lunedì 20 maggio 2013

Dalla Spiegazione del Simbolo di Origene

 

Dalla Spiegazione del Simbolo di Origene

 

27. Poi il Simbolo continua: Il terzo giorno è risorto. La gloria della resurrezione ha dissolto in Cristo tutto ciò che appariva debole e fragile. Se poco fa non ti sembrava possibile che l’immortale venisse a morte, osserva ora come non possa essere mortale colui che, vinta la morte, è detto essere risorto. E comprendi in questo la bontà del creatore, perché egli avendo pietà di te è disceso fin là dove tu eri stato precipitato a causa del peccato. Né accuserai d’impotenza Dio creatore di tutte le cose, sì da credere che la sua creatura a causa della caduta sia stata imprigionata là dove egli non poteva arrivare per liberarla. Parliamo di livelli inferiori e superiori in relazione a noi, che chiusi in una ben delimitata forma corporea, siamo ristretti entro i limiti della norma che ci è stata assegnata. Ma per Dio, ch’è dovunque e non manca da nessuna parte, che cosa è inferiore e che cosa superiore? E tuttavia nell’incarnazione si realizza anche questa delimitazione.

È risorta la carne che era stata deposta nel sepolcro, perché si adempisse ciò ch’era stato predetto dal profeta: “Non permetterai che il tuo santo provi la corruzione” (Sal 15, 10). Perciò torna vincitore dai morti, traendo con sé le spoglie dell’inferno: infatti ha condotto fuori coloro ch’erano trattenuti dalla morte, come egli stesso aveva predetto con queste parole: “Quando sarò innalzato, trarrò tutto a me” (Gv 12, 32). E di ciò è testimone anche l’Evangelo, là dove dice: “Si aprirono i sepolcri, e molti corpi di santi che vi riposavano risorsero e apparvero a molti, ed entrarono nella città santa” (Mt 27, 52-53): per certo entrarono in quella città santa della quale l’apostolo dice: “Ma la Gerusalemme di lassù è libera, essa ch’è la madre di tutti noi” (Gal 4, 26). Come dice in altro passo anche agli Ebrei: “Era giusto che colui, per il quale e dal quale sono state create tutte le cose, volendo condurre alla gloria molti figli, elevasse a perfezione, per mezzo dei patimenti, l’autore della loro salvezza” (Eb 2, 10). Perciò (Cristo) ha collocato nel più alto dei cieli alla destra del trono di Dio la carne elevata a perfezione dai patimenti, per mezzo della quale con la potenza della resurrezione aveva riparato il peccato del primo creato; sì che anche l’apostolo dice: “Insieme con lui ci ha resuscitato e insieme ci ha fatto sedere nei cieli” (Ef 2, 6). Infatti egli era il vasaio che, come c’insegna il profeta Geremia, “il vaso che gli era sfuggito di mano e si era rotto, di nuovo lo tirò su con le sue mani e lo plasmò di nuovo, come volle” (Ger 18, 4). Così il corpo, che aveva assunto mortale e corruttibile, innalzato dalla pietra del sepolcro e fatto immortale e incorruttibile, egli ha voluto collocare non già in terra ma in cielo e alla destra del Padre. Di questi misteri sono piene le Scritture del Vecchio Testamento: non ne ha taciuto nessun profeta, nessuno scrittore di leggi, nessuno scrittore di salmi; ma ne parla quasi ogni pagina sacra. Mi sembra perciò superfluo indugiare a radunare testimonianze. Addurremo tuttavia pochi passi, proprio pochi, rinviando alle stesse fonti dei libri divini quanti vogliono abbeverarsi più copiosamente.

28. È detto subito nei Salmi: “Mi ero assopito e immerso nel sonno, e mi svegliai perché il Signore mi difenderà” (Sal 3, 6); e in un altro passo: “Per lo strazio dei miseri e il gemito dei poveri subito mi leverò, dice il Signore” (Sal 11, 6); e in un altro passo, come sopra abbiamo detto: “Signore, hai condotto fuori dell’inferno la mia anima, mi hai salvato da quelli che discendevano nella fossa” (Sal 29, 4); e ancora: “Perché rivolto a me mi hai ridato la vita e mi hai tratto fuori di nuovo dalla profondità della terra” (Sal 70, 20). E nel modo più chiaro nel Salmo 87 è detto di lui: “E diventò come un uomo senza aiuto, libero fra i morti” (Sal 87, 5-6). Il salmista non ha detto “uomo”, ma “come un uomo”. Infatti era come un uomo, perché era disceso nell’inferno; ma era libero tra i morti, perché la morte non lo poteva trattenere: perciò una parola presenta la natura dell’umana fragilità, e l’altra la natura della maestà divina. Il profeta Osea ha predetto con evidenza anche il terzo giorno in questo modo: “Ci risanerà dopo due giorni; e il terzo giorno risorgeremo e vivremo al suo cospetto” (Os 6, 3). Osea qui parla nella persona di quelli che, risorgendo con lui il terzo giorno, sono richiamati dalla morte alla vita; e son questi che dicono: “Il terzo giorno risorgeremo e vivremo al suo cospetto”. Invece Isaia dice apertamente: “Colui che trasse fuori dalla terra il grande pastore delle pecore” (Is 63, 11).


Quanto poi al fatto che le donne avrebbero visto la sua resurrezione, mentre gli scribi, i farisei e il popolo non avrebbero creduto, anche questo Isaia predice con tali parole: “Donne, che venite dallo spettacolo, accorrete: infatti non è un popolo che abbia raziocinio” (Is 27, 11). Quanto poi a quelle donne di cui si dice che vennero al sepolcro, lo cercarono e non lo trovarono, come di Maria si dice che venne prima dell’alba e, non avendolo trovato, disse piangendo all’angelo che stava là: “Hanno portato via il Signore e non so dove l’hanno messo” (Lc 24, 1-3; Gv 20, 1. 13), anche tutto ciò è predetto nel Cantico dei cantici così: “Nel mio letto ho cercato quello che la mia anima ha amato; di notte l’ho cercato e non l’ho trovato” (Ct 3, 1. 2). Anche riguardo alle donne che lo trovarono e abbracciarono i suoi piedi, ecco la predizione nel Cantico dei cantici: “Lo abbraccerò e non lo lascerò andar via, lui che l’anima mia ha amato” (Ct 3, 4). Ecco per ora poche testimonianze fra le tante: infatti cerchiamo di essere brevi e perciò non ne possiamo mettere insieme di più.

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