S. Grata, affresco del XIV-XV sec.,
Bergamo, monastero di s. Grata
Dormizione di santa Grata, primizia
delle vergini di Bergamo
1 (14) maggio
Tropario, tono 3
Gratuitamente hai ricevuto e
gratuitamente hai offerto la tua vita in castissima oblazione, primizia delle
vergini della città di Bergamo, Grata beata, portaci a Cristo Dio, Lui che
salva le nostre anime.
Kontakion, tono 3
Emula dell’Arimateo e novella
mirofora, un sepolcro hai scavato nella vergine roccia al martire di Cristo
Alessandro, o Grata vergine saggia, e il Corpo di Cristo hai adornato col miron
della carità, pregalo ché anche noi con te possiamo adorare la Sua Santa
Risurrezione.
Grata, nobile matrona, raccolse, secondo la
tradizione, il corpo del martire Alessandro e gli diede degna sepoltura. La sua
memoria, tra le prime tramandate a Bergamo, fu di esempio, lungo i secoli, a
quanti vollero dedicarsi al servizio dei poveri e degli ammalati e ad essa si
ispirò una lunga schiera di vergini. A ragione si afferma dunque che dal suo
gesto di carità sono nati dei gigli che hanno allietato con il loro profumo la
storia della nostra città.
La deposizione di Santa Grata ricorre il 1
maggio, giorno in cui la ricorda il Martirologio Romano; la traslazione ricorre
il 9 agosto. I romano-cattolici la ricordano il 12 maggio.
Santa Grata regge il capo di s. Alessandro, miniatura dall'Innario di s. Grata,
Bergamo, Museo Diocesano
Scheda agiografica a cura Pietro Bertocchi[1]
Secondo una
tradizione, collegata alla passio leggendaria del martire Alessandro, sarebbe
vissuta tra il IV e il VI sec.; un’altra tradizione invece afferma che ella
visse tra l’VIII e il IX sec. e sarebbe stata figlia di un certo Lupo, duca di
Bergamo, vinto e convertito alla fede cattolica da Carlo Magno. La prima Grata
avrebbe edificato tre chiese in onore di s. Alessandro (S. Alessandro in
Colonna, S. Alessandro della Croce e l’altra sul sepolcro del santo) la seconda
invece, con l’aiuto della sua potente famiglia e di altri nobili di Bergamo,
avrebbe edificato una chiesa su ognuno dei tre colli della città e cioè: S.
Eufemia, S. Giovanni e S. Stefano ossia del S. Salvatore (così dice una glossa
di un antico codice della Biblioteca civica di Bergamo che contiene il
Pergaminus di Mosè del Brolo). I Bollandisti del sec. XVIII accettarono la
distinzione delle due sante e pubblicarono per primi (Anversa 1748) la Vita Sanctae Gratae, composta tra il
1230 e il 1240 dal b. Pinamonte Pellegrino da Brembate, domenicano, su invito
di Grazia d’Azargo badessa del monastero di S. Grata. Questa Vita è la più nota
tra le leggende sacre del citato autore; Gian Filippo Foresti, al cap. III
della sua Cronaca, ce ne dà un sunto, mentre la badessa Grazia la trascrisse
integralmente in un codice del suo monastero, ornandola di miniature, una delle
quali rappresenta il b. Pinamonte in atto d’offrire a lei la propria opera. Da
tale codice frate Branca da Gandino (sec. XIV) fece un’altra trascrizione in un
lezionario della cattedrale che è tra i codici della Biblioteca civica di
Bergamo.
L’autografo
del Pinamonte servì all’edizione che se ne fece nella stamperia di Luigi
Fantoni, in Rovetta, nel 1822 e andò smarrito, pare, nella dispersione della
libreria fantoniana.
Santa Grata regge il capo di s. Alessandro e la città murata
Bergamo, monastero di s. Grata
Anche Maria
Aurelia Tasso, religiosa del monastero di S. Grata, compose una Vita della
santa, edita a Padova nel 1723, nella stamperia di Giuseppe Comino da Giovanni
Baldano, col titolo fantasioso: La Vita
di S. Grata - vergine - Regina della Germania - poi Principessa di Bergamo - e
Protettrice della medesima città..., sul frontespizio reca un’incisione con
la figura della santa e sotto la scritta: "Effigies Sanctae Gratae Bergomi
civitatis Patronae".
Per alcuni
secoli il corpo di Grata rimase sepolto fuori le mura in Borgo Canale, nella
chiesa dell’ospedale a lei stessa attribuito (detta di S. Grata) sulla quale
doveva sorgerne un’altra nel sec. XVIII, con il nome di S. Grata inter vites.
Il 9 agosto 1027, per opera del vescovo Ambrogio II (alcuni pensano ad Ambrogio
III) le spoglie vennero solennemente traslate entro le mura, nella chiesa di S.
Maria Vecchia, che fu poi detta di S. Grata alle Colonnette.
La traslazione
è confermata da alcuni versi incisi sul sepolcro del vescovo Ambrogio:
"Praesul Ambrosius meritis et
nomine dignus corpus Matronae iusto sepelivit honore
Digna fuit
coelis Domino Matrona fidelis semper apostolico fungitur et solio";
e anche da un
antico martirologio ms. del monastero di S. Grata. Inoltre si rileva che il
vescovo Ambrogio (I o III?) la domenica delle Palme. dopo aver benedetto i rami
d’ulivo nella cattedrale di S. Alessandro, si portava alla cattedrale di S.
Vincenzo e di qui, a ricordo della traslazione di Grata, anche alla chiesa
della santa dove distribuiva un ramo d’olivo benedetto a ciascuna monaca e
terminava la funzione.
La depositio di Grata (che nei documenti
liturgici vien detta ora vergine, ora vedova) ricorre il 1° maggio, la translatio il 9 agosto; ma per varie
ragioni liturgiche la prima fu anche trasferita al 2 o al 16 maggio, la seconda
al 25, 26 o 27 agosto; nel 1706 la Congregazione dei Riti le assegnò il 4
settembre.
Il
Martirologio Romano la menziona il 1° maggio; il Ferrari nei suoi due Cataloghi
ricorda Grata vedova al 25 agosto; gli Acta SS. dai praetermissi del 1° maggio
la rimandano al 25 agosto e infine al 4 settembre, collocandovi la Vita (poco
attendibile) scritta dal b. Pinamonte.

Reliquiario seicentesco di s. Grata
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