Dalle Omelie di san Beda il Venerabile
(Lib. 1, 4)
La lettura del
santo Evangelo che abbiamo ascoltato ci annuncia il principio della nostra
redenzione che dobbiamo sempre venerare e ci raccomanda il rimedio salutare
dell’umiltà, che dobbiamo sempre imitare.
Poiché infatti
il genere umano, piagato dalla peste della superbia, era andato in rovina,
bisognava che l’inizio della futura salvezza offrisse subito la medicina dell’umiltà
per risanarlo. E poiché la morte era subentrata nel mondo a causa della sconsiderazione
di una donna che si era fatta ingannare, fu conveniente che, a segno della vita
che tornava, due donne devote si affrettassero, una prima dell’altra, all’ossequio
dell’umiltà e della pietà reciproca. [...]
Dopo che la
Vergine meritò di essere esaltata dall’apparizione e dalle parole dell’angelo,
dopo che apprese che doveva essere glorificata da un parto divino, non
insuperbì affatto per i doni celesti quasi che fossero merito suo, ma per
essere sempre più degna di quei doni, tenne fissa la mente a custodia dell’umiltà
e così rispose all’angelo che le aveva portato l’annunzio: Ecco l’ancella del Signore, sia fatto di me secondo la tua parola.
Come poi abbiamo appreso dalla lettura di oggi, la stessa umiltà che aveva
mostrato all’angelo la mostrò anche agli uomini e – ciò che è anche di maggiore
significato –, anche a chi le era inferiore. [...] Chi dubita che la madre del
Re eterno sia da anteporre alla madre di un suo soldato? Tuttavia essa, memore
della Scrittura che prescrive: Quanto più
sei grande tanto più sii umile in tutto (Sir 3, 20), appena l’angelo che le
aveva parla tornò in cielo, si alza e si avvia per luoghi impervi e portando
Dio nel seno, si dirige verso le abitazioni dei servi di Dio e chiede di
parlare con loro. [...]
Entra nella
casa di Zaccaria e di Elisabetta e saluta quella che aveva appreso avrebbe
partorito il servo e precursore del Signore, non quasi che fosse in dubbio
sulla profezia che aveva appreso, ma per congratularsi del dono che, come aveva
saputo, aveva ricevuto quella che era serva di Dio come lei: non per confermare
le parole dell’angelo con la testimonianza di una donna, ma per servire con
impegno, lei giovane vergine, una donna anziana.
L’incontro della Madre di Dio con santa Elisabetta,
affresco libanese
Appena
Elisabetta udì il saluto di Maria il fanciullo le balzò nel seno ed Elisabetta
fu ripiena di Spirito Santo. Non appena Maria aprì la bocca per salutarla,
subito Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo, e ne fu ripieno anche Giovanni:
edotti ambedue dallo stesso Spirito, Elisabetta riconobbe colei che l’aveva
salutata e la venerò con debita riverenza come madre del suo Signore, e
Giovanni comprese che era proprio il Signore quello che la Vergine portava in
seno, e poiché non poteva farlo ancora con la lingua, lo salutò esultando nell’anima,
e così indicò quanto volentieri e con quanta giovanile devozione avrebbe
assolto il suo compito di precursore, annunziando il Signore ancora prima di
nascere con i segni che poteva. Si avvicinava infatti il tempo in cui si
sarebbe compiuto ciò che l’angelo aveva detto: Sarà ripieno di Spirito Santo fin dal seno
di sua madre (Lc 1, 15), ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo ed
esclamò a gran voce. [...]
Esclamò dunque
a gran voce dicendo: Benedetta tu fra le
donne, e benedetto il frutto del tuo seno. Benedetta tu fra le donne: non solo è benedetta fra le donne
ma fra le donne benedette è insignita di una maggiore speciale benedizione.
Benedetto il frutto del tuo seno: non benedetto come usualmente si benedicono i
santi, ma come dice l’apostolo: Essi che
sono i discendenti dei patriarchi, dai quali è nato Cristo secondo la carne,
che è al di sopra di tutte le cose, Dio benedetto nei secoli (Rm 9, 5). Dei frutti di questa nascita rende
testimonianza il salmista con parole di mistero quando dice: Il Signore ci concederà il suo favore, e la
nostra terra darà i suoi frutti (Sal 84, 13). Certo il Signore ha concesso
il suo favore perché ha voluto liberare il genere umano dalla colpa di
prevaricazione per mezzo del Figlio suo unigenito; ci ha concesso il suo favore
perché, entrando nel tempio del seno della Vergine, lo ha consacrato con la
grazia dello Spirito Santo. La nostra terra ha dato il suo frutto perché questa
vergine, che aveva avuto il corpo dalla terra, generò un figlio uguale per
divinità a Dio Padre, ma della sua stessa sostanza nell’autenticità della
carne. [...]
Mosaico della Visitazione, Basilica eufrasiana, Parenzo - Istria
A ragione
perciò è detto: Benedetta tu fra le
donne, e benedetto il frutto del tuo seno. Fu benedetta in modo
incomparabile colei che accolse la gloria del seme divino e conservò l’ornamento
della verginità. Benedetta tra le donne tu, per il cui parto verginale fu
cancellata tra i nati di donna la maledizione della prima donna. Benedetto il
frutto di quel seno, grazie al quale abbiamo riacquistato il seme della incorruttibilità e dell’eredità
celeste, che avevamo perso in Adamo. E veramente e specialmente benedetto colui
che, non come noi, dopo la nascita, ha ricevuto la grazia della benedizione del
Signore, ma per salvare il mondo egli stesso è venuto benedetto nel nome del
Signore.
Come mai mi è concesso che la madre del mio
Signore venga da me? Quanta umiltà nell’anima della profetessa, quanto vere
furono le parole del Signore: Su chi si
posa il mio sguardo, se non su chi è umile, tranquillo e teme le mie parole? (Is
66, 2). Appena la vide, riconobbe che era
la madre del Signore colei che
era venuta presso di lei, ma non riconoscendo in sé alcun merito per essere
degna di ricevere la visita di una
ospite tanto importante, come mai
– disse – mi è concesso che la
madre del mio Signore venga da me?. [...]
Ma ascoltiamo
le parole che Maria pronunziò, per vedere se da esse possiamo conoscere almeno
un poco di quello che aveva dentro. Dopo che ebbe udito la risposta con la
quale Elisabetta l’aveva chiamata beata fra le donne, l’aveva indicata madre
del Signore suo, l’aveva lodata forte nella fede, dopo che al suo ingresso Elisabetta aveva dato segno di
essere ripiena di Spirito Santo insieme col figlio, Maria non poté tacere oltre
i beni che aveva ricevuto e appena trovò il momento opportuno manifestò anche
con parole di devozione ciò che sentiva sempre nell’animo. Come infatti si
conveniva al pudore di una vergine, per un certo tempo nascose in silenzio la
predizione che aveva divinamente ricevuto, venerando nel profondo del cuore il
mistero celeste, e aspettando con riverenza che Colui che distribuisce i doni
manifestasse quando avesse voluto, quale dono speciale le avesse dato, quale
segreto le avesse rivelato.
Ma dopo che si
accorse che i doni, che le erano stati dati, venivano manifestati per opera di
altri, perché era lo Spirito che li rivelava,
allora anch’essa svelò il tesoro del cielo che conservava nel cuore.
Disse così: L’anima mia magnifica il
Signore e il mio spirito gioisce in Dio mio Salvatore. E quel che segue.
Con queste parole prima riconosce i doni che erano stati concessi in
particolare a lei, poi ricorda in generale i benefici con i quali Dio non cessa
di provvedere sempre al genere umano. Così magnifica il Signore l’anima di
colui che tutti gli affetti del suo uomo interiore dedica al servizio e alla
lode di Dio, che con l’osservanza dei precetti di Dio dimostra di avere sempre
in mente la potenza della sua maestà. Esulta in Dio suo salvatore lo spirito di
colui che non trae diletto dai beni terreni, che nessuna abbondanza di
ricchezze effimere indebolisce, che nessuna avversità spezza ma trae diletto
solo richiamando alla mente il suo Creatore, dal quale spera la salvezza
eterna.
Certo queste
parole si addicono a tutti i perfetti, ma era conveniente che soprattutto le
pronunciasse la beata madre di Dio che, per merito di singolare privilegio,
ardeva di spirituale amore per colui che gioiva di avere corporalmente
concepito. A ragione poté esultare in Gesù, cioè nel suo salvatore, con gioia
speciale più degli altri santi poiché, colui che aveva conosciuto eterno autore
di salvezza, questi sapeva che sarebbe nato dalla sua carne con nascita
temporale, così che in una sola e stessa persona ci fosse veramente il suo
figlio e il suo Signore.
Macedonia, Chiesa di san Giorgio in Kurbinovo,
affresco della Visitazione
Cose grandi ha fatto a me l’onnipotente e
santo è il suo nome. Niente dunque viene dai suoi meriti, dal momento che
ella riferisce tutta la sua grandezza al dono di lui, il quale essendo
essenzialmente potente e grande, è solito rendere forti e grandi i suoi fedeli
da piccoli e deboli quali sono. Bene poi aggiunse: E Santo è il suo nome, per avvertire gli ascoltatori, anzi per
insegnare a tutti coloro ai quali sarebbero arrivate le sue parole ad aver
fiducia nel suo nome e a invocarlo. Così essi pure avrebbero potuto godere
della santità eterna e della vera salvezza, secondo il detto profetico: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà
salvato (Gl 3, 5).
Infatti è
questo stesso il nome di cui sopra si dice: Ed
esultò il mio spirito in Dio, mio salvatore.
Perciò nella
santa Chiesa è invalsa la consuetudine bellissima ed utilissima di cantare
l’inno di Maria ogni giorno nella salmodia vespertina. Così la memoria abituale
dell’incarnazione del Signore accende di amore i fedeli, e la meditazione
frequente degli esempi di sua Madre, li conferma saldamente nella virtù. Ed è
parso bene che ciò avvenisse di sera, perché la nostra mente stanca e distratta
in tante cose, con il sopraggiungere del tempo del riposo si concentrasse tutta
in sé medesima.
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