Settimana del Fariseo e del Pubblicano
Dal Sermone
115 del beato Agostino d’Ippona
Poiché la fede
non è dei superbi, ma degli umili, “disse
per alcuni che credevano di essere giusti e disprezzavano gli altri, questa
parabola. Due uomini andarono al tempio a pregare; un fariseo e un pubblicano.
Il fariseo diceva: Ti ringrazio, Dio, che non sono come tutti gli altri uomini”
(Lc 18, 9s). Avesse detto almeno: come molti uomini. Che cosa dice questo “tutti
gli altri”, se non tutti, eccetto lui? Io, afferma, sono giusto; gli altri son
tutti peccatori. “Non sono come tutti gli
altri uomini, ingiusti, ladri, adulteri”. Ed eccoti dalla vicinanza del
pubblicano un motivo di orgogliosa esaltazione. Dice, infatti: “Come questo pubblicano”. Io sono solo,
dice; questo è uno come tutti gli altri. Non sono come costui, per la mia
giustizia, per cui non posso essere un cattivo, io. “Digiuno due volte la settimana, pago le decime su tutte le mie cose”.
Cerca nelle sue parole, che cosa abbia chiesto. Non trovi niente. Andò per
pregare; ma non pregò Dio, lodò sé stesso. Non gli bastò non pregare, lodò sé
stesso; e poi insultò quello che pregava davvero. “Il pubblicano se ne stava invece lontano”; ma si avvicinava a Dio.
Il suo rimorso lo allontanava, ma la pietà lo avvicinava. “Il pubblicano se ne stava lontano; ma il Signore lo aspettava da
vicino. Il Signore sta in alto”, ma guarda gli umili. Gli alti, come il
fariseo, li guarda da lontano; li guarda da lontano, ma non li perdona. Senti
meglio l’umiltà del pubblicano. Non gli basta di tenersi lontano; “neanche alzava gli occhi al cielo”. Per
essere guardato, non guardava. Non osava alzare gli occhi; il rimorso lo
abbassava, la speranza lo sollevava. Senti ancora: “Si percoteva il petto”. Voleva espiare il peccato, perciò il Signore
lo perdonava: “Si percuoteva il petto,
dicendo: Signore, abbi compassione di me peccatore”. Questa è preghiera.
Che meraviglia che Dio lo perdoni, quando lui si riconosce peccatore? Hai
sentito il contrasto tra il fariseo e il pubblicano, senti ora la sentenza; hai
sentito il superbo accusatore, il reo umile, eccoti il giudice. “In verità vi dico”. È la Verità, Dio, il
Giudice che parla. “In verità vi dico,
quel pubblicano uscì dal tempio giustificato a differenza di quel fariseo”.
Dicci, Signore, il perché. Chiedi il perché? Eccotelo. “Perché chi si esalta, sarà umiliato, e chi si umilia, sarà esaltato”.
Hai sentito la sentenza, guardati dal motivo; hai sentito la sentenza, guardati
dalla superbia.
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