Venerabile Colombano di Bobbio, abate e
fondatore dell’abbazia di Luxeuil
21 novembre (4
dicembre)
San Colombano
del prof. Lorenzo
Dattrino
Per
quanto molto incerta, la data della nascita di s. Colombano viene per lo più
fissata attorno al 540. Entrato ancora giovane nell’abbazia di Bangor (Irlanda
settentrionale), vi rimase fino al 590 sotto la guida di s. Comgal. Quindi,
preso dal desiderio di peregrinare altrove per propagare il regno di Dio, si
avviò verso la Gallia, accolto benevolmente dal re Gontranno, che regnava nella
Borgogna. Ivi fondò successivamente tre monasteri: ad Annegray, a Luxeuil e a
Fontaine. Il più famoso divenne quello di Luxeuil. Questa cittadina, situata
nella Francia orientale ai piedi dei Vosgi e conosciuta già dai Romani col nome
di civica Lexoviorum, era stata
distrutta da Attila nel 450. quando s. Colombano vi costruì il suo monastero
nel 590 circa, anche la città risorse tutt’attorno. Da quella fondazione si
diffuse tutto un movimento di carattere spirituale, culturale ed economico. In
seguito, molti altri monasteri derivarono dal centro luxoviano, che poté così
offrire alla Chiesa un gran numero di vescovi. Particolare importanza ebbe lo scriptorium di Luxeuil per la formazione
delle scritture librarie “pre-caroline”. Come era avvenuto per la prima
fondazione, anche per molte altre, specie nella regione fiamminga, sorsero,
attorno ai vari monasteri, villaggi interi, destinati col tempo a divenire
città[1].
Verso
la fine dell’anno 612, con un piccolo gruppo di compagni, Colombano valicava le
Alpi e scendeva in Italia. Era oltre i settant’anni. Fu accolto con onore alla
corte di Agilulfo e di Teodolinda. Visse all’ombra di quella corte per quasi
due anni, dedicandosi ad attività missionarie e all’organizzazione monastica.
Ottenne infatti dai sovrani longobardi un vasto terreno in una zona solitaria
nell’alta valle della Trebbia (oggi in provincia di Piacenza), presso la
confluenza con il torrente Bobbio. Qui Colombano fondò un monastero del quale
poté aver cura per un anno solo: la morte lo sorprese nel 615.
Fin
dai primi anni della sua esistenza il monastero di Bobbio conobbe un periodo di
larga espansione, sotenuto com’era dalla solerzia dei primi monaci e dal favore
dei re longobardi (Agilulfo, Adaloaldo, ecc.). Nel 774, com’è noto, alla
dominazione longobarda succedeva quella dei Franchi, con Carlo Magno. Il nuovo
sovrano fu consapevole del prestigio di cui godevano i monaci di s. Colombano
presso la popolazione, come pure dell’influenza e dell’equilibrio rappresentato
dall’attività del monastero di fronte allo stato di cose che si era verificato.
Oltre a nuove donazioni, egli pure concesse intero il suo appoggio.
In
questa continua ascesa, Bobbio si era ormai imposto come centro di grande
attrazione, non solo nel campo spirituale, ma anche in quello politico ed
economico. Il merito deve essere attribuito non solo ai degni abati successori
di Colombano, ma anche allo zelo e all’energia dei religiosi stessi.
Con
la fondazione dell’abbazia, s. Colombano si era premurato di arricchirla di una
biblioteca, che diventerà celeberrima. Egli contribuì alla sua costituzione,
sia con un numero considerevole di codici portati dai monaci irlandesi, sia con
l’istituirvi, come già a Luxeuil, una scuola di trascrizione (scriptorium) di opere classiche e
patristiche. Così Bobbio divenne un centro notevole di cultura, con una delle
più ricche biblioteche di quell’epoca.
Nel
porre le basi del nuovo cenobio, Colombano diede alla sua comunità, formata
quasi interamente di monaci venuti con lui dall’Irlanda e dalla Francia, quei
precetti di vita ascetica che egli era venuto maturando nel corso delle sue
esperienze precedenti, specialmente in Gallia. Queste norme sono divise in tre
sezioni. La prima, fondamentale, è costituita dalla cosiddetta Regula monachorum[2], la seconda è
formata dalla Regula coenobialis[3], la terza dal Poenitentiale[4].
La regola di
s. Colombano, ispirata da un temperamento energico, e diffusa nell’atmosfera
irlandese, sotenuta già per natura dall’ardore e dalla costanza, richiama le
austerità dell’ascesi dell’Alto Egitto: povertà, rigida severità
nell’abitazione, restrizioni nel sonno e nel cibo; isolamento, silenzio,
obbedienza assoluta all’abate, ecc. A fianco di queste austerità, prese origine
e sviluppo nei monasteri d’Irlanda la confessione delle colpe, anche
quotidiana, intesa non soltanto come espressione di umiltà spontanea, ma
associata al vero e proprio sacramento
della penitenza. In questo consiste il fatto nuovo o che per lo meno diventa
generale, in quanto applica anche ai laici che vengono a chiedere all’abate o
ai preti in che modo è possibile espiare le proprie colpe[5].
Durante il
secolo VII anche a Bobbio si adottò la regola benedettina[6].
Questo nuovo orientamento non avvenne certo in forma di imposizione, ma
lentamente e progressivamente. Del resto, a Bobbio rimaneva sempre il ricordo e
il culto per il santo e grande fondatore, tanto da non fare dimenticare
facilmente l’insegnamento e gli esempi da lui lasciati.
Da: L. DATTRINO, Il primo
monachesimo, Roma, 1984, 65-67.
Tropario, tono 5
In te si vanta l’Irlanda, o Colombano venerabile, per averti dato i natali e cresciuto uomo, essa che ha visto per prima le tue lotte ascetiche. E in te gioisce la terra di Francia, perché l’hai adornata di monasteri, come d’un diadema di gemme preziose. E al loro coro si unisce la terra d’Italia, che celebra la tua onorata memoria come un incontro, per mezzo del quale passasti dalla terra natia alla patria celeste.
Kontakion, tono 3: su: “Oggi la Vergine ...”
Oggi Colombano si è riposato dalle sue fatiche ed è entrato nella gioia del trascendente Signore. Con gli angeli e tutti i santi egli ora sta, innalzando la sua voce nella lode, dando gloria a Colui che è nato dalla Vergine, il Dio pre-eterno.
San Colombano a Bergamo
Il cristianesimo celtico, attraverso il monachesimo irlandese, ha lasciato tracce profonde in provincia di Bergamo, tracce che giungono fino ai nostri giorni, e ciò non solamente nella toponomastica.
Sul nostro territorio sono dedicate a San Colombano due chiese, quella del borgo di Valtesse (aggregato a Bergamo dal 1927) e quella di Parzanica, sulla sponda bergamasca del lago d’Iseo: la prima, che risale all’XI secolo, un tempo si chiamava S. Colombani de Tegete (vedi), ed è sorta suoi resti dell’omonimo antico monastero longobardo fondato dai monaci di Bobbio, che successivamente passò ai Benedettini Celestini; della seconda l’archivio andò completamente distrutto nel 1700.
Per approfondire consigliamo la lettura di:
Silverio Signorelli, Sulle orme di San Colombano - Ripercorso storico da Valtesse a Bergamo, all’Italia, all’Europa sulle tracce d’una migrazione monastica medioevale, Bergamo - Grafital, 2008.
[1] Cfr. Mélanges colombaniens (Actes du Congrès internat. de Luxeuil, 20-23
luglio 1950), Paris ,
s.a.
[2] È
articolata in dieci capitoli: 1) L’obbedienza; 2) Il silenzio; 3) Cibo e
bevanda; 4) Povertà e repressione dell’avidità; 5) Repressione della vanità; 6)
La castità; 7) I tempi successivi per la recita dei Salmi; 8) La discrezione;
9) La mortificazione; 10) La perfezione del monaco. (Il testo critico, con
traduzione in lingua inglese, è stato pubblicato da G. S. M. WALKER, Sancti Columbani opera, Dublino 1957,
122-142).
[3]
Questa seconda parte tratta di norme piuttosto pratiche, con particolari più o
meno dettagliati, relativi alla vita di ogni giorno, con riferimenti anche alle
sanzioni per le possibili infrazioni (cfr. G. S. M. WALKER, op. cit., 142-168).
[4] La
terza parte stabilisce le penitenze per le colpe maggiori (cfr. G. S. M. WALKER,
op. cit., 168-181. Molto utile anche
J. LAPORTE, Le penitentiel de saint
Colomban, Introduct. et èdition critique, Tournai – Paris – Rome – New York
1958).
[5] J.
DANIÉLOU, Nuova Storia della Chiesa,
I, Torino 1970, 522-523.
[6]
Forse, almeno secondo l’opinione di qualche studioso, prima dell’adozione della
regola di s. Benedetto, vi fu l’immissione della “Regola del Maestro”… comunque
V. POLONIO, nell’opera Il monastero di
san Colombano dalla fondazione all’epoca Carolingia, Genova 1962, così
spiega le probabili ragioni di questa nuova adozione: “La regola del fondatore
provvedeva alla spiritualità del monastero e dava le direttive generali per la
fondamentale attività dei monaci. Ciò che invece essa non precisava era quanto
si riferiva alla organizzazione interna del convento, all’amministrazione,
all’elezione dell’abate, a tutto ciò che una comunità richiedeva per una vita
ordinata […]. La discrezione dell’abate era sufficiente” (p. 77). Queste ragioni
sono certamente buone. Va aggiunto però che un tale mutamento trova una ragione
anche più plausibile nel fatto che, col tempo, a Bobbio finì per prevalere l’elemento italico.
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