Santa Scolastica di Norcia, sorella di
san Benedetto (543)
10 (23) febbraio
Era la
sorella gemella di san Benedetto, patriarca del monachesimo in Occidente (14
marzo), e sua assidua collaboratrice
nella vigna di Cristo. Vivevano in monasteri vicini, anche se si amavano
profondamente, si incontravano solo una volta all’anno, e trascorrevano la
giornata in preghiera e colloquio spirituale, per separarsi dopo aver condiviso
un pasto frugale. Nel loro ultimo incontro nel 543, ottenne con un miracolo che
il fratello e il monaco che lo aveva accompagnato rompessero la regola che
imponeva loro di rientrare al monastero e restassero con lei a vegliare per
tutta la notte. Tre giorni dopo, mentre Benedetto guardava fuori dalla finestra
della cella, vide l’anima di sua sorella, sotto forma di una colomba che
ascendeva al cielo.
Estratto da
“Monachesimo benedettino femminile” a cura di Anna Maria Cànopi
- edito dall’Abbazia
San Benedetto - Seregno (MI)
«Poté di più colei che amò di più»
Dialoghi, 11, 33
La sua sorella
di nome Scolastica, consacrata al Signore onnipotente fin dalla più tenera età,
soleva fargli visita una volta all’anno. L’uomo di Dio scendeva ad incontrarla
in una dipendenza del monastero, non molto lontano dalla porta. Un giorno,
dunque, come di consueto ella venne, e il suo venerabile fratello, accompagnato
da alcuni discepoli, scese da lei. Trascorsero l’intera giornata nella lode
divina e in colloqui spirituali, e quando ormai stava per calare l’oscurità
della notte, presero cibo insieme. Sedevano ancora a mensa conversando di cose
sante, e ormai s’era fatto tardi, quando la monaca sua sorella lo supplicò
dicendo: «Ti prego, non lasciarmi questa notte; rimaniamo fino al mattino a
parlare delle gioie della vita celeste». Ma egli le rispose: «Che dici mai,
sorella? Non posso assolutamente trattenermi fuori dal monastero».
Il cielo era
di uno splendido sereno: non vi si scorgeva neppure una nuvola.
Udito il
rifiuto del fratello, la monaca pose sulla mensa le mani intrecciando le dita e
reclinò il capo su di esse per invocare il Signore onnipotente. Quando rialzò
la testa, si scatenarono tuoni e lampi così violenti e vi fu un tale scroscio
di pioggia, che né il venerabile Benedetto, né i fratelli che erano con lui
poterono metter piede fuori della casa in cui si trovavano. La vergine
consacrata, reclinando il capo sulle mani, aveva sparso sulla mensa un tale
fiume di lacrime da volgere in pioggia, con esse, il sereno del cielo. E la
pioggia torrenziale non seguì di qualche tempo la sua preghiera, ma fu ad essa
simultanea, a tal punto che mentre ancora la donna alzava il capo dalla tavola,
già scoppiava il tuono; tutto avvenne nel medesimo istante; col sollevare del
capo la pioggia incominciò a scrosciare.
L’uomo di Dio,
vedendo che in mezzo a tali lampi, tuoni e tanta inondazione d’acqua non poteva
affatto ritornare al monastero, cominciò a rammaricarsene e, rattristato, le
disse:
«Dio
onnipotente ti perdoni, sorella. Che hai fatto?». Ma ella rispose: «Vedi, io ti
ho pregato, e tu non hai voluto ascoltarmi. Ho pregato il mio Signore, ed egli
mi ha esaudita. Ora esci, se puoi; lasciami pure e torna al monastero».
Ma egli, non
potendo uscire dal coperto, fu costretto a rimanere suo malgrado là dove non
aveva voluto fermarsi di sua spontanea volontà.
Passarono così
tutta la notte vegliando e saziandosi reciprocamente di sante conversazioni concernenti
la vita dello spirito.
Per questo ti
avevo detto che vi fu qualcosa che l’uomo di Dio, pur volendolo, non poté
ottenere. Se infatti consideriamo la sua intenzione, appare in tutta evidenza
il suo desiderio che il cielo si mantenesse sereno come quando era sceso dal
suo monastero. Ma contrariamente a quanto desiderava, egli si trovò davanti a
un miracolo operato per la potenza di Dio dal cuore ardente di una donna. E non
c’è da meravigliarsi se in quell’occasione poté di più la sorella, che
desiderava trattenersi più a lungo con lui. Secondo la parola di Giovanni,
infatti, Dio è amore; per giustissimo giudizio, dunque, poté di più colei che
amò di più (SAN GREGORIO MAGNO, Dialoghi, libro II, c. 33).
Il volto di
santa Scolastica è per sempre scolpito da queste ultime parole del racconto di
san Gregorio Magno: «... quia enim juxta
Johannis vocem, Deus caritas est, justo valde judicio illa plus potuit, quae
amplius amavit». Poté di più, presso Dio, colei che amò di più. Amore e
preghiera e desiderio del Cielo costituiscono il fascino spirituale di questa
donna che, secondo la tradizione, fu sorella gemella del grande patriarca dei
monaci d’Occidente, Benedetto da Norcia.
«Consacrata a
Dio onnipotente fin dall’infanzia», la troviamo - al tramonto della sua santa
esistenza - in un monastero di sanctimoniales
nelle vicinanze di Montecassino, all’ombra, quindi, del grande fratello di cui
certamente osservano la Regola.
Null’altro
sappiamo al di fuori di questo e di quanto san Gregorio Magno dice nel capitolo
34° del secondo libro dei Dialoghi, cioè che dopo tre giorni da quel prolungato
incontro (c. 33), san Benedetto, stando alla finestra della sua cella, vide
l’anima della sorella Scolastica, in forma di colomba, penetrare nelle altezze
dei cieli.
L’esordio
della vita e della vocazione di Scolastica lo si può, quindi, rintracciare
seguendo le orme del fratello. Se veramente furono gemelli anche per nascita
naturale, quale sarà stato il loro crescere insieme nell’ambito della famiglia,
in quella cittadina umbra, dolcemente adagiata nel verde e tutta pervasa di
religioso senso della vita?
Nata verso il
480, Scolastica è - come il fratello - fin dalla fanciullezza attratta verso la
vita interamente consacrata a Dio. È probabile che la risoluta partenza di
Benedetto l’abbia spinta a seguirlo in una forma di vita consona alla sua
indole e al suo ideale cristiano. Perciò l’indistruttibile legame di sangue
esistente tra lei e Benedetto divenne ancor più forte e definitivo nella comune
vocazione che li rendeva uno in Cristo per l’eternità.
La nativa
Norcia, dunque, la famiglia satura di fede e aperta ai progetti di Dio
plasmarono l’animo di Scolastica, preparandola a quell’austera e insieme serena
vita monastica che san Benedetto propone con la sua Regola ai più generosi
seguaci di Cristo.
Per questo non
ci sembra arbitrario fare in certo modo una rilettura della «santa Regola»
attraverso la figura stessa di santa Scolastica quale traspare dall’unico
episodio - unico, ma assai emblematico! - che della sua vita ci è rimasto.
Notiamo
anzitutto la «consuetudine» dei due fratelli di vedersi una volta all’anno.
Forse - e ci piace pensarlo - nel tempo pasquale per la gioia di incontrarsi
nella luce del Signore risorto.
In
quest’ultimo incontro, la sorella è quanto mai avida di stare con il fratello
per parlare delle gioie del cielo; ma deve premere su Benedetto ligio alla
norma che prevedeva il rientro in monastero prima di sera. Scolastica compie un
prodigio in forza dell’intensità del suo amore e della sua preghiera. È un
miracolo che si iscrive sotto il segno della gratuità, quasi come quello
ottenuto da Maria alle nozze di Cana, per prolungare la gioia conviviale.
San Benedetto
nella Regola per i monaci dà il primato alla ricerca di Dio - Si revera Deum quaerit... (Se veramente
cercano Dio) (RB 5 8, 7), all’amore di Cristo - Nihil amori Christi praeponere (Nulla anteporre all’amore di
Cristo) (RB 4, 2 1), e conseguentemente alla preghiera - Nihil Operi Dei praeponatur (Niente venga anteposto all’Opera di
Dio) (RB 43, 3). Scolastica realizza pienamente la sua vita in questo senso.
Giunta ormai in vista della meta, altro non desidera che Dio, la comunione con
lui nella luce del suo Regno. È di questo che desidera ardentemente parlare con
il santo fratello supplicandolo: «Ti prego... rimaniamo fino al mattino a
parlare delle gioie della vita celeste».
Non stava
forse anche scritto nella Regola: «Desiderare con tutto l’ardore dell’animo la
vita eterna»? (RB 4, 46). Il forte afflato escatologico che caratterizza la
spiritualità della Regola benedettina raggiunge in questa santa monaca la
massima intensità. Traspare inoltre da questo unico episodio la consuetudine
che Scolastica aveva alle sante veglie di meditazione e di preghiera. Proprio
la preghiera, sgorgante da un cuore puro e ardente, è la forza con la quale la
sorella vince… la sfida con il fratello, più attento all’austera disciplina. Ma
anche questa, anche la preghiera di Scolastica è la realizzazione splendida e
fedele di quanto Benedetto ha proposto nella sua Regola: «... non dobbiamo
forse elevare con tutta umiltà e sincera devozione la nostra supplica a Dio,
Signore dell’universo? E rendiamoci ben consapevoli che non saremo esauditi per
le nostre molte parole, ma per la purezza del nostro cuore e la compunzione
fino alle lacrime» (RB 20, 2-3). Con l’intensità della sua supplica e
l’abbondanza delle sue lacrime, Scolastica ottiene dal Signore dell’universo un
repentino mutamento di atmosfera. La pioggia scrosciante impedisce a Benedetto
di ripartire e dona a Scolastica la gioia di rimanere più a lungo con lui per
pregustare, nella contemplazione, le gioie del cielo.
Per essere
pervenuta a tale intensità di vita interiore e di preghiera da poter essere
esaudita dal Signore all’istante e oltre misura, la santa sorella del patriarca
dei monaci aveva certamente compiuto un generoso e alacre cammino di fede, di
umiltà, di povertà, di obbedienza, di carità, di essenzialità e di unificazione
interiore. Aveva vissuto fedelmente la vocazione monastica secondo le direttive
della Regola di Benedetto e «per ducatum
evangelii» si era lasciata condurre là dove l’unica legge è quella dello
Spirito che è amore e libertà.
Colpisce, nel
racconto dei Dialoghi, la personalità di Scolastica. È veramente donna, con
tutte le caratteristiche della femminilità: dolcezza e affettività, costanza e
persino audacia nell’intento di ottenere quanto desidera; ma presenta anche una
vena di simpatica ilarità, quando dal fiume di lacrime passa al radioso sorriso
per il miracolo avvenuto: «Vedi - risponde al fratello rammaricato per il
temporale - io ti ho pregato e tu non hai voluto ascoltarmi. Ho pregato il mio
Signore, ed egli mi ha esaudita. Ora esci, se puoi; lasciami pure e torna al
monastero». È una rivincita che non dispiace certamente a Benedetto, poiché
proprio lui le aveva insegnato a rivolgersi - nelle difficoltà - a Colui cui
tutto è possibile (cfr. Prologo 4, 4 1; RB 68, 5). Per coloro che servono il
Signore con totale dedizione si realizza la promessa: «I miei occhi saranno su
di voi, le mie orecchie si faranno attente al vostro grido, e ancor prima che
mi invochiate, dirò: Eccomi!» (Prol. 18). Dio obbedisce prontamente a coloro
che gli hanno totalmente sottomessa la loro propria volontà.
Scolastica ha
consumato la sua esistenza in assoluta fedeltà alla vocazione che le era
sbocciata nel cuore fin dall’infanzia; ora, giunta alla piena maturità,
dimostra di avere conservato la stessa fede semplice e sicura in un animo
fresco come polla d’acqua sorgiva.
In lei si
incarna splendidamente la tensione escatologica che percorre tutta la Regola
benedettina. Dire Scolastica è immergere lo sguardo nelle azzurre «misteriose
profondità del cielo» dove la sua anima, sotto la candida sembianza della
colomba, è penetrata, attratta dalla forza dell’Eterno Amore. Così la poté
contemplare - con quali occhi? - il santo padre Benedetto mentre pregava
affacciato alla finestra della sua cella, specola del cielo. L’itinerario tracciato
dalla Regola si era concluso per Scolastica con il «miracolo» segno della
«perfetta carità» raggiunta. Carità verso Dio ardentemente desiderato, e carità
verso i fratelli teneramente amati (cfr. RB 72). La preghiera - subito esaudita
dal Signore - appare come il puro ed efficace linguaggio dell’Amore.
Non è forse
questo il messaggio essenziale che ci viene, ancora oggi, dalla santa sorella
del patriarca dei monaci d’Occidente? Perché rammaricarci di non avere di lei
altre notizie per poterne scrivere una biografia? Tutto quello che ella visse
prima della «santa notte» del fraterno colloquio e dell’ora del suo altissimo
«volo» non poteva che essere cammino decisamente orientato alla meta, così come
tutto il lavoro della radice, dello stelo e delle foglie è ordinato allo
sbocciare del fiore.
Scolastica, la
prima monaca benedettina, è una docilissima «scolara» alla scuola del divino
servizio nella quale apprende la sapienza del cuore a tal punto da... vincere
il Maestro ed arrivare prima là dove insieme, correndo, erano diretti.
San Gregorio
riferisce che Benedetto volle deporre il corpo della sorella «nel sepolcro che
aveva preparato per sé» sulla santa montagna di Cassino. «E così, essendo
sempre stati un solo spirito in Dio, neppure i loro corpi furono separati nella
sepoltura» (Dialoghi, II, 34). La comunione dei Santi inizia sulla terra, nel
tempo, e si compie in cielo, nell’eternità.
Chi sale oggi
- dopo quindici secoli di storia -, alla maestosa abbazia di Montecassino, non
può non essere preso da un fremito di commozione nel trovarsi davanti alla
tomba dei Santi fratelli che stanno all’origine di una numerosa stirpe di
cercatori di Dio.
(voce
di A. Lentini, in Bibliotheca Sanctorum,
XI, Roma 1968, col. 742-749; B. Fiore, Santa
Scolastica, Montecassino 1981).
Dal sito: ora-et-labora
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