Dalla Esposizione della Fede Ortodossa di san Giovanni Damasceno
Cap. XVII
INTORNO AL FATTO CHE
LA NATURA DELLA CARNE DEL SIGNORE
E LA VOLONTÀ SONO
STATE DIVINIZZATE
Bisogna sapere
che la carne del Signore è detta essere stata divinizzata ed essere diventata
identica a Dio e <anche> Dio, non per uno spostamento della natura, oppure
per un mutamento, o per un’alterazione, o per una confusione della natura,
<avvenendo> come dice Gregorio il Teologo: «dei quali l’uno divinizzò,
l’altro fu divinizzato» e «oso dire identico a Dio», e «ciò che unse diventò
uomo, e ciò che era unto diventò Dio». Infatti queste cose <avvennero>
non per spostamento della natura ma per l’unione provvidenziale – e cioè quella
secondo l’ipostasi, per la quale essa (163) fu unita inseparabilmente al Dio Verbo
–, e secondo la compenetrazione delle nature l’una nell’altra, come noi diciamo
anche in relazione all’incandescenza del ferro. E come noi confessiamo
l’inumanizzazione (164) senza spostamento o mutamento, così anche pensiamo che
sia avvenuta la divinizzazione della carne. Infatti, poiché il Verbo divenne
carne, non per questo uscì fuori dai confini della sua propria divinità né dalle
prerogative divine ad essa congiunte, e neanche la carne divinizzata si
allontanò dalla sua natura e dalle sue proprietà naturali. Anche dopo l’unione
le nature rimasero non confuse, e in tutte le loro proprietà. La carne del
Signore si arricchì delle operazioni divine a causa della purissima (165)
unione con il Verbo – e cioè quella secondo l’ipostasi –, e senza per nulla
soggiacere a una perdita delle cose a lei proprie secondo natura: infatti essa operava
le cose divine non secondo la sua propria operazione, ma a causa del Verbo
unito ad essa e mostrando egli attraverso di essa la sua propria operazione.
Così appunto il ferro incandescente brucia, non perché abbia acquistato per
ragione naturale l’operazione bruciante, ma perché ha ricevuto ciò dall’unione
con il fuoco.
Dunque la
carne era mortale per se stessa e invece era vivificante a causa dell’unione
con il Verbo secondo l’ipostasi. E similmente diciamo la divinizzazione della volontà
(166), non perché il movimento naturale si sia cambiato, ma perché <esso>
si è unito alla volontà divina e onnipotente di lui, e la volontà umana è
diventata volontà di Dio fatto uomo. Perciò pur volendolo per se stesso non
poté rimanere nascosto, poiché al Verbo Dio piacque che in lui fosse mostrata
realmente esistente la debolezza della volontà umana: e volendo operò la purificazione
del lebbroso a causa dell’unione con la volontà divina.
Bisogna anche
sapere che la divinizzazione della natura e della volontà è molto rivelatrice e
molto indicativa delle due nature e delle due volontà: infatti, come l’incandescenza
(167) non muta la natura di ciò che è stato infiammato in quella del fuoco, ma
mostra sia ciò che è stato infiammato sia ciò che ha infiammato, ed è
indicativa non di uno solo di essi ma di due, così anche la divinizzazione non
dà come risultato una sola natura composta ma le due nature e la <loro>
unione secondo l’ipostasi. Perciò Gregorio il Teologo dice: «Dei quali l’uno divinizzò,
l’altro fu divinizzato»: infatti, dopo aver detto «dei quali», indicò «l’uno» e
l’«altro».
Nessun commento:
Posta un commento