Naturno, chiesa di san Procolo,
particolare dalle storie di san Procolo
San Procolo il confessore, quarto
vescovo di Verona (260-304)
23 marzo (5 aprile)
Fu il quarto
vescovo di Verona e sopravvisse alle persecuzioni di Diocleziano. Le notizie
sulla sua vita sono legate al martirio dei santi Bergamaschi Fermo e Rustico.
Parte delle
sue reliquie sono venerate a Verona presso la Chiesa di San Procolo attigua alla Basilica di San Zeno, e parte si
trovano presso la cattedrale di Bergamo insieme a quelle dei martiri Fermo e
Rustico. Un’altra chiesa che gli è dedicata è quella di San Procolo a Naturno, famosa per un ciclo di affreschi di età
carolingia, raffiguranti episodi della vita del santo.
Gli antichi
calendari Veronesi lo ricordano il 23 marzo, suo dies natalis: Sancti Proculi episcopi et confessoris;
mentre il Martirologio Romano lo ricorda il 9 dicembre: Veronae sancti Proculi Episcopi, qui, in persecuzione Diocletiani,
colaphis ac fustibus caesus, e civitate pulsus est, ac tandem, in Ecclesiam
suam restitutus, quievit in pace, giorno in cui i calendari veronesi
celebrano la dedicatio ecclesiae Sancti
Proculi.
Verona, chiesa di san Procolo
Essendo stato scelto
a regger la Chiesa Veronese S. Procolo uomo già
maturo di età, di senno, e di dottrina; la prima sua cura fu, disposte ch’ebbe
le cose sue pastorali, d’andar in pellegrinaggio in compagnia d’alcuni suoi
Preti, ed altri fedeli alla visita de’ luoghi Santi di Gerusalemme. Non vi
maravigliate, Nipoti mie dilettissime, di tale impresa; perché, come abbiamo
dalla Storia Ecclesiastica, questo era un religioso costume d’allora,
continuato poscia per lungo tempo a tal segno, che S. Girolamo ebbe a dire, la
grotta di Betleme essere stata visitata da tanti Vescovi, e da tanti altri illustri
personaggi, che scorrendo per tutta l’età dall’Ascensione di Cristo fino al suo
tempo, era impossibile l’annoverarli. Questa divozione proveniva da fuoco di
carità, per cui vivendo i Pastori della Chiesa sempre disposti al martirio,
amavano di visitar la Città consacrata dal capo de’ Martiri. Veniva ancora, cred’io,
da divina providenza, acciocché nelle stazioni di sì lungo cammino fossero visitati
e consolati i fedeli, e fosse predicato, e confessato Gesù Cristo; come fece appunto
S. Procolo, il quale giunto ai confini della Pannonia, che oggi comunemente
diciamo Ungheria; e visitando i Cristiani che colà erano carcerati in odio della Fede, ed esortandoli
a star costanti nella confessione di Gesù Cristo, fu preso egli stesso dagl’Idolatri,
e battuto con le verghe, e venduto schiavo. Commendabile fu dunque la sua divozione,
perché animata dall’amor di Dio, perché giustificata dall’esempio di tanti
altri illustri pellegrini, perché utile alla Religione, e perché finalmente
protetta, e approvata da Dio Signore, il quale non lasciollo marcire nella miseria
della Ichiavitù, e volle operar de’ prodigi in favore di lui. Imperciocchè riscattato,
non si sa da chi, e di là ritornando co’ suoi compagni, passò per una foresta,
dove mancandogli l’acqua era vicino a perir di sete: se non che con fervorosa
preghiera a quel Dio rivolto, che sa trar l’acqua dalle selci, ottenne che dall’arido
terreno sorgesse prontamente una fonte a ristoro di sé, e de’ suoi. Ritornò
pertanto a Verona portando seco, oltre il merito di sì lungo e faticoso
pellegrinaggio, la consolazione d’aver baciato i vestigi de’ piedi del
Salvatore, il contento d’aver veduto e visitato tanti buoni Cristiani, tanti
Confessori di Gesù Cristo, la gloria di aver lui pure confessato la verità della Fede, e molti documenti da dar al suo
gregge per ciò che in ordine alla religione avea appreso in quel viaggio.
Bergamo, Museo Bernareggi, Croce di San Procolo
Restituitosi
dunque alla sua residenza con allegrezza indicibile del popolo suo, attese con
premura al buon governo di quello: e giunto alla vecchiaja, quasi nonagenario,
udì essere stati da Milano a Verona condotti prigioni due nobili Bergamaschi di
nome Fermo e Rustico, e’l giorno dietro dover essere martirizzati nel Circo per
comando di Anolino Prefetto dell’Imperator Massimino. A tal novella riaccesosi
nel Santo Vecchio quel fervore di spirito, per cui altra volta nella Pannonia era
andato incontro al martirio: ed uscendo dall’antro, o sia dalla Cripta, usato
ricetto de’ suoi Predecessori, andò alla prigione dove’erano i nobili personaggi
destinati al supplicio, e fatte con loro le convenienze di fraterna carità: Bisogna, disse, che voi degniate di ricevermi per compagno nel vostro cimento. Il freddo
dell’età non mi scema niente l’ardente desiderio ch’ho sempre avuto di patire
per Gesù Cristo. Deh lasciate, che come siamo uniti e congionti nella Fede, così
lo siamo ancor nella morte, ch’è momentanea, e nella gloria, che non finirà mai:
onde abbiamo unitamente a benedire in eterno il nome Santo di Dio.
Accettarono essi con giubilo la magnanima offerta del Santo Pastore; maravigliandosi
insieme, ch’essendo lui cadente per la vecchiezza fosse tanto robusto nella
Fede, che si promettesse di star in piedi a fronte delle minaccie, e de’ tormenti
del crudele tiranno. Ma che non può la divina grazia? io posso ogni cosa, diceva S. Paolo, in Dio che mi conforta. E certo dobbiamo credere, che se Dio per
altro consiglio della sua providenza non avesse disposto, anche questa volta,
ch’egli qual altro Isacco, fosse ostia
non di sangue, ma di salute, avremmo veduto in lui rinovato l’esempio del
Santo vecchio Eleazzaro.
Presezzo (BG), Nuova chiesa parrocchiale dei santi Fermo e Rustrico,
San Procolo insieme ai martiri Fermo e Rustico, affresco di Luigi Tagliaferri
Venuti adunque
i ministri, volendo lui così, lo legarono, e lo presentarono al tribunale. Dimandò
allora Anolino, chi fosse quel nuovo prigione, e perché gli fosse stato
condotto dinanzi. I ministri risposero, colui esser uno che diceva d’esser Cristiano:
che di sua volontà s’era posto insieme con gli altri due, ed aveva fatto istanza
d’essere incatenato, e presentato esso pure, come reo della medesima setta, a
ricever la stessa condanna. Udito questo, Anolino adirossi: E non vedete, disse, che per la troppa età costui ha perduto il senno?
Scioglietelo tosto e scacciatelo
dalla mia presenza. Ubbidiron gli sgherri; e con ischiaffi e con villane parole
lo costrinsero a ritornare d’onde s’era partito. In questo modo egli dolente,
non già per l’ingiurie ricevute, ma per aver perduto l’occasione del martirio,
ritornò a’ suoi, raccontando loro con le lagrime agli occhi, che non gli era
venuto fatto di sparger il sangue per la fede di Gesù Cristo. Quanto sono ammirabili
le disposizioni del Signore! Sopravvisse un anno solo a quel caso: e pure per sì
breve spazio di tempo volle Dio, togliendolo dalla spada del carnefice, lasciarlo
alla cura del gregge: quando agli occhi del mondo sembrar poteva, che fosse di
maggior gloria di Dio il veder un vecchio quasi decrepito sostener con eroica
costanza i più acerbi supplicj. Morì dunque in pace il giorno 23 di Marzo dell’anno
239 avendo prima imposto le mani al suo successore S. Saturnino; e fu sepolto
nella sua Cripta con lamina di piombo entro la cassa con queste parole: Corpus B. Proculi Episcopi, cioè, il Corpo del B. Vescovo Procolo, e col
seguente Epitafio, fatto (dicesi) incider da’ suoi Preti:
Hic cito consenui:
Jam me praecedet longior aetas,
Vivamque diu melioribus annis.
Che in volgare significa:
Invecchiai ben presto qui.
Ma più lunga età m’aspetta
Vivo ai raj di più bel dì.
Da: GIO. JACOPO DIONISI, De i santi veronesi. Parte prima, che
contiene i martiri ed i vescovi, Verona, MDCCLXXXVI, 72-76.
Bergamo, Cattedrale, altare con le reliquie dei santi Fermo, Rustico e Procolo
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