Terzo giorno della festa della Natività
Santo Discepolo, Protomartire e Arcidiacono
Stefano
27 dicembre (9
gennaio)
Santo Stefano
era uno dei 70 Discepoli che Gesù aveva inviato ad annunciare l’arrivo del Regno
di Dio (cfr. Lc 10), è ricordato in quanto primo martire cristiano e
arcidiacono, era infatti il più anziano tra i sette diaconi stabiliti dagli
Apostoli stessi. Sant’Asterio di Amasea dice che egli fu “il punto di partenza dei martiri, il maestro dei sofferenti per
Cristo, il fondamento della retta confessione, in quanto Stefano fu il primo a
versare il proprio sangue per l’Evangelo” (In S. Stephanum protomartyrem).
Il martirio di
santo Stefano è narrato nel libro degli Atti degli Apostoli ai capp. 6-7. Una
tradizione vuole che durante la sua passione, lontano sulle alture, stessero la
Madre di Dio con il santo apostolo Giovanni il Teologo pregando con fervore per
il martire. Il corpo del santo protomartire Stefano, che era stato gettato in
pasto alle bestie, fu segretamente raccolto da Gamaliele illustre maestro ebreo
e da suo figlio Habib, che gli diedero sepoltura in un loro terreno. E in
seguito a ciò credettero in Cristo e accettarono il santo Battesimo.
La Chiesa
Ortodossa celebra la memoria di Santo Stefano il 27 dicembre, terzo giorno
della festa della Natività, il santo viene ancora commemorato il 2 di Agosto (Traslazione
delle reliquie) e il 15 Settembre (Ritrovamento delle sue reliquie nell’anno
415).
Stefano,
pieno di Spirito Santo, fissati gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e
Gesù che stava alla sua destra, e disse: «Ecco, io vedo i cieli aperti, e il
Figlio dell’uomo in piedi alla destra di Dio». Ma essi, gettando grida altissime,
si turarono gli orecchi e si avventarono tutti insieme sopra di lui; e,
cacciatolo fuori dalla città, lo lapidarono. I testimoni deposero i loro
mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. E lapidarono Stefano che
invocava Gesù e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi, messosi in
ginocchio, gridò ad alta voce: «Signore, non imputar loro questo peccato». E
detto questo si addormentò. (At 7, 55-59)
Lorenzo Lotto - Lapidazione di Santo Stefano
Bergamo, Accademia Carrara
Dai Discorsi
di san Fulgenzio vescovo di Ruspe
Disc. 3, 1-3. 5-6
Ieri abbiamo
celebrato la nascita nel tempo del nostro Re eterno, oggi celebriamo la
passione trionfale del soldato. Ieri infatti il nostro Re, rivestito della
nostra carne e uscendo dal seno della Vergine, si è degnato di visitare il
mondo; oggi il soldato uscendo dalla tenda del corpo, è entrato trionfante nel
cielo.
Il nostro Re,
l’Altissimo, venne per noi umile, ma non poté venire a mani vuote; infatti
portò un grande dono ai suoi soldati, con cui non solo li arricchì
abbondantemente, ma nello stesso tempo li rinvigorì perché combattessero con
forza invitta. Portò il dono della carità, che conduce gli uomini alla
comunione con Dio.
Quel che ha
portato, lo ha distribuito, senza subire menomazioni; arricchì invece
mirabilmente la miseria del suoi fedeli, ed egli rimase pieno di tesori
inesauribili.
La carità
dunque che fece scendere Cristo dal cielo sulla terra, innalzò Stefano dalla
terra al cielo. La carità che fu prima nel Re, rifulse poi nel soldato.
Stefano
quindi, per meritare la corona che il suo nome significa, aveva per armi la
carità e con essa vinceva ovunque. Per mezzo della carità non cedette ai Giudei
che infierivano contro di lui; per la carità verso il prossimo pregò per quanti
lo lapidavano.
Con la carità
confutava gli erranti perché si ravvedessero; con la carità pregava per i
lapidatori perché non fossero puniti.
Sostenuto
dalla forza della carità vinse Saulo che infieriva crudelmente, e meritò di
avere compagno in cielo colui che ebbe in terra persecutore. La stessa carità
santa e instancabile desiderava di conquistare con la preghiera coloro che non
poté convertire con le parole.
Ed ecco che
ora Paolo è felice con Stefano, con Stefano gode della gloria di Cristo, con
Stefano esulta, con Stefano regna. Dove Stefano, ucciso dalle pietre di Paolo,
lo ha preceduto, là Paolo lo ha seguito per le preghiere di Stefano. Quanto è
verace quella vita, fratelli, dove Paolo non resta confuso per l’uccisione di
Stefano, ma Stefano si rallegra della compagnia di Paolo, perché la carità
esulta in tutt’e due. Sì, la carità di Stefano ha superato la crudeltà dei
giudei, la carità di Paolo ha coperto la moltitudine dei peccati, per la carità
entrambi hanno meritato di possedere insieme il Regno dei cieli.
La carità
dunque è la sorgente e l’origine di tutti i beni, ottima difesa, via che
conduce al cielo. Colui che cammina nella carità non può errare, né aver
timore. Essa guida, essa protegge, essa fa arrivare al termine.
Perciò,
fratelli, poiché Cristo ci ha dato la scala della carità per mezzo della quale
ogni cristiano può giungere al cielo, conservate vigorosamente integra la
carità, dimostratevela a vicenda e crescete continuamente in essa.
Tropario, tono 4
Il tuo capo è stato coronato di
un diadema regale per le lotte che hai sopportato per il Cristo Dio, o primo
lottatore tra i martiri: tu infatti, confutata la follia dei giudei, hai visto
il tuo Salvatore alla destra del Padre. Supplicalo dunque sempre per le anime
nostre.
Kontakion, tono 3
Il Sovrano è venuto ieri tra noi
nella carne, e lo schiavo oggi se ne va dalla carne: ieri infatti colui che
regna è stato partorito nella carne, e oggi il servo per lui è lapidato, e
giunge a perfezione, il divino Stefano protomartire.
Per la tua
edificazione puoi leggere:
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