Da Contro
la falsa gnosi di sant’Ireneo vescovo di Lione
Luca presenta
una genealogia che va dalla nascita del Signore nostro fino ad Adamo e
comprende settantadue generazioni (Lc 3, 23-38): congiunge la fine al principio
e dimostra che egli stesso ha ricapitolato in se stesso tutte le genti disperse
fin dal tempo di Adamo e tutte le lingue e generazioni umane insieme ad Adamo
stesso. Per questo lo stesso Adamo è stato denominato da Paolo “figura di Colui
che doveva venire” (Rm 5, 14). Infatti il Verbo, artefice di tutte le cose,
aveva prefigurato in lui la futura economia dell’umanità che avrebbe riguardato
il Figlio di Dio: Dio aveva cioè stabilito in primo luogo l’uomo animale,
evidentemente perché fosse salvato dall’uomo spirituale (cfr. I Cor 15, 46). Poiché
preesisteva il salvatore, doveva venire all’esistenza anche ciò che doveva
venire salvato, affinché il salvatore non fosse inutile…
Perciò il
Signore diceva che i primi sarebbero stati gli ultimi e gli ultimi i primi
(cfr. Mt 19, 30; 20, 16). E il profeta indica questa stessa cosa dicendo: “Da
padri che erano sono diventati figli” (Psalmo 44, 17). Infatti il Signore,
divenuto primogenito dei morti (cfr. Col 1, 18), ha accolto nel suo seno gli
antichi padri e li ha rigenerati alla vita di Dio, divenendo egli stesso il
principe dei viventi, poiché Adamo era divenuto il principio dei morti. Perciò
anche Luca comincia la sua genealogia con il Signore ma la fa risalire fino ad
Adamo, indicando che non erano stai i padri a rigenerare il Figlio, ma questo a
rigenerare loro per il vangelo di vita. Così dunque il nodo della disubbidienza
di Eva trovò soluzione grazie all’ubbidienza di Maria. Ciò che Eva aveva legato
per la sua incredulità, Maria l’ha sciolto per la sua fede.
Senza
il Figlio nessuno può conoscere Dio. Perché il Figlio è la conoscenza del Padre
e la conoscenza del Figlio è rivelata da Padre attraverso il Figlio. Appunto
per questo il Signore diceva: “Nessuno
conosce il Figlio tranne il Padre, né il Padre tranne il Figlio e coloro ai
quali il Figlio lo rivelerà” (Mt 11, 27; Lc 10, 22). La parola “rivelerà” non
si riferisce solo al futuro, come se il Verbo avesse cominciato a rivelare il
Padre quando nacque da Maria, ma si riferisce generalmente a tutto il tempo.
Infatti il Figlio, essendo accanto alla sua creatura fin dall’inizio, rivela il
Padre a tutti: a quelli a cui il Padre vuole, quando vuole e come vuole. Per
questo in tutte le cose e attraverso tutte le cose c’è un solo Dio Padre, un
solo Verbo, un solo Spirito e una sola salvezza per tutti coloro che credono in
lui.
Ora,
secondo la grandezza e la gloria inenarrabile “nessuno vedrà Dio e vivrà” (Es
33, 20), perché il Padre è incomprensibile; ma secondo l’amore e la benignità
verso gli uomini e secondo la sua onnipotenza, anche questo concede a coloro
che lo amano, di vedere Dio – quello appunto che profetavano i profeti – poiché
“ciò che è impossibile presso gli uomini è possibile presso Dio” (Lc 18, 27).
L’uomo infatti non vedrà Dio da sé; ma egli di sua volontà si farà vedere dagli
uomini che vuole, quando vuole e come vuole. Dio è potente in tutte le cose: fu
visto allora profeticamente mediante lo Spirito, fu visto adottivamente
mediante il Figlio e lo sarà anche nel regno dei cieli paternamente, perché lo
Spirito prepara in precedenza l’uomo per il Figlio di Dio, il Figlio lo conduce
al Padre e il Padre gli dà l’incorruttibilità per la vita eterna che tocca a
ciascuno per il fatto di vedere Dio.
Non
avremmo potuto conoscere altrimenti ciò che è di Dio, se il nostro maestro, che
è il Verbo, non si fosse fatto uomo; né un altro era capace di rivelare ciò che
è del Padre, tranne il suo proprio Verbo. “Chi altro infatti ha conosciuto il
pensiero del Signore? O chi altro è stato suo consigliere?” (Rm 11, 34).
D’altra parte non potevamo conoscerlo altrimenti se non vedendo il nostro
maestro e percependo la sua voce con il nostro orecchio affinché, divenendo
imitatori delle sue opere ed esecutori delle sue parole, avessimo la comunione
con lui, ricevendo, noi che siamo stati creati ultimamente, da colui che è
perfetto prima di tutta la creazione la crescita, da colui che solo è buono ed
eccellente e possiede il dono dell’incorruttibilità, fatti per essere simili a
lui, predestinati a essere, quando non eravamo ancora, secondo la prescienza
del Padre, e creati nei tempi conosciuti in precedenza, secondo il ministero
del Verbo. Questi è perfetto in tutto, poiché è Verbo potente e uomo vero, che
ci riscatta con il suo sangue in modo razionale, “dando se stesso come
riscatto” (I Tm 2, 6) per quelli che erano stati fatti prigionieri. Poiché
l’apostasia dominava ingiustamente su di noi e, mentre appartenevamo a Dio
onnipotente per la nostra natura, essa ci aveva alienati contra la nostra
natura, facendoci suoi propri discepoli, essendo dunque potente in tutto e
indefettibile nella sua giustizia, giustamente il Verbo di Dio si volse contro
l’apostasia, riscattando da lei i beni suoi propri non con la violenza, come
lei all’inizio dominava su di noi, impadronendosi insaziabilmente di ciò che
non era suo, ma con la persuasione, poiché conveniva che Dio ricevesse con la
persuasione e non con la violenza quello che voleva, affinché da una parte
fosse salvaguardata la giustizia e dall’altra non perisse l’antica creatura di
Dio. Se dunque il Signore ci ha riscattati con il suo proprio sangue (cfr. Col
1, 14), se ha dato la sua anima per la nostra anima e la sua carne per la
nostra carne, se ha effuso lo Spirito del Padre per operare l’unione e la
comunione di Dio e degli uomini, facendo discendere Dio negli uomini mediante
lo Spirito e facendo salire l’uomo fino a Dio mediante la sua incarnazione, se
certamente e veramente con la sua venuta ci ha donato l’incorruttibilità
mediante la comunione con lui, tutti gli insegnamenti degli eretici vengono
meno.
A.
ORBE - M. SIMONETTI (edd), IL CRISTO vol.
I, Testi teologici e spirituali dal I al IV secolo, Farigliano (CN) 2005, 165-171.
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