Iconografo Ticone Filatiev.
Viene dalla chiesa della Natività della Madre di Dio nel vicolo Golutvinski a Mosca.
Galleria Tretiacov a Mosca.
Sinassi dell’Icona della Madre di Dio Fiore Immarcescibile (Неувядаемый
Цвет)
3 (16) aprile
L’icona della
Madre di Dio “Fiore immarcescibile” conservata nella galleria Tretiacov è una
copia molto fedele del XVII° secolo dell’immagine miracolosa venerata nel
monastero di Alexeevskij. Questa immagine è una delle più antiche e venerabili
tra le icone di questo tipo iconografico.
La prima menzione
dell’icona originale del monastero Alexeevskij si ha nel 1757, anche se molto
probabilmente l’icona si trovava nel monastero già molto prima; oggi di questa
se ne sono perdute le tracce.
Questo tipo
iconografico nacque sul Monte Athos e risente di alcune influenze dell’arte
sacra occidentale; la sua massima diffusione e rinomanza la si ha nel XIX°
secolo. La composizione allegorica dell’immagine si basa sulle profezie e sugli
archetipi veterotestamentari della Santa Vergine e sugli inni sacri a Lei dedicati.
Generalmente nel centro dell’icona ci sono l’immagine della Madre di Dio e di
Gesù Bambino vestiti in abiti regali, decorati in oro. Il tempio sullo sfondo è
immagine delle “dimore del Re di tutti”; Gesù Bambino sta in piedi su una
tavola davanti alla Madre segno della vicinanza della Vergine alla sede di Dio,
Lei stessa che è “la sede del Re”. Sulle icone più complete di questo tipo
iconografico attorno alla Madre di Dio ed al Bambino si dipingono il sole e la
luna, la stella, l’incensiere, la candela e altri oggetti che sono simboli di
Maria. Lo scettro pieno di fiori nella mano della Madonna richiama il germoglio
dal tronco di Iesse da Isaia 11. I rami fioriti e le fioriere piene di fiori
sono legati al nome della icona “Fiore immarcescibile”.
La festa
dell’icona “Fiore immarcescibile” cade il giorno 3 aprile.
Ispirati al “Cantico dei Cantici” biblico,
titoli iconografici mariani tipici – come “Giardino chiuso”, “Maria nel
roseto”, “Maria nell’abito di spighe”, ecc. – trovano il loro riscontro presso
gli iconografi orientali nel titolo “Fiore immarcescibile”.
L’icona della
Madonna venerata con il titolo di “Fiore immarcescibile” è di origine
relativamente recente e le sue prime raffigurazioni non risalgono al di là del
secolo XVI-XVII. Luoghi primi di diffusione sembrano essere stati la Grecia ed
i Balcani. Da qui l’icona si è diffusa nel bacino del Mediterraneo, in alcuni
Paesi di religione ortodossa, come la Siria, il Libano, le Isole greche: Cipro
e Creta, da dove, durante l’occupazione turca, giunse in Italia dove si trovano
non poche repliche dell’icona a Venezia, a Ravenna e nella Calabria.
L’arrivo
dell’icona in Russia sembra essere stato tardivo; ma con il suo arrivo in
questo Paese nel secolo XVIII, essa ha incontrato una buona accoglienza: in
qualche zona l’icona conobbe un tale favore da meritare di essere celebrata con
una festa ricorrente il 3 Aprile; per l’occasione fu anche composto un lungo Akátisto.
Icona greca de “L’Albero di Jesse e il Fiore
immarcescibile” (sec. XVII)
L’ispirazione liturgica del titolo
Il titolo
stesso di “Fiore immarcescibile” è
molto più antico dell’icona, avendo ben presto trovato posto nella liturgia
greca. Si ritrova per la prima volta nel famoso “Akátisto alla Madre di Dio”, inno composto da un Autore anonimo
nella seconda metà del secolo V, nel periodo immediatamente susseguente al
terzo Concilio ecumenico di Efeso (431), in cui Maria fu da tutta la Chiesa
solennemente proclamata “Theotókos”,
ossia Colei che ha partorito Dio.
L’epiteto
greco “amáranton”, che si suole
tradurre con “immarcescibile”, si
ritrova difatti per la prima volta nella Stanza V dell’Inno, che sceneggia la
Visitazione di Maria a Elisabetta. Le salutazioni contenute nella Stanza e
rivolte a Maria sono messe in bocca a Giovanni Battista che, ancora nel grembo
della Madre, reagisce così al saluto di Maria ad Elisabetta:
Con in grembo il Signore
premurosa Maria ascese e parlò a Elisabetta.
Il piccolo in seno alla madre
sentì il verginale saluto, esultò,
e balzando di gioia cantava alla Madre di Dio:
Rallegrati, o tralcio di santo germoglio;
Rallegrati, o ramo di Frutto illibato.
Rallegrati, coltivi il divino Cultore;
Rallegrati, dai vita all’Autore della vita.
Rallegrati, tu campo che frutti ricchissime grazie;
Rallegrati, tu mensa che porti pienezza di doni.
Rallegrati, un pascolo ameno tu fai germogliare;
Rallegrati, un pronto rifugio prepari ai fedeli.
Rallegrati, di suppliche incenso gradito;
Rallegrati, perdono soave del mondo.
La Madre, come
si vede, di fronte al Figlio è come il virgulto o il tralcio di fronte al suo “Germoglio”,
come il ramo che porta e possiede il suo “Frutto”. Maria, anzi, produce e
coltiva lo stesso “Cultore” del genere umano; la verginale maternità di Maria
per gli uomini diventa canale di misericordia e di grazia; Maria è così come un
campo ubertoso e una lauta mensa imbandita per tutti. Gesù, lui, è il pascolo
delizioso che Maria offre alle anime come loro rifugio.
Madonna del giglio di Nese (Alzano Lombardo Bg)
L’inno
Akátisto ha ispirato nel secolo IX un poeta sacro di origine sicula i cui Inni
riempiono i libri liturgici bizantini: si tratta di Giuseppe, detto l’Innografo
per antonomasia. Nato a Palermo nell’816 ca. e morto monaco a Costantinopoli
nell’886, egli ha cantato la Madonna con bellissimi Inni. Fra questi vi è una
lunga composizione detta “Canone” che accompagna tuttora il canto dell’Akátisto
nella liturgia bizantina. Giuseppe, riprendendo il termine “amáranton” dell’Akátisto, lo accompagna col nome “ródon”, ossia rosa, fiore: così il
titolo diventa “ródon amáranton”, o “Rosa, Fiore immarcescibile”.
Il titolo
ricorre ben due volte nell’Inno di Giuseppe: una prima volta nella prima Ode
del Canone, in questi termini:
Rallegrati, tu che sola hai fatto sbocciare
la rosa immarcescibile.
Rallegrati, tu che sola hai generato il pomo fragrante!
Rallegrati, profumo del Re dell’universo!
Rallegrati, Semprevergine, salvezza del mondo!
[…]Rallegrati, giglio fragrante che sparge
il suo profumo tra i fedeli;
incenso odoroso e preziosissimo balsamo!.
Da notare che
Giuseppe riserva il titolo a Gesù, ma la tradizione posteriore lo applicherà
senza difficoltà alla Madre e alla icona appositamente creata.
L’icona “Fiore immarcescibile”
L’icona della
Madonna “Fiore immarcescibile” non sembra provenire, come le numerose altre
icone mariane, da qualche intervento di Maria per mezzo di qualche immagine
preesistente, ma nasce solo attraverso i testi liturgici bizantini di cui
abbiamo presentato sopra i due più conosciuti.
Per
rappresentare la Madre di Dio si è ricorso ad una normale icona di Madonna con
Bambino, attingendo ai tipi iconografici più noti, quali: l’Odighítria, l’Eléousa o la Nicopéia,
ecc., in busto o a pieno corpo, seduta su un trono o in piedi. Ma per
distinguerla da tutte le altre icone mariane furono aggiunti alcuni dettagli
che rendono l’icona immediatamente riconoscibile: in una mano della Madonna si
mise un fiore o un ramo fiorito; il Figlio fu dipinto seduto o in piedi e, il
più delle volte, tenendo lui stesso uno scettro e il capo coperto da una corona
più o meno pesante. Il titolo dell’icona, scritto in corrispondenza del capo
della Madonna è “ródon to amáranton”,
in greco o slavo; su alcune icone si trova scritto su un nastro, in greco, in
arabo o slavo, un versetto dell’Akátisto o della composizione di Giuseppe
l’Innografo, citata sopra.
Da notare
infine che l’apparizione tardiva del tipo iconografico sembra essere stato il
frutto di contatti proficui con l’Occidente e con la sua iconografia mariana.
L’Occidente, che si era lasciato ispirare al Cantico dei Cantici biblico, aveva
creato tipi iconografici mariani tipici, come “Giardino chiuso” [“Hortus conclusus”], “Maria nel roseto”,
“la Madonna del rosario”, “Maria nell’abito di spighe”, ecc. Gli iconografi
orientali, molti dei quali si erano rifugiati in Italia, non hanno mancato di
ispirarsi a questa iconografia.
Nessun commento:
Posta un commento