La preghiera è dialogo con Dio
di san Giovanni il Climaco
PG 11129A-1129D1; 1132A-1132D
La preghiera,
secondo la sua vera denotazione, è dialogo dell’uomo con Dio, unione mistica;
secondo gli effetti che la connotano, è detta sostegno del mondo e
riconciliazione con Dio, madre o figlia delle lacrime e propiziazione per i peccati,
difesa dalle tentazioni e baluardo contro le tribolazioni, vittoria nelle lotte
e impegno da angeli, alimento degli esseri incorporei e gioia nell’attesa,
attività che non avrà mai fine e sorgente delle virtù, prosseneta di carismi e
progresso spirituale, nutrimento dell’anima e luce della mente, scure che
recide la disperazione e dimostratrice della speranza, dissolutrice della
tristezza e tesoro dei monaci, pregio degli esicasti e diminuzione dell’ira,
specchio di progresso e rivelazione del giusto mezzo, indicatrice delle
condizioni in cui ci troviamo e preannunciatrice di quelle future o segnalatrice
della gloria vera. La preghiera, per chi la fa veramente, è il luogo del
giudizio del Signore, il trono su cui Egli siede per invitarci al discernimento
prima che venga il momento del giudizio definitivo. Alziamoci quindi per
ascoltare il verdetto di questa santa regina delle virtù che proclama a voce
alta e chiara: «Venite a me, voi tutti affaticati e stanchi, e io vi ristorerò;
prendete sulle vostre spalle il mio giogo e troverete la pace delle vostre
anime, la guarigione delle vostre ferite; perché il mio giogo è d’aiuto a chi
lo porta, atto a guarire piaghe di gravi cadute».
Per
presentarci al Re divino e avere un colloquio con Lui, non intraprendiamo la corsa
senza esserci prima preparati e premuniti, perché non debba vederci disarmati o
privi della veste regale mentre ci aspetta da lontano, e non debba mandare
servi e ministri ad allontanarci dal suo cospetto in catene e in esilio, o a
rigettarci in faccia le nostre preghiere non ininterrotte. Presentati a Dio con
la tua veste spirituale intessuta tutta di lino da cima a fondo, cioè col filo
del rifiuto di ogni ricordo delle offese che purifica da ogni macchia; altrimenti
a nulla varrà la preghiera. Prega con tutta semplicità, con una sola espressione,
come fecero il pubblicano e il prodigo che si resero Dio propizio.
Uno è lo stato
d’orazione, ma ci presentiamo a Dio con varie modalità e con finalità
differenti: chi si trattiene col Signore come con un amico per ottenere da Lui
aiuto non per sé ma per gli altri con preghiera di lode e di supplica; chi
chiede ricchezze, onorificenze e libertà maggiore, chi domanda la liberazione
definitiva dal proprio nemico e chi supplica perché gli sia concesso di
diventarne degno; altri pregano per ottenere la perfetta libertà da affanni, per
venir liberati dal carcere o essere infine svincolati da accuse.
Tu soprattutto
domanda di essere esaudito circa quanto sta scritto nel primo rigo del papiro,
secondo l’ordine che vuole in primo luogo la sincera preghiera di
ringraziamento; poi passa al secondo rigo della confessione con vero dolore
dell’anima piena del senso di Dio: solo allora avremo imparato come rivolgere
le nostre preghiere al Re dell’universo. Ottimo invero questo metodo di orazione,
secondo che fu rivelato ad un fratello da un angelo del Signore.
Non avrai
bisogno di ulteriori spiegazioni se offrirai la tua preghiera come uno che deve
rendere conto ad un giudice umano; se non sei mai stato ad un tribunale di
quaggiù né ti sei mai interessato di saperne, impara dal modo con cui i malati
pregano il chirurgo che li cura prima di essere da lui sottoposti ai ferri o ai
cauteri. Non affannarti a sottilizzare sulle parole da usare nella preghiera.
Spesso infatti balbettii semplici e disadorni di bambini placarono il Padre che
è nei cieli. Non molte parole devi cercare, perché tale affannarsi causa la
dissipazione della mente.
Con una
frasetta il pubblicano placava il Signore, e una sola espressione pronunziata
con fede salvò il ladrone. Molte parole spesso distraggono nella preghiera
perché riempiono la mente di fantasie, una sola parola spesso contribuisce al
raccoglimento. Quando ad un certo punto della preghiera c’è una parola che ti
piace e ti concilia la compunzione, resta lì: allora si unirà alla tua
preghiera l’angelo custode.
Non abusare
poi della libertà confidente, anche se hai raggiunto la purificazione.
Piuttosto, avvicinandoti a Dio con molta umiltà, potrai ottenerne più alta
libertà. Anche se fossi giunto in cima alla scala delle virtù, continua a
pregare perché ti siano rimessi i tuoi peccati, come fece Paolo che paragonandosi
ai peccatori esclamava: «Io sono il primo di essi». Purità e compunzione delle
lacrime debbono dare ali all’orazione ovvero darle il sapore, come l’olio e il
sale che condiscono le vivande. Aggiungivi la mitezza e la dolcezza, di cui
devi rivestirti tutto se vuoi liberare il tuo cuore da tutto ciò che gli toglie
la libertà di elevarsi senza sforzo a Dio. Finché non avremo raggiunto, facendo
molte esperienze, tale chiarezza di orazione, assomiglieremo a degli incipienti
nella via della vita, come i bambini che cominciano a camminare. Cerca di
elevare la mente a Dio o piuttosto di tenerla chiusa entro l’ambito delle
espressioni di orazione, e se per debolezza infantile non si tiene ferma,
rimettila subito in sesto: purtroppo la nostra mente è instabile, ma
l’Onnipotente può renderla stabile.
Se riuscirai a
lottare senza mai venir meno, finalmente scenderà in te Colui che mantiene nei
suoi limiti il mare della mente, e le dirà mentre tu la elevi alla preghiera:
«Verrai fin qui e non passerai oltre». Vero è che lo spirito non si può legare,
ma se interviene il Creatore dello spirito tutto a Lui deve sottostare.
Potresti peraltro instaurare con Lui un colloquio come si dovrebbe, solo se tu
potessi fissare lo sguardo sul bagliore del sommo Sole. Ma come potresti
incontrarti senza timore di ingannarti con Uno che non vedi? Perciò principio
dell’orazione sono degli accostamenti a Dio con un invocazione brevissima che
scaccia ogni altro pensiero sul nascere; momento mediano è quello di tener
fissa la mente in ciò che si dice o si pensa; punto di arrivo o perfetta
preghiera è il rapimento estatico nel Signore.
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