S. BASILIO DI CESAREA
Omelia sull’umiltà
Testo a cura di Giorgio Sgargi
1. L’uomo
doveva restare nella gloria che è presso Dio e avrebbe una grandezza non
apparente, ma reale: l’avrebbe fatto grande la potenza di Dio, risplenderebbe
per la sapienza divina, gioirebbe per la vita e per i beni eterni. Ma poiché
sostituì la brama della gloria divina, e ambì e aspirò a realtà più grandi che
non era in grado di afferrare, perse proprio ciò che poteva avere. Per lui, la
via di salvezza e la terapia più efficace dell’infermità e per il ritorno alla
condizione originale, è l’umiltà e il non far sfoggio di una propria gloria, ma
cercare quella che viene da Dio. Così rimedierà alla caduta, così curerà la
malattia, così ritornerà al santo comandamento che aveva abbandonato.
Ma il diavolo,
che fece cadere l’uomo con la speranza di una falsa gloria, non cessa di
provocarlo con gli stessi stimoli e di inventare a tale scopo artifici senza
numero.
Gli fa
apparire come gran cosa il possesso delle ricchezze, per vantarsene e porvi
ogni sollecitudine. Ciò non vale niente per giungere alla gloria, ma tanto per
il pericolo in cui si incorre. Il procurarsi ricchezze, infatti, è occasione di
avidità, e il possederle non reca alcun prestigio, ma produce un inutile
accecamento, una vana esaltazione, e nell’anima una malattia simile a un
gonfiore. Non è sano, né benefico il tumore che provoca il gonfiore dei corpi,
ma è malsano, nocivo, principio di pericolo e causa di rovina. Tale è anche
l’orgoglio per l’anima.
E non solo ci si
monta la testa per le ricchezze, e gli uomini non si esaltano unicamente per il
tenore di vita e per l’abbigliamento che le ricchezze consentono: allestendo
banchetti sontuosi, smodatamente ricchi; indossando abiti eccessivi; edificando
enormi palazzi, ornati con ogni ricercatezza; con una moltitudine di servi al
seguito e accompagnati da una frotta di parassiti senza numero, ma si esaltano
anche, oltre natura, per le cariche a cui sono eletti. Se un popolo conferisce
una carica; se stima uno degno di una qualche preminenza e gli affida per
decreto la carica del comando supremo, a questo punto, coloro che hanno
ottenuto tale dignità, come balzando al di sopra della natura umana, si
considerano, come le nubi, al di sopra di tutti e stimano i loro sudditi come
polvere da calpestare e si esaltano nei confronti di quelli che hanno loro
conferito la dignità e si mostrano arroganti verso coloro mediante i quali
pensano di essere qualcuno.
Continuando ad
esercitare un potere con ogni follia, la loro gloria è più inconsistente di un
sogno e lo splendore che li avvolge è più vano di una fantasia notturna: a un
cenno del popolo è sorta, e ad un cenno è svanita.
Così era quel
folle del figlio di Salomone, giovane di età, ma ancor più giovane di senno. Al
popolo che gli chiedeva di governare con più moderazione, egli minacciò una
durezza ancora maggiore, e con la minaccia mandò in rovina il regno; per essa
si aspettò di venire considerato un re ancora più grande, per essa fu distrutta
la dignità che aveva.
Infondono un’eccessiva
fiducia nell’uomo anche la forza delle mani, la velocità dei piedi, la bellezza
del corpo: cose che sono divorate dalle malattie e consunte dal tempo. L’uomo
non percepisce che ogni carne è come l’erba e ogni gloria umana è come il fiore
dell’erba; l’erba si è seccata e il fiore è inaridito.
Tali furono le
arroganze dei giganti a causa della loro forza, e la convinzione dello stolto
Golia di poter combattere contro Dio. Tale fu Adonia, orgoglioso della sua
bellezza; tale fu Assalonne, superbo per la sua straordinaria capigliatura.
2. Ciò che
sembra essere poi il più grande e il più sicuro fra tutti i beni che gli uomini
possiedono, cioè la sapienza e l’intelligenza, anche questo è vana esaltazione
e conferisce una grandezza non vera.
Se si esclude
la sapienza che viene da Dio, tutte queste cose non servono a nulla.
Persino al
diavolo, infatti, non gli riuscì il sofisma che ideò contro l’uomo, e non si
accorse di aver ordito contro se stesso ciò che aveva escogitato contro l’uomo.
Non recò nessun grave danno a colui che egli sperava di allontanare da Dio e
dalla vita eterna. Tradì solo se stesso, poiché si ribellò a Dio e fu
condannato a una morte eterna. E poiché tese un laccio al Signore, a questo
laccio fu preso: fu crocifisso proprio quando era intento a crocifiggere, e fu
ucciso nell’istante in cui sperò di mettere a morte il Signore.
Ma se il
principe del mondo, il primo, supremo e invisibile sofista della sapienza
mondana è preso dai suoi sofismi e finisce nell’estrema stoltezza, quanto più i
suoi discepoli e seguaci: anche se comprendono un’infinità di cose,
dichiarandosi sapienti, sono diventati stolti. Il Faraone ordì con astuzia la
distruzione di Israele, ma non si accorse che la sua scaltra macchinazione era
stata vanificata là dove non avrebbe mai immaginato. Un fanciullo, abbandonato
a causa del suo editto di morte, fu allevato di nascosto nella casa del re e,
dopo aver distrutto la sua potenza e quella di tutto il popolo, condusse
Israele alla salvezza. E quell’omicida di Abimelech, figlio illegittimo di
Gedeone, che uccise i settanta figli legittimi: egli pensando che fosse un atto
sapiente, per rendere più sicuro il dominio sul regno, annientare coloro che lo
avevano aiutato nell’omicidio, fu annientato da loro, e finì per mano di una
donna e il lancio di una pietra .
Con astuzia,
anche tutti i Giudei presero la decisione di uccidere il Signore, dicendosi gli
uni gli altri: Se lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i
romani e distruggeranno il nostro Luogo e la nostra nazione. Da questa
decisione giunsero all’uccisione del Cristo. Con l’intento di salvare essi la
nazione e il paese, lo portarono alla rovina mediante ciò che avevano
deliberato; e furono scacciati dal paese e privati delle leggi e del culto.
Da una miriade
di esempi si può apprendere perfettamente che è inconsistente la brama della
sapienza umana: è piccola e infima, e non grande e sublime.
3. Così,
nessuno che ragioni bene, sarà orgoglioso, né della propria sapienza, né delle
altre realtà di cui abbiamo parlato prima; ma ubbidirà alle bellissime
esortazioni della beata Anna e del profeta Geremia: Non si vanti il sapiente
nella sua sapienza, non si vanti il forte nella sua forza, non si vanti il
ricco nella sua ricchezza.
Qual è allora
il vero vanto? In che cosa l’uomo è grande? In questo – dice – si vanti chi si
vanta, di comprendere e di conoscere che io sono il Signore. Questa è la
grandezza dell’uomo, questa la sua gloria e magnificenza: conoscere ciò che è
veramente grande, aggrapparsi ad esso e cercare la gloria che viene dal Signore
della gloria.
Dice poi
l’Apostolo: Chi si vanta, si vanti nel Signore; e afferma:
Cristo è
diventato per noi sapienza da parte di Dio, giustizia, santificazione e
redenzione, perché – come sta scritto – chi si vanta, si vanti nel Signore.
Il perfetto e
pieno vanto in Dio, infatti, si ha quando uno non si esalta per la propria
giustizia, ma riconosce di essere privo di vera giustizia, e di essere stato
giustificato dalla sola fede in Cristo. Anche Paolo si vanta di non tenere in
alcun conto la propria giustizia, per cercare invece quella che è mediante il
Cristo, la giustizia che è da Dio, basata sulla fede, per conoscere lui e la
potenza della sua risurrezione, e la comunione dei suoi patimenti,
conformandomi alla morte di lui, per giungere in qualche modo alla risurrezione
dei morti.
Qui viene meno
ogni orgogliosa grandezza. Nulla ti è rimasto per esibire la tua arroganza, o
uomo, che hai il vanto e la speranza nel mortificare tutto ciò che ti
appartiene e nel cercare in Cristo la vita futura: di essa possediamo le
primizie, già siamo in queste realtà, viviamo totalmente nella grazia e nel
dono di Dio.
Ed è Dio che
opera in noi il volere e l’operare secondo il suo beneplacito.
È Dio che
mediante il suo Spirito rivela che la sua sapienza è stata predestinata per la
nostra gloria.
È Dio che
concede la forza nelle fatiche: Ho faticato più di tutti – dice Paolo – non io
però, ma la grazia di Dio che è con me.
È Dio che
libera dai pericoli al di là di ogni speranza umana: Noi – dice – abbiamo avuto
in noi stessi la sentenza della morte, perché non mettiamo la nostra fiducia in
noi stessi, ma in Dio che ha risuscitato i morti. È lui che ci ha liberati da
una tale morte e ci libererà: abbiamo in lui questa speranza che egli ci
libererà ancora.
4. Allora
dimmi, perché ti esalti per i beni che hai come se fossero tuoi, invece di
rendere grazie per i doni a Colui che li ha elargiti? Che hai tu, infatti, che
tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché ti vanti come se non
l’avessi ricevuto?
Non tu hai
conosciuto Dio con la tua giustizia, ma Dio ha conosciuto te per la sua bontà:
Avendo conosciuto Dio – dice – anzi, essendo stati piuttosto conosciuti da Dio.
Non tu hai
afferrato il Cristo con la tua virtù, ma il Cristo ha afferrato te con la sua
venuta: Perseguo lo scopo – dice – se mai io possa afferrare come sono stato
afferrato dal Cristo.
Non voi avete
scelto me – dice il Signore – ma io ho scelto voi.
E tu, poiché
sei stato onorato, monti in superbia e accogli la misericordia come motivo
d’orgoglio?
Allora sappi
quello che sei!
Sei come
Adamo, cacciato dal paradiso; sei come Saul, abbandonato dallo Spirito di Dio;
sei come Israele, tagliato dalla radice santa : Per la fede – dice – tu resti
nella radice; non insuperbirti, ma temi!
Un giudizio si
accompagna ad una grazia e il giudice ti chiederà conto di come hai usato i
doni ricevuti.
Se però,
nonostante questo, non capisci che hai trovato grazia, ma al culmine
dell’incoscienza consideri la grazia come una tua personale opera buona, non
credere di valere di più del beato apostolo Pietro. Infatti non puoi superare
nell’amore verso il Signore colui che lo amava così intensamente che desiderava
morire per lui. Ma poiché con grande orgoglio disse: Se anche tutti saranno
scandalizzati a causa tua, io però non sarò mai scandalizzato, fu tradito dalla
paura per gli uomini e cadde nel rinnegamento. Poi rimediò alla caduta con
l’umiltà, e imparò ad avere compassione dei deboli scoprendo la propria
debolezza; e conobbe chiaramente, che come quando stava per essere sommerso nel
mare fu la destra del Cristo a sollevarlo, così quando rischiò di perire nei
flutti dello scandalo a causa della mancanza di fede, fu custodito dalla
potenza del Cristo, il quale gli predisse ciò che sarebbe accaduto, dicendo:
Simone, Simone, ecco che Satana vi ha reclamati per vagliarvi come il grano; ma
io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno; e tu, una volta
ravveduto, conferma i tuoi fratelli.
Con questo
avvertimento, Pietro fu aiutato nel modo giusto: poiché gli fu insegnato a
deporre l’arroganza e a usare misericordia verso i deboli.
Quel fariseo,
invece, duro e orgoglioso oltre misura, che non solo confidava in se stesso, ma
disprezzava anche il pubblicano davanti a Dio, perse la gloria della giustizia
per l’accusa dell’orgoglio. E il pubblicano se ne andò giustificato a
differenza di quello, poiché glorificò il Dio santo e non osò sollevare lo
sguardo; ma cercò soltanto il perdono, facendosi accusatore di se stesso
nell’atteggiamento, nel battersi il petto e nell’esclusiva ricerca del perdono.
Guarda dunque
e fa attenzione all’avvertimento del grave danno che procura l’orgoglio.
Insuperbendosi, il fariseo subì la perdita della giustizia; confidando in sé,
perse la ricompensa. Fu inferiore all’umile e al peccatore, poiché si considerò
superiore a lui; e non attese il giudizio di Dio, ma emise il proprio.
Ma tu non
esaltarti mai contro nessuno, neppure contro i grandi peccatori. Spesso
l’umiltà salva chi ha commesso molti e gravi peccati. Non ti considerare dunque
più giusto di un altro perché, giustificato dal tuo giudizio, tu non sia
condannato dal giudizio di Dio. Dice Paolo: Non giudico me stesso; non ho
infatti coscienza di nessuna colpa; ma non per questo sono giustificato. Il mio
giudice è il Signore.
5. Vuoi
comportarti bene? Ringrazia Dio e non esaltarti contro il prossimo: Ciascuno –
dice – esamini il proprio operato e allora troverà motivo di vanto solo in se
stesso e non in un altro. Infatti, che vantaggio hai recato al prossimo per
aver testimoniato la fede, o per aver sofferto l’esilio per il nome del Cristo,
o per aver perseverato nelle fatiche del digiuno? Non è di altri il guadagno,
ma tuo.
Temi di cadere
come cadde il diavolo. Egli si innalzò contro l’uomo e cadde per mano di un
uomo; e fu calpestato da colui che era stato calpestato.
Fu simile
anche la caduta degli Israeliti. Si esaltarono infatti contro le genti,
considerandole impure; e proprio loro divennero impuri, mentre le genti furono
purificate. La loro giustizia divenne come panno di donna che ha le
mestruazioni, mentre l’iniquità e l’empietà delle genti furono cancellate in
virtù della fede.
Ricorda sempre
la verità del proverbio che dice: Dio resiste agli orgogliosi, ma agli umili dà
grazia.
Sempre tieni
in mente la parola del Signore: Chi si umilia sarà innalzato, e chi si innalza
sarà umiliato.
Non essere un
giudice parziale di te stesso e non stimarti in modo lusinghiero; ciò avviene
se pensi di avere qualcosa di buono e lo calcoli con precisione, mentre di
proposito dimentichi i tuoi peccati. Non esaltarti per le opere buone di oggi,
approvando te stesso per il male fatto di recente e in passato; ma quando il
presente ti innalza, il passato ti spinga al ricordo e plachi l’insensato
orgoglio.
E se ti capita
di vedere da vicino chi commette un peccato, non guadare solo questo di lui, ma
considera anche quanto ha fatto o fa di bene, e, esaminando ogni aspetto e non
soffermandoti sui dettagli, spesso scoprirai che egli è migliore di te. Neanche
Dio, infatti, esamina l’uomo in modo parziale: Io infatti – dice – vengo a
riunire le loro opere e i loro pensieri; e un giorno, rimproverando Giosafat
per il peccato appena commesso, gli ricordò anche le opere buone, dicendo:
Tuttavia in te si sono trovate cose buone.
6. In ogni
momento cantiamo a noi stessi queste e simili cose riguardo all’orgoglio,
abbassando noi stessi per essere innalzati, imitando il Signore che è disceso
dal cielo fino all’estrema umiltà, per essere dall’umiltà elevati alla giusta
altezza.
Troviamo,
infatti, nella vita del Signore ogni insegnamento sull’umiltà. Da bambino,
subito, è in una grotta; e non in un letto, ma deposto in una mangiatoia; abita
nella casa di un carpentiere e di una madre povera, sottomesso alla madre e al
suo promesso sposo; impara, ascoltando ciò che non aveva bisogno di apprendere,
e per le domande che pone e per le risposte che dà, stupisce per la sua
sapienza. Si sottomette a Giovanni, e il Sovrano riceve il battesimo dal servo.
A nessuno si oppone di quanti insorgono contro di lui; e non ricorre al suo
ineffabile potere, ma cede come se fossero più forti di lui e fornisce a un
potere limitato la forza ad esso proporzionata. Sta di fronte ai sommi
sacerdoti come uno che è giudicato; è condotto al cospetto del governatore,
sostiene il giudizio, e potendo accusare chi gli muoveva false accuse, sopporta
in silenzio i calunniatori. Servi e schiavi vilissimi gli sputano addosso; è
messo a morte, e alla morte più infame presso gli uomini.
Così, tutto
mostrò all’uomo, dall’inizio alla fine; e da ultimo, dopo una così grande
umiltà, manifesta la gloria, glorificando assieme a sé coloro che hanno avuto
parte al suo disonore.
I primi di
essi furono i beati discepoli, che percorsero la terra poveri e nudi, non con
sapienza di linguaggio, non con una moltitudine di seguaci; soli, erranti,
solitari, attraversarono la terra e il mare; furono flagellati, lapidati,
perseguitati e infine uccisi.
Questi sono
per noi i paterni e divini insegnamenti. Imitiamo costoro, per giungere noi
dall’umiltà alla gloria eterna, che è il dono perfetto e vero del Cristo.
7. Come
giungeremo dunque alla salutare umiltà, dopo aver abbandonato il tumore
distruttivo dell’orgoglio?
Se la
eserciteremo in tutto, e in nulla la trascureremo, per non subirne un danno.
L’anima, infatti, assomiglia alle opere e riceve l’impronta e la forma di ciò
che fa. Esercita dunque in tutto la povertà: nell’abito, nel vestito, nel
camminare e nello star fermo, nella preparazione dei cibi, nella preparazione
del letto, nella casa e negli arredi della casa. Anche nella parola, nel canto,
e nel rapporto con il prossimo, guarda che tutto si realizzi nell’umiltà
piuttosto che nella superbia.
Che io non
senta, nei discorsi, millanterie da sofista, né voci eccessivamente voluttuose
nei canti, e neppure discussioni sprezzanti e violenti; ma in tutto e per tutto
elimina la superbia.
Sii buono con
l’amico, dolce con i familiari, paziente con gli sfrontati, amante dei poveri;
consolatore degli afflitti, attento a quelli che soffrono; mai indifferente con
nessuno; dolce nel rivolgere la parola, garbato nel rispondere, generoso,
affabile con tutti.
Non elogiarti
e non permettere che altri ti elogino, non prestare fede a una parola di
adulazione, e nascondi per quanto possibile i tuoi successi.
Accusa te
stesso dei tuoi peccati e non attendere che siano gli altri a rimproverarti;
per assomigliare a quel giusto, che avendo in tribunale il diritto a parlare
per primo, accusò se stesso; per essere come Giobbe che non ebbe timore di
confessare il proprio peccato davanti all’intera città.
Non essere severo nelle minacce,
né impulsivo; non rimproverare mosso da passionalità - questo infatti è un
comportamento arrogante; non condannare per cose da nulla come se tu stesso
fossi giusto sotto ogni aspetto.
Accogli i
peccatori e rafforzali spiritualmente, come ammonisce l’Apostolo: guardando su
te stesso, per non cadere anche tu in tentazione.
Metti tanto
impegno per non essere glorificato dagli uomini, quanto gli altri per essere
glorificati, se ti ricordi del Cristo che ha detto che la deliberata
ostentazione davanti agli uomini e il bene fatto per essere da loro ammirati
comporta la perdita della ricompensa di Dio; dice, infatti: Hanno già ricevuto
la loro ricompensa. Non rovinare dunque te stesso per voler figurare davanti
agli uomini. Poiché Dio è acuto osservatore, tu ama la gloria che viene da Dio:
egli, infatti, concede la splendida ricompensa.
E se hai
ricevuto l’onore del primo posto e gli uomini ti rispettano e ti lodano?
Comportati
come coloro che stanno sottomessi, non dominando sulle porzioni del gregge –
dice – né secondo i principi del mondo, poiché il Signore ha comandato che chi
vuole essere primo, sia servo di tutti.
Insomma,
insegui l’umiltà come se fosse proprio la tua amante: Diventa suo amante, e ti
glorificherà.
Così
procederai sicuro verso la gloria, quella vera, quella che è fra gli angeli,
quella che è accanto a Dio. E il Cristo ti riconoscerà come suo discepolo
davanti agli angeli e ti glorificherà se diverrai imitatore della sua umiltà,
di lui, che ha detto: Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e
troverete riposo per le anime vostre.
A lui la
gloria e la potenza nei secoli dei secoli.
Amen.
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