domenica 3 febbraio 2013

san Maksim il greco


Venerabile Massimo il Greco di Russia (1556)

21 gennaio (3 febbraio)

 

 

Santo monaco Maksim il Greco (1471-1556)

  

Tropario di san Massimo il Greco

Illuminato dal fulgore dello Spirito hai acquisito con sapienza l’intelligenza dei retori; illuminando con la luce della pietà i cuori degli uomini ottenebrati dall’ignoranza, tu sei stato, o santo monaco Maksim, fulgida lampada dell’ortodossia; e, nel fervore per Colui che tutto vede, ti sei fatto straniero alla tua patria, sei emigrato in Russia dove sopportasti le sofferenze della prigione e la reclusione imposta dal sovrano, ma la destra dell’Onnipotente ti ha premiato e sei esaltato per i miracoli operati. Intercedi costantemente anche per noi, che con amore veneriamo la tua santa memoria.

 

Kontakion di san Massimo il Greco

Con le Scritture divinamente ispirate e l’insegnamento della teologia hai smascherato la falsa sapienza dei miscredenti e inoltre, progredendo nell’ortodossia, hai mostrato il cammino della vera conoscenza; quasi flauto divino hai dilettato l’intelligenza degli uditori e li hai rallegrati; perciò, meraviglioso Maksim, ti supplichiamo: prega Cristo Dio di concedere la remissione dei peccati ai fedeli che celebrano, o santo padre Maksim, la tua nascita al cielo.

 
 

I dati essenziali di san Maksim il Greco li troviamo nel Tropario principale sopra riportato: non era nato in Russia ma lì era emigrato, o meglio, come vedremo poi, era stato inviato per obbedienza quando era monaco all’Athos; dovette sopportare «le sofferenze della prigione e della reclusione imposta dal sovrano»; dotato di particolari doni d’intelligenza e sapienza li mise a servizio del prossimo, fu vittima di molta incomprensione, ma alla fine, «premiato dall’Onnipotente», resta «fulgida lampada dell’ortodossia». In essa Michail Trivolis fu educato da pii e benestanti genitori dopo la nascita avvenuta nell’Epiro, in Grecia. Adolescente, nell’isola di Corfù, allora sotto il dominio veneziano, iniziò una brillante educazione classica che proseguì poi in Italia, a Venezia, Padova, Bologna e Firenze. In quest’ultima città, centro dell’umanesimo rinascimentale, conobbe anche il Savonarola[1] e si fece frate tra i domenicani di san Marco. Ma la sua educazione bizantina lo attrasse poi in Oriente, e, lasciata Firenze nel 1504, fece la sua definitiva professione monastica nel 1505, prendendo il nome di Maksim nel monastero ortodosso di Vatopedi, sul monte Athos. Per circa dieci anni lì visse nell’obbedienza, continuando a leggere opere dei Padri della Chiesa nella ricca biblioteca del cenobio e cominciando a scrivere qualche sua composizione, tra cui un canone[2] in onore di san Giovanni Battista.

Il 15 marzo 1515 il gran principe di Mosca Vasilij III inviò all’Athos ambasciatori con la richiesta di avere un esperto traduttore, facendo il nome del monaco Savva; poiché questi era anziano e malato, i superiori di quel centro monastico decisero di sostituirlo con Maksim, «esperto in Sacra Scrittura e adatto alla spiegazione e traduzione di qualsiasi libro». Ricevuto dal patriarca di Costantinopoli l’accreditamento presso il metropolita di Mosca, il monaco Maksim vi arrivò nel marzo 1518 e il gran principe lo fece ospitare all’interno del Cremlino, nel monastero «dei miracoli», dove iniziò a tradurre una spiegazione del salterio. Non conoscendo sufficientemente lo slavo ecclesiastico, spesso egli rendeva il testo greco in latino e poi un altro monaco locale scriveva lo slavo. Il gran principe fece vedere la traduzione a Varlaam, metropolita di Mosca, che ne fu soddisfatto, per cui il lavoro del monaco Maksim proseguì intenso, anche in relazione alla verifica delle antiche traduzioni dei libri liturgici greci in slavo. Ormai egli si era fatto molti amici e ammiratori, però forse ancor più numerosi diventavano gli oppositori: per le modifiche fatte nei vecchi libri liturgici, per l’appoggio da lui dato ai sostenitori di san Nil Sorskij[3], per certe sue critiche a usi o fatti russi. L’accesso alla cattedra di Mosca del metropolita Danil, discepolo di san Joseph di Volokolamsk[4] e il mutamento d’animo del gran principe, che sospettava intrighi politici in certe conversazioni con amici di Maksim, determinarono la sua caduta in disgrazia, e nel 1525 un tribunale lo condannò al carcere. Per sei anni visse in un’umida e stretta cella-prigione nel monastero di san Joseph di Volokolamsk, senza il permesso di ricevere l’Eucaristia né di scrivere, però sostenuto dalla grazia divina; e in un momento di gioiosa ispirazione il prigioniero compose un canone allo Spirito Santo consolatore, ritrovato poi sulla parete della buia cella, tracciato con un pezzetto di carbone.


 

Il catholicon di Vatopedi nella festa della Paramythia e di san Massimo
 

A un nuovo giudizio nel 1531, con l’accusa di eresia, d’indipendenza di pensiero e perfino di tradimento politico, seguì una rinnovata condanna, però Maksim il Greco fu trasferito a un carcere monastico di Tver, dove il vescovo si mostrò più comprensivo, permettendogli di tenere con sé carta, penna e calamaio. Ne derivarono i suoi commenti ad alcuni libri della Bibbia. Nel 1544 il nuovo patriarca di Costantjnopoli assieme ad altri prelati orientali chiese al gran principe moscovita di permettere a Maksim il ritorno al monastero sul monte Athos dove aveva fatto la sua professione, ma senza risultato, adducendo a pretesto il fatto che era ormai venuto a conoscenza di segreti russi. Ancor più doloroso per il santo monaco era il divieto di ricevere i sacramenti, e Maksim perciò fece esplicita richiesta nel 1547 al nuovo metropolita di Mosca, Makarij, di togliere quell’ingiusta punizione. Poco dopo il divieto fu tolto. Nel 1551 infine fu trasferito da Tver nella Laura della Trinità e di san Sergio, il cui igumeno [abate] perorò la causa del monaco-prigioniero e gli permise una vita quasi normale. Ebbe anche la possibilità nel 1555 di parlare con lo zar Ivan il Terribile, cui predisse un evento luttuoso: le sue parole non vennero tenute in conto, ma la predizione si realizzò.

Dopo 50 anni (di cui 38 trascorsi in Russia) di fortunosa e sempre fedele vita monastica, estenuato da tante sofferenze fisiche e morali, mori nel 1556 e venne seppellito nello stesso monastero; la sua tomba è ora nella chiesa dello Spirito Santo, abitualmente chiusa. Quando il sindaco di Firenze Giorgio La Pira, invitato in Russia nel 1959, chiese di vederla, i monaci, sorpresi, lo accontentarono.

Non era ancora avvenuta la canonizzazione ufficiale del 1988, ma già nel XVII sec. fatti miracolosi presso la tomba di Maksim il Greco avevano rafforzato il ricordo, anzi la venerazione, almeno locale, per questo martire-prigioniero che, giunto in Russia per portarvi la ricchezza culturale e religiosa della tradizione costantinopolitana, vi aveva trovato, per debolezze umane, un destino di lunghe sofferenze accolte con pace per amore di Cristo. Fin dal 1564 il ritratto di Maksim il Greco veniva incluso negli affreschi del vestibolo della cattedrale dell’Annunciazione di Mosca e poi in altre chiese. Un manuale per iconografi del 1694 spiega come deve essere dipinta la sua icona e nella tipografia del monastero della Trinità e di san Sergio fin dalla fine del XIX sec. si stamparono «vite» del santo monaco.

La sua memoria fu fissata al 21 gennaio, sebbene non sia certo il mese e il giorno della morte, perché in quella data nel calendario bizantino si festeggia san Massimo il Confessore e anche l’icona della Madre di Dio di Vatopedi, cioè del monastero sull’Athos dove il santo aveva fatto la professione monastica.

Da: M. DONADEO, Preghiere a S. Andreij Rubliov e ad altri santi russi canonizzati dal Patriarcato di Mosca dal 1977 al 1993, Genova, 1995, 33-38.

 


[1] San Massimo raccolse le ceneri del Savonarola, bruciato sul rogo dai Cattolici, e con esse l’eredità spirituale della persecuzione a causa della Giustizia. Di Savonarola disse: “L’ho ammirato come uomo 'pieno di ogni genere di saggezza'”, aggiungendo che, se Savonarola non fosse stato di fede latina, sarebbe stato certamente annoverato tra i santi confessori della Chiesa. (Ndr)
[2] Il canone è una composizione poetica di nove odi (in rapporto a un canto biblico), ognuna di tre-cinque strofe, che fa parte dell’ufficio liturgico bizantino mattinale e di altre ufficiature devozionali. …
[3] Santo monaco (1433-1508) vissuto nelle regioni dell’Oltrevolga che propugnava per i monaci una vita di preghiera, silenzio e studio di tipo eremitico, senza possedimenti terrieri, in opposizione alle scelte di san Joseph di Volokolamsk (1439-1515), il quale privilegiava il servizio ecclesiale e il compito sociale del monastero, con necessità quindi di possedere beni terreni.
[4] Cfr. quanto detto alla n. 3.

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