Venerabile Massimo il Greco di Russia
(1556)
21 gennaio (3
febbraio)
Santo monaco Maksim il Greco (1471-1556)
Tropario di san Massimo il
Greco
Illuminato dal fulgore dello
Spirito hai acquisito con sapienza l’intelligenza dei retori; illuminando con
la luce della pietà i cuori degli uomini ottenebrati dall’ignoranza, tu sei
stato, o santo monaco Maksim, fulgida lampada dell’ortodossia; e, nel fervore
per Colui che tutto vede, ti sei fatto straniero alla tua patria, sei emigrato
in Russia dove sopportasti le sofferenze della prigione e la reclusione imposta
dal sovrano, ma la destra dell’Onnipotente ti ha premiato e sei esaltato per i
miracoli operati. Intercedi costantemente anche per noi, che con amore
veneriamo la tua santa memoria.
Kontakion di san Massimo il
Greco
Con le Scritture divinamente
ispirate e l’insegnamento della teologia hai smascherato la falsa sapienza dei
miscredenti e inoltre, progredendo nell’ortodossia, hai mostrato il cammino
della vera conoscenza; quasi flauto divino hai dilettato l’intelligenza degli
uditori e li hai rallegrati; perciò, meraviglioso Maksim, ti supplichiamo:
prega Cristo Dio di concedere la remissione dei peccati ai fedeli che
celebrano, o santo padre Maksim, la tua nascita al cielo.
I dati
essenziali di san Maksim il Greco li troviamo nel Tropario principale sopra riportato: non era nato in Russia ma lì
era emigrato, o meglio, come vedremo poi, era stato inviato per obbedienza
quando era monaco all’Athos; dovette sopportare «le sofferenze della prigione e
della reclusione imposta dal sovrano»; dotato di particolari doni d’intelligenza
e sapienza li mise a servizio del prossimo, fu vittima di molta incomprensione,
ma alla fine, «premiato dall’Onnipotente», resta «fulgida lampada dell’ortodossia».
In essa Michail Trivolis fu educato da pii e benestanti genitori dopo la
nascita avvenuta nell’Epiro, in Grecia. Adolescente, nell’isola di Corfù,
allora sotto il dominio veneziano, iniziò una brillante educazione classica che
proseguì poi in Italia, a Venezia, Padova, Bologna e Firenze. In quest’ultima
città, centro dell’umanesimo rinascimentale, conobbe anche il Savonarola[1] e si
fece frate tra i domenicani di san Marco. Ma la sua educazione bizantina lo
attrasse poi in Oriente, e, lasciata Firenze nel 1504, fece la sua definitiva
professione monastica nel 1505, prendendo il nome di Maksim nel monastero
ortodosso di Vatopedi, sul monte Athos. Per circa dieci anni lì visse nell’obbedienza,
continuando a leggere opere dei Padri della Chiesa nella ricca biblioteca del
cenobio e cominciando a scrivere qualche sua composizione, tra cui un canone[2] in
onore di san Giovanni Battista.
Il 15 marzo
1515 il gran principe di Mosca Vasilij III inviò all’Athos ambasciatori con la
richiesta di avere un esperto traduttore, facendo il nome del monaco Savva;
poiché questi era anziano e malato, i superiori di quel centro monastico
decisero di sostituirlo con Maksim, «esperto in Sacra Scrittura e adatto alla
spiegazione e traduzione di qualsiasi libro». Ricevuto dal patriarca di
Costantinopoli l’accreditamento presso il metropolita di Mosca, il monaco
Maksim vi arrivò nel marzo 1518 e il gran principe lo fece ospitare all’interno
del Cremlino, nel monastero «dei miracoli», dove iniziò a tradurre una
spiegazione del salterio. Non conoscendo sufficientemente lo slavo
ecclesiastico, spesso egli rendeva il testo greco in latino e poi un altro
monaco locale scriveva lo slavo. Il gran principe fece vedere la traduzione a
Varlaam, metropolita di Mosca, che ne fu soddisfatto, per cui il lavoro del
monaco Maksim proseguì intenso, anche in relazione alla verifica delle antiche
traduzioni dei libri liturgici greci in slavo. Ormai egli si era fatto molti
amici e ammiratori, però forse ancor più numerosi diventavano gli oppositori:
per le modifiche fatte nei vecchi libri liturgici, per l’appoggio da lui dato
ai sostenitori di san Nil Sorskij[3], per
certe sue critiche a usi o fatti russi. L’accesso alla cattedra di Mosca del
metropolita Danil, discepolo di san Joseph di Volokolamsk[4] e il
mutamento d’animo del gran principe, che sospettava intrighi politici in certe
conversazioni con amici di Maksim, determinarono la sua caduta in disgrazia, e
nel 1525 un tribunale lo condannò al carcere. Per sei anni visse in un’umida e
stretta cella-prigione nel monastero di san Joseph di Volokolamsk, senza il
permesso di ricevere l’Eucaristia né di scrivere, però sostenuto dalla grazia
divina; e in un momento di gioiosa ispirazione il prigioniero compose un canone
allo Spirito Santo consolatore, ritrovato poi sulla parete della buia cella,
tracciato con un pezzetto di carbone.
Il catholicon di Vatopedi nella festa della Paramythia e di san Massimo
A un nuovo
giudizio nel 1531, con l’accusa di eresia, d’indipendenza di pensiero e perfino
di tradimento politico, seguì una rinnovata condanna, però Maksim il Greco fu
trasferito a un carcere monastico di Tver, dove il vescovo si mostrò più
comprensivo, permettendogli di tenere con sé carta, penna e calamaio. Ne
derivarono i suoi commenti ad alcuni libri della Bibbia. Nel 1544 il nuovo
patriarca di Costantjnopoli assieme ad altri prelati orientali chiese al gran
principe moscovita di permettere a Maksim il ritorno al monastero sul monte
Athos dove aveva fatto la sua professione, ma senza risultato, adducendo a
pretesto il fatto che era ormai venuto a conoscenza di segreti russi. Ancor più
doloroso per il santo monaco era il divieto di ricevere i sacramenti, e Maksim
perciò fece esplicita richiesta nel 1547 al nuovo metropolita di Mosca,
Makarij, di togliere quell’ingiusta punizione. Poco dopo il divieto fu tolto.
Nel 1551 infine fu trasferito da Tver nella Laura della Trinità e di san
Sergio, il cui igumeno [abate] perorò
la causa del monaco-prigioniero e gli permise una vita quasi normale. Ebbe
anche la possibilità nel 1555 di parlare con lo zar Ivan il Terribile, cui
predisse un evento luttuoso: le sue parole non vennero tenute in conto, ma la
predizione si realizzò.
Dopo 50 anni
(di cui 38 trascorsi in Russia) di fortunosa e sempre fedele vita monastica,
estenuato da tante sofferenze fisiche e morali, mori nel 1556 e venne
seppellito nello stesso monastero; la sua tomba è ora nella chiesa dello
Spirito Santo, abitualmente chiusa. Quando il sindaco di Firenze Giorgio La
Pira, invitato in Russia nel 1959, chiese di vederla, i monaci, sorpresi, lo
accontentarono.
Non era ancora
avvenuta la canonizzazione ufficiale del 1988, ma già nel XVII sec. fatti
miracolosi presso la tomba di Maksim il Greco avevano rafforzato il ricordo,
anzi la venerazione, almeno locale, per questo martire-prigioniero che, giunto
in Russia per portarvi la ricchezza culturale e religiosa della tradizione
costantinopolitana, vi aveva trovato, per debolezze umane, un destino di lunghe
sofferenze accolte con pace per amore di Cristo. Fin dal 1564 il ritratto di
Maksim il Greco veniva incluso negli affreschi del vestibolo della cattedrale
dell’Annunciazione di Mosca e poi in altre chiese. Un manuale per iconografi
del 1694 spiega come deve essere dipinta la sua icona e nella tipografia del
monastero della Trinità e di san Sergio fin dalla fine del XIX sec. si
stamparono «vite» del santo monaco.
La sua memoria
fu fissata al 21 gennaio, sebbene non sia certo il mese e il giorno della
morte, perché in quella data nel calendario bizantino si festeggia san Massimo
il Confessore e anche l’icona della Madre di Dio di Vatopedi, cioè del
monastero sull’Athos dove il santo aveva fatto la professione monastica.
Da:
M. DONADEO, Preghiere a S. Andreij
Rubliov e ad altri santi russi canonizzati dal Patriarcato di Mosca dal 1977 al
1993, Genova, 1995, 33-38.
[1] San
Massimo raccolse le ceneri del Savonarola, bruciato sul rogo dai Cattolici, e
con esse l’eredità spirituale della persecuzione a causa della Giustizia. Di
Savonarola disse: “L’ho ammirato come uomo 'pieno di ogni genere di saggezza'”,
aggiungendo che, se Savonarola non fosse stato di fede latina, sarebbe stato
certamente annoverato tra i santi confessori della Chiesa. (Ndr)
[2] Il canone è una composizione poetica di nove odi (in
rapporto a un canto biblico), ognuna di tre-cinque strofe, che fa parte
dell’ufficio liturgico bizantino mattinale e di altre ufficiature devozionali. …
[3] Santo monaco (1433-1508) vissuto nelle regioni
dell’Oltrevolga che propugnava per i monaci una vita di preghiera, silenzio e
studio di tipo eremitico, senza possedimenti terrieri, in opposizione alle
scelte di san Joseph di Volokolamsk (1439-1515), il quale privilegiava il
servizio ecclesiale e il compito sociale del monastero, con necessità quindi di
possedere beni terreni.
[4] Cfr. quanto detto alla n. 3.
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