martedì 4 dicembre 2012

Omelia I di san Germano



Omelia I per l’Ingresso della santissima Madre di Dio

di san Germano patriarca di Costantinopoli

 

 

Invito a celebrare la festa

1. Ogni divinissima festa, la volta che sia celebrata, riempie spiritualmente di gioia i fedeli attingendo da tesori e sorgenti provenienti da Dio. Ma quella che è ora celebrata, attirando gli animi come iniziatrice dei misteri, di tanto risplende maggiormente e al di sopra di tutte, per quanto è a tutti superiore la primeggiante figlia di Dio. Di lei infatti ricorre l’annuale sacrissimo convito, i cui partecipanti debbono essere immuni dal male.

E voi, se vi piace, accompagnatemi benevolmente con pensieri purissimi ed essendo ricoperti di risplendenti ornamenti. Insieme corriamo a raccogliere gli amati fiori del prato che è proprio della Madre di Dio. Cospargiamo di unguenti odorosi la sua bellezza come di boccioli dal colore di rosa che irrompe piena di profumi, come è stato bellamente composto in versi da Salomone che nel Cantico dichiara: «Chi è questa che sale dal deserto, come una colonna di fumo esalante profumo di mirra e d’incenso da ogni polvere di profumiere?» (Ct 3, 6). «Vieni qui dal Libano, o mia sposa, vieni dal Libano» (Ct 4, 8). Perciò scambievolmente esortandoci andiamo alacremente alla salutare e a tutti benefica solennità della Madre di Dio, e inginocchiatici dinanzi al penetrale guardiamo verso la fanciulla che si avanza verso la seconda cortina, Maria, la purissima Madre di Dio, colei che ha posto fine alla privazione della sterilità e con la grazia del suo parto ha superato l’ombra della lettera della Legge (cf. Rm 2, 29).

 

A tre anni Maria è introdotta nel  tempio

            2. Infatti oggi compiendo tre anni si avanza per essere consacrata al tempio stabilito dalla Legge, ella che sola è detta tempio immacolato e supremo del Signore sommo sacerdote e fra tutti primo autore dei misteri, ella che nel suo proprio fulgore di splendore divinamente lampeggiante ha aperto l’oscurità che era nella lettera. Oggi l’infante è consegnata al sacerdote, ella che a quaranta giorni consacrerà il Dio unico sommo sacerdote (cf. Lc 1, 22ss.), diventato per noi infante secondo la carne, mentre reggerà con le sue braccia colui che è infinito, al di sopra di ogni umano pensiero. Oggi il volume senza macchie, nuovissimo e purissimo, destinato non ad essere scritto dalla mano dell’uomo ma ad essere rivestito di oro dallo Spirito, è offerto in dono di ringraziamento santificato dalle benedizioni secondo la Legge...

Oggi Gioacchino, essendosi deterso dalla vergogna della mancanza di figli, orgogliosamente si avanza per mostrare apertamente per le strade la sua propria prole, e a sua volta si manifesta come conduttore del rito secondo la Legge. Oggi anche Anna, che ha scambiato la continua sterilità con una felice fecondità, divinamente invasa da gioia infinita, avendo stretto al petto colei che è più grande dei cieli, annunzia pubblicamente fino ai confini della terra di aver ottenuto una prole. Oggi la porta del tempio divino, spalancata, riceve la sigillata porta dell’Emmanuele (cf. Ez 44, 1-3) che entra rivolto verso l’Oriente. Oggi la sacra tavola del tempio incomincia a risplendere, essa che ha assunto il passaggio a riti incruenti, mediante la partecipazione e il dolcissimo abbraccio del culto divino della tavola che regge il pane celeste e vivificante. Oggi è offerta al propiziatorio colei che sola è stata detta nuovo divinissimo e purissimo propiziatorio, non costruito dalla mano dell’uomo (cf. Eb 9, 11), a favore dei mortali abbattuti dalle correnti dei peccati spinte di traverso. Oggi colei che con la consacrazione dello Spirito è destinata a ricevere il Santo dei santi in modo santissimo e glorioso, con una consacrazione più eccelsa di quella del santo santuario, in età semplice ed inesperta di male è elevata e collocata in modo mirabilissimo al di sopra della gloria dei cherubini.

 

Maria, degna di lode

3. Oggi Maria, intorno alla quale chi pur dica innumerevoli cose tuttavia non riuscirà a tenere dietro al suo desiderio né tanto meno lo realizzerà, oggi suscita le sue lodi per essere stata elevata per bellezza al di sopra di ogni lingua e di ogni mente, in modo stupefacente. La goccia celeste da lei generata - immenso mare - rese manifeste le sue grandezze. In grazia di questa, la grandezza di lei è diventata incomprensibile per infinità e inesauribile è la gioia che proviene da lei. Infatti a tutti è possibile saziarsi in tutte le cose; ma nei canti e nelle feste in onore di lei il convito è inesauribile per dolcezza. Perciò le sorgenti delle lodi che prendono inizio da lei non possono essere disseccate: e poiché la fonte è ricca né diminuisce per l’uso (cf. Gv 4, 14) ma invece s’ingrossa per cento e per mille in più di quanto se ne prende, non è possibile che coloro che ne attingono giungano alla fine. Infatti nella grande misericordia il mistero trabocca e crescendo […]

 

Gioia e esultanza di Anna

5. Quindi, dopo che ella, la nutrice della nostra vita, era stata nutrita con il latte, i suoi genitori portano a compimento il tempo a cui si erano obbligati con voto. Infatti, dopo aver riunito le fanciulle che intorno dimoravano, dice che procedano innanzi recando le fiaccole per modo che lei segua dietro, affinché rallegrata dallo splendore delle luci ella cammini senza girarsi.

Ed Anna, prima sterile ed infeconda, profetizzò, stendendo a Dio la sua mano e gridando chiaramente a grandissima voce: «Orsù - dice -, voi tutti uomini e donne raccolti per questa nascita, ancora di più gioite con me che ora offro al Signore la figlia delle mie viscere in dono consacrato e splendente di luce divina. Orsù, capi del coro, insieme ai cantori ed alle suonatrici di timpano date inizio soavissimamente intonando un canto nuovo ed inaudito, precedendovi non Maria sorella di Mosè (cf. Es 20-21) ma guidandovi colei che è nata da me.

Voi tutti, vicini ed estranei, che venite dietro a me che, avendo felicemente generato, ho reso grazie con grandissima riconoscenza ed ora rimetto lietamente ai santi il frutto delle mie doglie, orsù, elevate gloriosamente canti ispirati da Dio. E voi, schiera dei profeti, istruendo la scelta raccolta con le splendenti lodi a voi ispirate dallo Spirito di Dio, intonate l’inno. Infatti, dove risuona una parola di eco profetica, là si spegne ogni più contrario grido funesto.

6. E tu, Davide proavo di lei e progenitore di Dio, melodiosamente pulsando l’arpa a dieci corde (cf. 1 Sam 16, 23), orsù, falla risuonare ancora più armoniosamente con le corde dello Spirito attraverso la tua bocca ispirata da Dio, chiaramente raffigurando una schiera di fanciulle, così come «al Re saranno condotte fanciulle dietro di lei, le sue compagne gli saranno presentate» (Sal 45, 15). Ecco, infatti, la moltitudine delle giovani forma il coro per le vie e la figlia del Re è condotta nel sacro edificio, nel santo tempio, essendo destinata a dar compimento al tuo vaticinio, lei, la mia bambina regalissima che tu chiami figlia: «Infatti tutta la gloria della figlia del Re - tu dicesti in simil modo suonando la cetra - dentro, in frange d’oro» (Sal 45, 14), rivestita di purezza incontaminata ed incorruttibile, e variamente ornata di incomparabile bellezza. Vieni qui, o Davide che fai risplendere la luce dell’alba: «Chi è costei che spunta come aurora, bella come la luna, splendente come il sole?» (Ct 6, 10). «Quanto sono belli i tuoi piedi nei sandali» (Ct 7, 1). «Quanto sei diventata bella e soave» (Ct 7, 7), tu che sei rivestita di sole e porterai una nuova meraviglia sotto il sole.

Sii presente, o Ezechiele dall’alta voce, che reggi proveniente da Dio il libro dello Spirito vivificante, e gridi la lode alla porta sigillata rivolta verso l’Oriente e conduttrice verso Dio (cf. Ez 7, 9). E se c’è qualche altro - a due a due - dell’ordine sacramentale scelto, oppure tutto il restante gruppo dei veggenti, suvvia acclamate, vedendo avanzarsi il compimento di ciò che è stato profetizzato. E che? Voi, prima progenitori che state per essere liberati dalla maledizione e state per riottenere la sede delle delizie dalla quale foste scacciati (cf. Gn 3, 23), forse non innalzerete inni alla causa della vostra salvezza, con elogi convenienti e lodi grandissime? O forse se non è lecito a voi innalzare la voce, e non è lecito che io la innalzi con voi e che tutta la creazione esulti insieme con noi?» (cf. Rm 8, 19-22).

 

La soglia del tempio è santificata da Maria

7. Con queste considerazioni, come era conveniente, la saggia Anna adeguandosi al passo e con lei il dolcissimo marito insieme alle fanciulle portatrici di fiaccole accompagnano colei che è nata da loro, raggiungono il tempio, e quindi si aprono le porte per accogliere la spirituale porta di Dio l’Emmanuele, e la soglia è santificata dalle orme di Maria. Il tempio è illuminato dalle fiaccole, ma ancora di più esso risplende di luce abbagliante per l’arrivo di una sola fiaccola: il suo splendore è ancora più abbellito dall’ingresso di questa. I rivestimenti dei corni dell’altare (cf. Ez 27, 2) si imporporano per la sua virginea e purpurea veste. Gioisce Zaccaria  che è stato giudicato degno di accogliere la Madre di Dio; si rallegra Gioacchino davanti che con il compimento della sua offerta testimonia l’avveramento dei vaticini. Esulta Anna per la consacrazione del suo rampollo; tripudiano i primi progenitori che si sottraggono alla chiusura della condanna; si compiacciono i profeti, e insieme a loro gioiosamente balza fuori tutta la schiera di coloro che sono in grazia.

 

I genitori affidano la figlia al sacerdote

8. Dunque la figlia di Dio così è introdotta, e sta ferma ai corni dell’altare dopo che i genitori hanno pregato e mentre il sacerdote si accinge a benedire. Ma di nuovo i genitori gridano al sacerdote: «Ricevi colei che è destinata a ricevere il fuoco immateriale e incomprensibile; ricevi colei che sarà il ricettacolo del Figlio e Verbo del Padre ed unico Dio, prendi colei che ha annullato la vergogna della nostra infecondità e della nostra privazione. Porta all’altare colei che sta per introdurci nell’antico pascolo del paradiso; prendi in tuo potere colei che nel suo proprio parto assoggetterà il dominio dell’inferno e la forza della morte che a noi reca timore. Cingi con le braccia colei che intorno copre la nostra natura che nell’Eden fu denudata; prendi la mano di lei, che avvolge in fasce colui che porrà fine alla nostra mano intemperante e violenta che si è orgogliosissimamente protesa. Consacra a Dio colei che consacrerà noi, lei che è compimento divino dell’attesa delle nostre speranze.

Guarda, Signore, guarda. Prendi colei che tu hai dato; ricevi colei che tu hai donato; accogli colei che tu ci hai assegnato per sciogliere la nostra sterilità. Tu, che per mezzo di lei condanni l’infecondità della Legge, tu attraverso di lei ci hai riscattato dal perpetuo spavento: prendi costei che ha bene provveduto a noi e che tu stesso hai prescelto, hai predestinato e hai santificato. Stringi colei che si appoggia a te, che è affascinata dal tuo odore, e che dalle foglie spinose (cf. Gn 3, 18) della nostra indegnità tu hai scelto come giglio; con lietissimo viso prendi fra le braccia colei che ti è offerta. Ecco, a te noi consacriamo lei e consacriamo anche noi stessi».

 

Discorso di Zaccaria a Gioacchino ed Anna

9. Queste furono le concordi parole dei giusti, queste le voci della coppia coniugale cara a Dio, questa la ben composta consacrazione dei progenitori di Dio. E quindi Zaccaria, accolta la fanciulla, così è verosimile che dica dapprima ai genitori: «O autori della nostra salvezza, che cosa io vi dirò? Come vi chiamerò? Io rimango stupito nel vedere quale frutto avete portato. Di tale valore è infatti chiunque per la sua purezza attiri Dio ad abitare in lei. Non è mai nata, né mai nascerà alcuna donna che risplenda per una tale bellezza. Voi apparite come i due fiumi raddoppiati che scaturiscono dal paradiso (cf. Gn 2, 10-15), portando una fiaccola superiore all’oro ed alla pietra preziosa, la quale illumina tutta la terra con la bellezza della sua immacolata verginità e con i suoi rugiadosi fulgori.

Voi siete stati riconosciuti come astri lucentissimi, in qualche modo inseriti nel firmamento, mentre ciascuno di voi serenamente illumina la buia ombra della lettera oscura e della Legge tempestosa e saggiamente guida senza inciampo i credenti in Cristo alla nuova grazia della recente luce.

Voi siete stati riconosciuti come corni splendentissimi del tempio spirituale della Nuova Alleanza, contenendo nelle vostre viscere il santificato altare della sacra vittima, spiritualissimo e a Dio consacrato. Voi, se non è di poco conto dirlo già in anticipo, mediante la vostra cura del sacerdote reggitore del mondo siete stati riconosciuti in modo misteriosissimo anche come i cherubini che circondano il propiziatorio (cf. Es 25, 18ss.). Più che l’oro anticamente lavorato a rivestimento dell’arca (cf. Es 25, 10) voi appariste a tutt’intorno ricoprire l’arca spirituale e divina di colui che nella croce ha sottoscritto la nostra liberazione. La vostra gioia è gioia dell’universo, la vostra gloria è detta letizia per tutti.

Beati voi, che siete diventati genitori di tale figlia! Benedetti voi, che avete presentato al Signore tale dono benedetto! Felici le mammelle dalle quali ella fu nutrita, e felice il seno dal quale ella è stata portata! (cf. Lc 11, 27).

Indirizzo di saluto di Zaccaria a Maria bambina

10. Vieni qui anche tu, fanciullina più alta dei cieli. Vieni qui, tu che sei vista come bambina e con la mente sei conosciuta come officina divina. Vieni qui, santifica ancora di più il vestibolo del santuario: infatti, per dirla ancora in una parola, non tu sei santificata, ma piuttosto sei tu che assai lo santifichi.

Vieni qui, piegati verso il penetrale e verso la cella che incute tremore, tu che diventerai tesoro immenso e imperscrutabile. Entra nel vestibolo dell’altare, tu che infrangi il vestibolo della morte. Guarda dentro, verso il velo (cf. Es 26, 31ss.), tu che con il tuo fulgore illumini coloro che sono accecati dal gusto oscurante. Porgi le mani a me che ti conduco come una bambina, e prendi la mano, a me che sono stanco per la vecchiaia e mi sono piegato alla trasgressione del comandamento per ardore terreno, e conducimi alla vita. Ecco, io ti tengo come piccolo bastone della vecchiaia e ristoro della natura indebolita dalla caduta. Ecco, io vedo te che diventerai sostegno di coloro che sono caduti verso la morte. Accostati a venerare la mensa, per la quale in molti simboli è stato detto che essa ha profetizzato te, mensa spiritualissima ed incontaminata. Cammina attraverso tutto il recinto dell’altare poiché, spirando odore d’incenso (cf. Es 30, Iss.), sei diventata più che profumo per coloro che ne aspirano l’olezzo, tu che egregiamente sei stata proclamata turibolo della lingua ispirata da Dio e dei profeti portatori dello Spirito.

Sali, sali sul gradino della sacra dimora. Compiacendosi per la freschezza della tua beltà le figlie di Gerusalemme tessono gioiose la lode e i re della terra ti dichiarano beata: tu che sei stata riconosciuta divino fondamento e nel modo più soave sei stata indicata al patriarca per eccellenza Giacobbe come scala sostenuta da Dio (cf. Gn 28, 12ss.). Vieni, o Signora, poiché poggiare su tale piedistallo si addice a te che sei regina e sei glorificata al di sopra di tutti i regni. Il luogo consacrato conviene per abitazione a te che sei trono più alto che i cherubini. Ecco, poiché tu sei regina dell’universo, a te io ho attribuito degnamente il primo seggio; ma orsù, solleva tu stessa coloro che sono giù precipitati. E quindi ora insieme a Davide io grido: «Ascolta, o figlia, guarda e china il tuo orecchio, dimenticati della tua gente e della casa di tuo padre, ed il Re bramerà la tua bellezza» (Sal 45, 11ss.).

11. Il vecchio così si comportava, anche se nella sua intenzione con lodi più numerose di queste. I genitori si mossero, e la figlia consacrata a Dio fu lasciata. Con tremore gli angeli la servivano per il ministero delle vivande, e la fanciulla si cibava da esseri immateriali con nutrimento (non sappiamo se) materiale o immateriale. Così attraverso un adempimento che proveniva da Dio si compivano i riti della divina iniziazione, così la bambina cresceva e si rafforzava, ed invece perdeva forza tutta l’avversità della maledizione a noi data nell’Eden (cf. Gn 3, 16ss.).

 

Salutazione a Maria

12. Ma orsù appunto, o cara adunanza in onore di Dio, a voce unanime rivolgiamo 1’Ave alla Regina (cf. Lc 1, 28) con quanta forza è possibile al nostro pensiero infantile, pur non potendo celebrare perfettamente la sua festa: ma tuttavia incoraggiamo la nostra debolezza per quanto è possibile, poiché è caro a Dio ciò che si fa secondo la propria capacità. Infatti ella che sola è stata dichiarata vergine e madre, è superiore ad ogni pensiero, e ben chiaro ne è il motivo. Infatti quale vergine ha mai generato, o dopo aver generato ha conservato inviolata la verginità? Chi, se non tu sola, tu che senza mutazione hai partorito per noi Dio nella carne, o fanciulla beatissima?

13. Ebbene Ave, o tu che oggi nel tuo ingresso nel Santo dei Santi hai posto una veste purpurea veramente rivestita da Dio addosso a noi, che nell’Eden eravamo stati denudati dell’indumento glorioso e non tessuto da mano umana (cf. Gn 3, 17) a causa del cibo apportatore di morte e bruciatore delle anime: tu, o Sposa di Dio, che sei la remissione dei peccati (cf. El 1, 7) donata da Dio a noi insozzati di fango. 

Ave, tu che oggi al primo inizio della splendidissima e veneranda Presentazione raduni tutta la schiera dei profeti, i quali con cimbali dal bellissimo suono come armoniosi strumenti intonano l’inno dalla voce divinissima e conducono la danza in letizia a guida delle anime.

14. Ave, tu che con la cadenza dei tuoi passi hai calpestato il diavolo, il diabolico serpente dalla mente tortuosa e odiatore del bene, che per me è stato nefasta guida verso la disobbedienza (cf. Gn 3, 1-13): tu che hai preso come compagna di strada la natura corruttibile che si era mostrata facile alla caduta, per ricondurla di nuovo verso il tabernacolo immateriale e santo che non conosce vecchiaia.

Ave, tu che con le fiaccole della tua Presentazione hai fatto risplendere luminosamente il giorno della gioia e dell’esultanza (cf. Sal 45, 15) su coloro che erano conficcati nell’ombra della morte e nell’abisso dell’impotenza, ed hai garantito che per mezzo tuo sarebbe stato deciso da Dio il dissolvimento delle tenebre, o Maria mirabile al di sopra di tutto.

Ave, o tu che sei nuvola (cf. Es 19, 16) che fa distillare su di noi la divina rugiada spirituale (cf. Es 16, 13), tu che con il tuo odierno ingresso nel Santo dei Santi hai fatto sorgere il sole splendidissimo su coloro che erano trattenuti nell’ombra della morte: sorgente piena di Dio, da cui i fiumi della conoscenza di Dio, versando la limpidissima e rilucente acqua dell’ortodossia, distruggono la turba delle eresie.

15. Ave, soavissimo e spirituale paradiso di Dio, piantato oggi verso l’Oriente dall’onnipotente destra della sua volontà (cf. Gn 2, 8) e germinante a lui il giglio odoroso e la rosa che non appassisce - a vantaggio di coloro che, rivolti all’Occidente, hanno bevuto il pestilenziale amaro della morte distruttore delle anime -, mentre in esso fiorisce il legno vivificante per la conoscenza della verità, e coloro che ne gustano diventano immortali.

Ave, tu che sei la reggia incontaminata e purissima di Dio Re dell’universo, sacralmente costruita, essendo tu circondata dalla sua maestà e ristorando tutti ospitalmente con il mistico godimento di te stessa: tu ora ti stabilisci nella dimora del Signore - e cioè nel suo santo tempio -, mentre in te si trova, variamente ornato e non costruito da mano umana, il talamo dello sposo spirituale (cf. Sal 19, 6) ed in te il Verbo, volendo riportare sulla strada l’errante, si è coniugato alla carne per riconciliare (cf. Rm 5, 10) coloro che per propria volontà si erano già separati.

16. Ave, nuova Sion e divina Gerusalemme, santa «città di Dio grande Re, nelle cui torri Dio si fa conoscere» (Sal 48, 3ss.), facendo piegare i re nella venerazione della tua gloria e disponendo tutto il mondo a celebrare in esultanza la solennità della tua Presentazione: tu sei realmente candelabro a sette lumi (cf. Es 25, 31), aureo e splendente, acceso dalla fiamma intramontabile, che è alimentato dall’olio della purezza e garantisce lo spuntare della luce a coloro che sono ciechi per la tetra oscurità (cf. 2 Pt 2, 4) dei peccati.

Ave, monte di Dio fertilissimo ed ombroso (cf. Sal 68, 16): essendosi nutrito in esso, l’agnello spirituale si addossò i nostri peccati e le nostre infermità; rotolando giù da esso la pietra non tagliata da mano umana schiacciò gli altari degli idoli (cf. Dn 2, 34) e «diventò testata d’angolo, meraviglia agli occhi nostri» (Sal 112, 22ss.).

17. Ave, tu che sei santo trono di Dio, offerta divina, casa della gloria, splendore bellissimo, scelto gioiello, universale propiziatorio e «cielo che narra la gloria di Dio» (Sal 19, 2), Oriente che fa spuntare una luce che non tramonta: di questa «la partenza è da un estremo del cielo e nessuno di coloro che sono mai nati è fuori dal suo calore» (Sal 19, 7), e cioè della provvidenza reggitrice.

Ave, tu che con la tua nascita hai disciolto i vincoli della sterilità, hai dissolto la vergogna dell’infecondità , hai affondato la maledizione della Legge (cf. Gal 3, 13), hai fatto fiorire la benedizione della grazia, e che con il tuo ingresso nel Santo dei Santi hai portato a compimento il voto dei tuoi genitori, la fondazione del nostro perdono e la pienezza della nostra gioia, poiché hai condotto innanzi a te l’inizio della grazia.

18. Ave, Maria piena di grazia (Cf. Lc 1, 28), più santa dei santi, più alta dei cieli, più gloriosa dei cherubini, più onorata dei serafini, più venerabile al di sopra di tutta la creazione: tu che con la tua gloriosa e splendente Presentazione porti a noi il ramoscello d’ulivo liberatore dal diluvio spirituale (Cf. Gn 8, 11), o colomba che ci porti la lieta novella del porto di salvezza, e di cui «le ali sono argentate e il dorso nel pallore dell’oro» (Sal 68, 14), mentre le fa lampeggiare il santissimo e illuminante Spirito: urna tutta d’oro (Cf. Es 16, 33), che contieni la dolcezza delle nostre anime, e cioè Cristo nostra manna.

 

Preghiera di chiusura

19. Ma, o Tuttapura, tutta degna di lode e tutta venerabile, offerta a Dio superiore a tutte le cose create, terra non arata, vite lussureggiante (Cf. Ez 19, 10), coppa esilarantissima, sorgente zampillante (Cf. Es 17, 6), Vergine generante e Madre inesperta d’uomo, gioiello di santità, ornamento di modestia, con le tue preghiere bene accette e maternamente rivolte a tuo Figlio, Dio creatore di tutte le cose nato da te senza padre, regolando il timone della disciplina ecclesiastica dirigilo verso il porto immune da onde, ossia non agitato dall’afflusso di eresie e di scandali.

Rivesti i sacerdoti nel modo più lucente con la giustizia e con l’esultanza della genuina fede gloriosa ed irreprensibile.

Tu guidi lo scettro in pace e in felice stato agli imperatori ortodossi che al di sopra di ogni colorazione di porpora e di oro purissimo, al di sopra di ogni perla o pietra preziosa, hanno avuto in sorte te come diadema, mantello e ornamento sicuro del loro regno: assoggetta, stendendoli ai loro piedi, i perfidi popoli barbari che bestemmiano contro di te e contro il Dio nato da te.

Nell’ora della guerra porta soccorso all’esercito che si appoggia sempre sui tuoi aiuti; conferma i sudditi a procedere secondo il comando di Dio nella docile osservanza della disciplina.

Custodisci la tua città che ha te come torre (Cf. Sal 61, 4) e fondamento, cingendola di forza ed incoronandola con i premi della vittoria.

Conserva sempre lo splendore del tempio, abitazione di Dio; preserva i tuoi cantori da ogni avversità e dalle sofferenze dell’anima. Assegna la liberazione ai prigionieri; mostrati come conforto agli stranieri che sono senza tetto e senza difesa.

Stendi a tutto il mondo la tua mano sostenitrice, affinché in letizia ed esultanza con rito splendidissimo noi celebriamo tutte le tue solennità insieme a quella che ora viene festeggiata, in Cristo Gesù, re di tutte le cose e nostro vero Dio, al quale la gloria e la potenza, insieme al Padre santo e principio di vita ed allo Spirito coeterno, consostanziale e insieme regnante, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen

 

Da: Testi Mariani del Primo Millennio, vol 2.

 

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