Bergamo, Basilica di S. Maria Maggiore, L'Albero della Vita
Dal Sulla
Santa Pasqua
trattato di un Anonimo Quartodecimano
(Pseudo-Ippolito nn. 94-97)
La Croce albero cosmico
Quest’albero è per me di salvezza eterna:
di esso mi nutro,
di esso mi pasco.
Per le sue radici io affondo le mie radici,
per i suoi rami mi espando,
della sua rugiada mi inebrio,
del suo spirito, come da soffio delizioso, sono
fecondato.
Sotto la sua ombra ho piantato la mia tenda
e ho trovato riparo dalla calura estiva.
Quest’albero è nutrimento alla mia fame,
sorgente per la mia sete,
manto per la mia nudità;
le sue foglie sono spirito di vita e non foglie di
fico.
Quest’albero è mia salvaguardia quando temo Dio,
appoggio quando vacillo,
premio quando combatto,
trofeo quando ho vinto.
Quest’albero è per me “il sentiero angusto e la via
stretta”;
è la scala di Giacobbe,
è la via degli angeli
alla cui sommità realmente è “appoggiato” il Signore.
Quest’albero dalle dimensioni celesti si è elevato
dalla terra al cielo
fondamento di tutte le cose,
sostegno dell’universo,
supporto del mondo intero,
vincolo cosmico che tiene unita la instabile natura
umana,
assicurandola con i chiodi invisibili dello Spirito,
affinché stretta alla divinità non possa più
distaccarsene.
Con l’estremità superiore tocca il cielo,
con i piedi rafferma la terra,
tiene stretto da ogni parte, con le braccia
sconfinate,
lo spirito numeroso e intermedio dell’aria.
Egli era in tutte le cose e dappertutto.
E mentre riempie di sé l’universo intero,
si è svestito per scendere in lizza nudo contro le
potenze dell’aria.
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