoi comandamenti
e compiere ogni sorta di giustizia con purezza e perfezione”.
“Bisogna
costringersi a chiedere al Signore che ci renda degni di procurarci il tesoro
celeste dello Spirito e accoglierlo e giungere alla condizione di compiere
senza fatica e facilmente – con purezza e semplicità – tutti i comandamenti del
Signore, che prima non potevamo adempiere, pur mettendocela tutta. Possiamo
procurarci questo tesoro grazie ad una ricerca assidua, grazie alla fede e alla
pazienza nel faticare in questa ricerca. Bisogna chiedere a Dio, con fede e col
cuore reso infermo dal peccato, che ci doni di ottenere la sua ricchezza nei
nostri cuori, nella forza e nell’efficacia dello Spirito”.
San
Macario descrive così ciò che accade in coloro in cui la grazia divina inizia a
manifestare sensibilmente la sua opera:
“Talvolta
essi sono contenti come se fossero alla mensa del re, e si rallegrano con gioia
e contentezza indicibili. Altre volte ancora, sono come una sposa che trova una
pace divina in compagnia del suo sposo. Altre volte, come angeli immateriali
che si trovano ancora nel corpo, sperimentano in sé una straordinaria
leggerezza ed elevazione. In altre occasioni sono come ebbri di una bevanda,
rallegrati e rasserenati dallo Spirito nell’ebbrezza dei sacramenti spirituali
divini in altri ancora lo Spirito accende in loro un tale amore che, se fosse possibile,
farebbero posto nel loro cuore ad ogni uomo, senza distinguere il cattivo dal
buono. Altre volte, nell’unità dello Spirito, si abbassano a tal punto di
fronte ad ogni uomo che si considerano gli ultimi e i più piccoli di tutti.
Altre ancora la loro anima si immerge in una profondissima quiete, nel silenzio
e nella pace; oppure sono resi sapienti dalla grazia nel comprendere qualcosa
e, in una saggezza indicibile, nella visione di quanto è impossibile esprimere
a parole. Altre volte, infine, l’uomo diventa un uomo comune”.
Che
condizione desiderabile! Ma ecco ancora un piccolo saggio sulla condizione
interiore dell’uomo illuminato dalla grazia.
“Quando
l’anima ascende alla perfezione dello Spirito, si purifica completamente da
tutte le passioni e, in una comunione inenarrabile con esso, giunge all’unione
e ad amalgamarsi con lo Spirito consolatore e, in questa condizione, si rende
degna di diventare spirito. Allora essa diventa tutta luce, tutta occhio, tutta
gioia, tutta quiete, tutta amore, tutta misericordia, tutta grazia e bontà”.
Ecco
come ottennero e si sforzarono di raggiungere questa condizione i santi asceti!
Sarete d’accordo sul fatto che c’era e c’è “qualcosa”, un motivo per cui
faticare. Ed è aperto l’ingresso. Non si tratta di un giardino riservato.
Questi beni sono promessi a tutti e la caparra, data per acquistarli, è la
grazia dello Spirito Santo nel battesimo e nella cresima. A noi tocca soltanto
frugarci dentro e trovare questo tesoro. Esso è nel nostro giardino, basta
prendere la vanga e iniziare a scavare. Fin dai primi colpi di vanga si
comincerà a sentire il tintinnio dell’argento e dell’oro. Basterà darci
un’occhiata per vedere tutto il tesoro. Allora la gioia non avrà misura.
Orsù!
Perché, ora, la nostra situazione non progredisce?! Nella scorsa lettera vi ho
indicato la strada che porta alla decisione, ma non ho ricordato a seguito di
quali rappresentazioni particolari nasca questa decisione e giunga
all’intensità finale. Vi indicherò in breve, ora, questo problema così essenziale.
Il
fascino dell’oggetto stimola l’energia, ma questo problema si può rinviare.
Quando, dunque, in questa condizione vi è chiara consapevolezza, da una parte
di un’estrema necessità e inevitabilità, dall’altra dei mezzi a portata di mano,
allora la decisione si realizza sicuramente. Eccovene un esempio. Un uomo pigro
siede in una stanza e non si riuscirà a farlo uscire, ma basterà lasciare che
veda che è scoppiato un incendio e acquisterà agilità. Salterà fuori di lì.
Bisognerà fare proprio la stessa cosa con se stessi, se ci si trova
nell’indecisione: bisogna sentire l’incombere di una sventura, cioè convincersi
che o si farà così, o si perirà per sempre. Quando ci si immaginerà soltanto
tutto questo nella coscienza, allora sorgerà con tutta la sua forza la nostra
energia morale, che ci spingerà impetuosamente all’azione. Come fare questo in
rapporto all’oggetto di cui stiamo parlando? Sforzatevi voi stessa di
arrivarci. Da parte mia vi ricorderò che presto, magari domani, morirò e dopo
la morte cosa sarà? Ricordate ciò che è accaduto al servo malvagio:
“Prendetegli la mina, il dono della grazia, e gettatelo nelle tenebre
esterne!”. Oppure ciò che accadde alle vergini stolte: la porta si chiuderà e
si sentirà: “Non so chi tu sia!”. L’una o l’altra cosa ci accadrà alla fine, se
non ravviveremo in noi stessi la grazia e non ne saremo illuminati. Ponetevi in
questo atteggiamento con più consapevolezza. Non penso che la vostra
indecisione, se esiste, si opporrà. Questa idea è molto efficace! Un saggio
dell’antichità ha detto a questo proposito: “Ricordati della tua fine e non
cadrai mai nel peccato” (Sapienza di Sirac 7, 36). Sforzatevi di farvene
un’idea sempre più chiara e, una volta che ne sarete consapevole, non
indebolite né ottenebrate questa coscienza. Come sussidio prendete il libretto,
“Sorgi, tu che dormi”; vi è già stato dato, leggetelo.
Il
secondo momento è il concorso dei mezzi: quando ci si sente in estrema
necessità, esso ci dà il coraggio di sfuggire alla sventura spingendoci
all’azione. Quando manca questo, la consapevolezza di trovarsi in una necessità
inevitabile ed estrema si trasforma in disperazione. Nell’esempio sopra citato,
se non vi fosse una porta libera o una finestra aperta, a colui che è
imprigionato nel fuoco rimarrebbe soltanto di strapparsi i capelli. Così nel
nostro caso, trovandoci in una condizione di estrema necessità (senza la grazia
si resta privati del regno dei cieli), non avendo mezzi sotto mano, consapevoli
di questa condizione, non ci rimarrebbe altro che cadere nella disperazione.
Ringraziando il Signore, però, è già pronto per noi tutto ciò che è necessario
per sfuggire all’inevitabile sventura nell’aldilà; tutto è pronto e lo abbiamo
sotto mano, anzi è dentro noi stessi. Non resta che iniziare ad agire e
operare. È possibile che, di fronte a tutto ciò, noi indugiamo ancora e
rimandiamo di giorno in giorno?
A
vostro riguardo aggiungo che non vi toccherà fare niente di particolare. Vivete
in quello spirito in cui siete stata educata e conservate i buoni costumi che
vedete nella vostra famiglia e nei parenti. Vi parlo solo perché scegliate di
tutto cuore proprio questo genere di vita e decidiate liberamente di vivere
così fino alla fine. La vita che avete condotto fino ad ora è come se non fosse
vostra. Così vi hanno indirizzato. Questo è un beneficio, ma ben fragile, se
voi non sceglierete liberamente proprio questa vita e non la porrete come legge
improrogabile per voi stessa. Se non lo farete ora, il cattivo spirito della
vita mondana vi sedurrà, oppure non sarete né l’uno né l’altro, come vi ho già
ricordato.
Riflettete
su tutto questo, per l’amor di Dio, e affrettatevi a fare le vostre scelte. Vi
benedica il Signore!
Da TEOFANE IL RECLUSO, La vita
spirituale. Lettere, Roma, 1996, 107-111.
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