San Massimo il Confessore
21 gennaio (3
febbraio)
Il nostro santo Padre Massimo il Confessore
viveva sotto il regno di Costantino Pogonato, intorno all’anno 670[1]: è fra tutti il primo
demolitore della malfamata eresia dei monoteliti.
Egli si distinse dapprima alla corte e fu
insignito della dignità di primo segretario: in seguito, lasciate le cariche
mondane, si dispose ai combattimenti ascetici. Accostata la bocca alla sorgente
della sapienza e abbeverandosi continuamente a quegli abbeveratoi delle sacre Scritture
da cui fluisce la vita, fece zampillare dal suo seno veri fiumi[2] di dottrine e scritti,
inondando tutti i confini della terra. Anche noi, con i presenti capitoli,
abbiamo incanalato la loro dolce acqua che risuscita i morti dentro a questo
libro, apprestandola a quelli che sono tenuti dalla bella sete della sapienza
affinché, bevendo ad essa abbondantemente, non abbiano più sete in eterno[3]. In essi infatti si
tratta sapientemente della conoscenza e dell’attività dell’amore sacro e
deificante; in essi viene confermata l’ineccepibile dottrina dell’eccelsa
Teologia; viene piamente svelato il mistero riguardante l’Economia del Verbo;
viene chiaramente esposta la contemplazione pratica delle divine virtù, e viene
esposta al vituperio l’abominevole compagnia dei vizi e delle passioni ad essi
opposte. In una parola, in essi risplende l’ordinamento dei costumi e in essi
sono accumulati i tesori di insegnamenti su molti e diversi argomenti utili
all’anima grazie ai quali, una volta che ci si è liberati da ogni vizio e si è
pervenuti all’abito delle virtù, si può facilmente divenire cittadini del cielo
e giungere alla gloria divina.
E abbiamo anche aggiunto a questi capitoli
l’esposizione esegetica dello stesso padre al Padre nostro, come quella che, molto superiore agli
altri scritti, fa conseguire ai lettori grande profitto.
Di questo divino padre fa memoria anche il
sapiente Fozio, al codice 191, p. 251[4]: «Quanto allo stile ha
periodi eccessivamente lunghi e si compiace di invertire l’ordine delle parole;
porta al massimo le amplificazioni e non si cura della proprietà del
linguaggio... Però se qualcuno ama sviluppare l’intelletto in ascensioni e
contemplazioni, non potrebbe trovarne di più varie e serie di queste».
Massimo nacque
nell’anno 580. Sino a pochi anni fa le notizie sulla sua vita si ricavavano
soltanto dalle sue opere stesse o da una biografia risalente al X secolo, opera
del monaco Michele Exabulites. Recentemente, nel 1973, S. P. Brock ha
pubblicato una ‘Vita’ siriaca di Massimo[5],
redatta intorno al 680, scritta da un contemporaneo di Massimo, Giorgio di
Reš´aina, vescovo palestinese, discepolo di Sofronio di Gerusalemme. Secondo
questa ‘Vita’, Massimo sarebbe nato in Palestina da un samaritano e da una
schiava persiana convertiti al cristianesimo. Educato al monastero palestinese
di san Caritone, si sarebbe rifugiato a Cizico, presso Costantinopoli, fuggendo
l’invasione persiana nel 614. Anche questa ‘Vita’ conferma le notizie relative
a rapporti che Massimo, dal suo monastero, ebbe con la corte imperiale,
soprattutto tramite un suo discepolo, Anastasio: essa non menziona però quello
che troviamo nelle tradizioni alle quali sinora ci si atteneva, e cioè che egli
sia stato anche primo segretario dell’imperatore.
Con
l’invasione dei persiani e degli arabi nel 626, Massimo dovette fuggire in
Africa. Conoscitore profondo della Scrittura e dei Padri, fornito di cultura
classica, godette ben presto di grande fama, sia per la dottrina che per la
santità di vita. Nel 634 cominciò a doversi impegnare più direttamente nella
lotta contro le eresie monotelita e monoenergetica. Varie vicende, in cui con i
problemi teologici si intrecciavano ragioni politiche, portarono all’arresto di
Massimo, che restava strenuo difensore della fede ortodossa. Subì varie condanne
finché, dopo l’ultima a Costantinopoli nel 662, gli vennero tagliate la lingua
e la mano destra, membra con le quali aveva difeso la vera fede. Mandato in
esilio in un villaggio sul Mar Nero, morì poco dopo in seguito alle torture
subite e agli stenti.
Esistono
tradotte in italiano varie opere di Massimo. Si veda: Massimo il Confessore, Umanità e divinità di Cristo [A.
Ceresa-Gastaldo], Roma 1979, che raccoglie quattro opere di Massimo; Il Dio-Uomo [A. Ceresa-Gastaldo], Milano
1980; Capitoli sulla carità [A.
Ceresa-Gastaldo], Roma 1963; S. Massimo
Confessore. La Mistagogia e altri scritti [R. Cantarella], Firenze 1931[6].
Da: La Filocalia, vol. II, Gribaudi, Torino,
1983, 45-47.
Miniatura 44 dalla Cronaca di Costantino Manasse
Martirio di san Massimo il Confessore
Tropario, tono 8
Guida di retta fede, maestro di
pietà e di decoro, luminare della Chiesa, ornamento dei monaci divinamente
ispirato, o sapiente Massimo, con le tue dottrine hai illuminato tutti, o lira
dello Spirito: intercedi presso il Cristo Dio per la salvezza delle anime
nostre.
Kontakion, tono 8
Con inni, o fedeli, degnamente
onoriamo il grande Massimo, l’amante della Triade, colui che chiaramente ha
insegnato la fede divina, perché si glorifichi il Cristo in due nature, volontà
ed energie, e a lui acclamiamo: Gioisci, araldo della fede.
Per la tua
edificazione puoi leggere:
[1]
Evidente errore per 570. anche Costantino Pognato, a cui fa riferimento
immediatamente sopra, risulta essere vissuto di fatto dopo la morte di Massimo.
[2] Cfr.
Gv. 7, 38.
[3] Cfr. Gv. 4, 14.
[5] An Early Syriac
Life of Maximus thè Confessar, in Andecta Bollatidiana 91 (1973), pp. 299-346.
[6] Fra le opere più importanti di Massimo che non sono
ancora state tradotte in lingue moderne ricordiamo le Quaestiones ad Thalassium (PG 90, 224-785) e gli Ambigua (PG 91, 1031-1417).
(Gli
Ambigua sono stati pubblicati in Italia nel 2003 a cura di C. Moreschini)
Nessun commento:
Posta un commento