Dal Discorso
IX, Per la domenica dei rami
di san Proclo arcivescovo di
Costantinopoli
Oratio IX, In
ramos Palmarum, 1-3.4. PG 65, 772-777
Cari fratelli,
il tempo liturgico che stiamo vivendo chiede un impegno maggiore da noi: ci
vuole più ferventi, più disponibili, più solleciti nel recarci all’incontro con
il re venuto dal cielo. Questo stesso gioioso messaggio annunziava san paolo
quando diceva: Il Signore è vicino, non
angustiatevi per nulla.
Accogliamo il
nostro Dio con acclamazioni degne di lui. Gridiamo con la folla: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome
del Signore, il re d’Israele! Colui che viene: l’espressione è giusta,
perché il Signore non smette di venire, pur senza mai essere assente. Il
Signore è vicino a quanti lo invocano. Perciò, benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!
Tutto quello
che accade in questo giorno ha valore di simbolo. Tutte queste manifestazioni
indicano in figura che avanza un re. Gli abitanti delle città di questo mondo,
quando aspettano l’arrivo del loro governatore, spianano la strada, sospendono
corone ai portici; l’aspetto della città cambia, il palazzo reale è ripulito da
cima a fondo. In vari punti si organizzano cori che cantino le lodi del re. Da
questi segni si riconosce che in un dato paese si avvicina un grande della
terra.
Applichiamoci
anche noi a un lavoro analogo, anzi a un’impresa ben più gloriosa: le
celebrazioni della nostra città spirituale devono essere all’altezza della
trascendenza del suo re celeste.
Il re umile e
mansueto è alle porte. Nei cieli egli cavalca sui cherubini, quaggiù è seduto
su un puledro di asina. Prepariamo la dimora della nostra anima. Togliamo le
ragnatele, cioè ogni rancore contro i fratelli. Non si trovi in noi la polvere
delle critiche, ma laviamo abbondantemente tutto con l’acqua dell’amore.
Livelliamo le gobbe dell’inimicizia, inghirlandiamo i portici delle nostre
labbra con i fiori della bontà. Uniamoci alle acclamazioni della folla: Benedetto colui che viene nel nome del
Signore, il re d’Israele!
Chi vorrebbe
tacere? Chi non ammirerà questa folla, avversa ai Giudei e amica dei discepoli
di Cristo? Acclamano il Signore come re, lui che non porta nessuna visibile
insegna di una dignità regale: non cocchio laminato d’oro, non bianchi cavalli
bardati; nessuna traccia della pompa che i re di questo mondo sogliono
sfoggiare nei loro cortei. Qui non ci sono né armi né scudi né alabarde;
neppure mantelli di porpora né prestigiosi scudieri dalle chiome fluenti; tanto
meno sfilano dignitari o parate di elefanti.
La folla non
contempla nulla di ciò, anzi vede proprio il contrario: un volgare, meschino
puledro, senza sella, preso a prestito per l’occasione. Tutto il corteo si
riduce agli undici apostoli, perché Giuda già ordisce il tradimento.
Le folle
vedono questa grande povertà di Gesù, eppure sono come rapite in cielo e con
gli occhi dello spirito contemplano le realtà dell’alto. Si uniscono ai cori
angelici e si valgono delle voci dei serafini per acclamare come loro: Benedetto colui che viene nel nome del Signore,
il re di Israele!
È aspro e
pungente per i sacerdoti e i farisei udire le folle che acclamano un re di
Israele. Eppure, volenti o no, sono costretti a udirlo. Avevano tacciato Gesù
di possedere un demonio, ed ecco la folla proclamarlo re. Chi le ha suggerito
quel titolo? Chi le ha messo in mente tale lode? Chi ha posto rami di palma
nelle loro mani? Chi improvvisamente ha radunato tutta questa gente, guidandola
come sotto un unico capo? Chi ha insegnato questo canto unanime?
È una grazia
discesa dall’alto, una rivelazione dello Spirito Santo. Ecco perché gridano con
libera franchezza: Benedetto colui che
viene nel nome del Signore, il re di Israele.
La folla forma
il corteo terreno del Signore, gli angeli quello celeste. I mortali sono simili
agli immortali, i pellegrini della terra già partecipano ai cori celesti.
Benedetto colui che viene nel nome del
Signore, il re di Israele. Essi rifuggono i farisei, hanno in orrore i
sommi sacerdoti.
Cantando una
melodia degna dell’Altissimo, rallegrano la creazione, santificano l’aria. I
morti trasaliscono, il cielo si apre, rifiorisce il paradiso, gli altri mortali
sono stimolati a emulare un simile fervore.
Prendiamo
anche noi rami di palma e usciamo incontro al Signore. Diciamo ai prìncipi dei
sacerdoti: Non siete voi quelli che domandano se questi è il figlio del
carpentiere? Egli è il Dio forte e potente. Correte, affrettatevi; unitevi alla
folla e cantate in onore di colui che ha risuscitato Lazzaro: Benedetto colui che viene nel nome del
Signore!
A lui la gloria
nei secoli. Amen.
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