Dalla Spiegazione del Simbolo di Origene
27. Poi il
Simbolo continua: Il terzo giorno è
risorto. La gloria della resurrezione ha dissolto in Cristo tutto ciò che
appariva debole e fragile. Se poco fa non ti sembrava possibile che l’immortale
venisse a morte, osserva ora come non possa essere mortale colui che, vinta la
morte, è detto essere risorto. E comprendi in questo la bontà del creatore,
perché egli avendo pietà di te è disceso fin là dove tu eri stato precipitato a
causa del peccato. Né accuserai d’impotenza Dio creatore di tutte le cose, sì
da credere che la sua creatura a causa della caduta sia stata imprigionata là
dove egli non poteva arrivare per liberarla. Parliamo di livelli inferiori e
superiori in relazione a noi, che chiusi in una ben delimitata forma corporea,
siamo ristretti entro i limiti della norma che ci è stata assegnata. Ma per
Dio, ch’è dovunque e non manca da nessuna parte, che cosa è inferiore e che
cosa superiore? E tuttavia nell’incarnazione si realizza anche questa
delimitazione.
È risorta la
carne che era stata deposta nel sepolcro, perché si adempisse ciò ch’era stato
predetto dal profeta: “Non permetterai
che il tuo santo provi la corruzione” (Sal 15, 10). Perciò torna vincitore
dai morti, traendo con sé le spoglie dell’inferno: infatti ha condotto fuori
coloro ch’erano trattenuti dalla morte, come egli stesso aveva predetto con
queste parole: “Quando sarò innalzato,
trarrò tutto a me” (Gv 12, 32). E di ciò è testimone anche l’Evangelo, là
dove dice: “Si aprirono i sepolcri, e
molti corpi di santi che vi riposavano risorsero e apparvero a molti, ed
entrarono nella città santa” (Mt 27, 52-53): per certo entrarono in quella
città santa della quale l’apostolo dice: “Ma
la Gerusalemme di lassù è libera, essa ch’è la madre di tutti noi” (Gal 4,
26). Come dice in altro passo anche agli Ebrei: “Era giusto che colui, per il quale e dal quale sono state create tutte
le cose, volendo condurre alla gloria molti figli, elevasse a perfezione, per
mezzo dei patimenti, l’autore della loro salvezza” (Eb 2, 10). Perciò
(Cristo) ha collocato nel più alto dei cieli alla destra del trono di Dio la
carne elevata a perfezione dai patimenti, per mezzo della quale con la potenza
della resurrezione aveva riparato il peccato del primo creato; sì che anche
l’apostolo dice: “Insieme con lui ci ha
resuscitato e insieme ci ha fatto sedere nei cieli” (Ef 2, 6). Infatti egli
era il vasaio che, come c’insegna il profeta Geremia, “il vaso che gli era sfuggito di mano e si era rotto, di nuovo lo tirò
su con le sue mani e lo plasmò di nuovo, come volle” (Ger 18, 4). Così il
corpo, che aveva assunto mortale e corruttibile, innalzato dalla pietra del
sepolcro e fatto immortale e incorruttibile, egli ha voluto collocare non già
in terra ma in cielo e alla destra del Padre. Di questi misteri sono piene le
Scritture del Vecchio Testamento: non ne ha taciuto nessun profeta, nessuno
scrittore di leggi, nessuno scrittore di salmi; ma ne parla quasi ogni pagina
sacra. Mi sembra perciò superfluo indugiare a radunare testimonianze. Addurremo
tuttavia pochi passi, proprio pochi, rinviando alle stesse fonti dei libri
divini quanti vogliono abbeverarsi più copiosamente.
28. È detto
subito nei Salmi: “Mi ero assopito e
immerso nel sonno, e mi svegliai perché il Signore mi difenderà” (Sal 3,
6); e in un altro passo: “Per lo strazio
dei miseri e il gemito dei poveri subito mi leverò, dice il Signore” (Sal
11, 6); e in un altro passo, come sopra abbiamo detto: “Signore, hai condotto fuori dell’inferno la mia anima, mi hai salvato
da quelli che discendevano nella fossa” (Sal 29, 4); e ancora: “Perché rivolto a me mi hai ridato la vita e
mi hai tratto fuori di nuovo dalla profondità della terra” (Sal 70, 20). E
nel modo più chiaro nel Salmo 87 è detto di lui: “E diventò come un uomo senza aiuto, libero fra i morti” (Sal 87,
5-6). Il salmista non ha detto “uomo”, ma “come un uomo”. Infatti era come un
uomo, perché era disceso nell’inferno; ma era libero tra i morti, perché la
morte non lo poteva trattenere: perciò una parola presenta la natura dell’umana
fragilità, e l’altra la natura della maestà divina. Il profeta Osea ha predetto
con evidenza anche il terzo giorno in questo modo: “Ci risanerà dopo due giorni; e il terzo giorno risorgeremo e vivremo
al suo cospetto” (Os 6, 3). Osea qui parla nella persona di quelli che,
risorgendo con lui il terzo giorno, sono richiamati dalla morte alla vita; e
son questi che dicono: “Il terzo giorno
risorgeremo e vivremo al suo cospetto”. Invece Isaia dice apertamente: “Colui che trasse fuori dalla terra il
grande pastore delle pecore” (Is 63, 11).
Quanto poi al
fatto che le donne avrebbero visto la sua resurrezione, mentre gli scribi, i
farisei e il popolo non avrebbero creduto, anche questo Isaia predice con tali
parole: “Donne, che venite dallo spettacolo,
accorrete: infatti non è un popolo che abbia raziocinio” (Is 27, 11).
Quanto poi a quelle donne di cui si dice che vennero al sepolcro, lo cercarono
e non lo trovarono, come di Maria si dice che venne prima dell’alba e, non
avendolo trovato, disse piangendo all’angelo che stava là: “Hanno portato via il Signore e non so dove l’hanno messo” (Lc 24,
1-3; Gv 20, 1. 13), anche tutto ciò è predetto nel Cantico dei cantici così: “Nel mio letto ho cercato quello che la mia
anima ha amato; di notte l’ho cercato e non l’ho trovato” (Ct 3, 1. 2).
Anche riguardo alle donne che lo trovarono e abbracciarono i suoi piedi, ecco
la predizione nel Cantico dei cantici: “Lo abbraccerò e non lo lascerò andar via,
lui che l’anima mia ha amato” (Ct 3, 4). Ecco per ora poche testimonianze fra
le tante: infatti cerchiamo di essere brevi e perciò non ne possiamo mettere
insieme di più.
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