Settimana del Fariseo e del Pubblicano
Dalle Omelie di san Basilio il grande
Hom. «Attende tibi ipsi», 5
Mi verrebbe
meno il giorno, se volessi elencare gli studi di quelli che s’interessano dell’Evangelo
e quanto esso si adatti a tutti. Pensa a te stesso; sii sobrio, ascolta i
consigli, controlla il presente, prevedi il futuro. Non trascurare, per
indolenza, il presente e non t’illudere d’aver già in mano cose future, che
ancora non sono e forse non si avvereranno mai. Non è questa la malattia
propria dei giovani, che per leggerezza di mente credono di avere già le cose
che sperano? Infatti in un momento di riposo o nella pace della notte
costruiscono delle immagini di cose inesistenti e si ripromettono splendore di
vita, illustri matrimoni, figli fortunati, lunga vecchiaia, tributi di onore.
Poi, incapaci come sono di fermarsi a una qualsiasi speranza si lasciano
trasportare dall’ardore del loro animo alle cose più grandi della terra.
Comprano case belle e grandi e le riempiono di preziosa e vaga suppellettile; e
aggiungono tutto quanto è fuori del mondo. Aggiungono greggi, folle di servi,
magistrature civili, principati, comandi militari, guerre, trofei, regno.
Passate queste cose in rassegna, per eccesso di stoltezza, credono presenti
queste cose sperate e se le vedono già innanzi ai piedi. È la malattia dell’ignavo,
veder nella veglia gli oggetti d’un sogno. Per reprimere questa sfrenatezza di
mente, la Scrittura enunzia il sapiente precetto: “Pensa a te stesso” e non promette mai ciò che non esiste e dirige
le cose presenti alla tua utilità. Penso che il legislatore si sia servito di
questo monito, per eliminare un tal vizio dalle abitudini degli uomini. Perché
a noi è più facile curiosare nelle cose altrui, che pesare le proprie cose.
Perciò finiscila di andare a scovare nei mali altrui, guardati dal frugare
nelle malattie altrui, volgi gli occhi e scruta te stesso. Non son pochi coloro
che, secondo la parola del Signore (Mt 7, 3), vedono la pagliuzza nell’occhio
del fratello e non s’accorgono della trave che è nel loro occhio. Non cessar
mai di esaminarti se la tua vita si attiene al precetto; ciò che è intorno a
te, non lo guardare, perché non ti si presenti l’occasione di imitare quel
fariseo, che giustificava se stesso e disprezzava il pubblicano (Lc 18, 11).
Chiediti sempre se hai peccato in pensieri, se la lingua sia stata troppo
facile, se la mano sia stata temeraria. E se troverai che hai peccato molto (e
lo troverai, perché sei uomo), usa le parole del pubblicano: “Dio, abbi pietà di me peccatore” (Lc 18,
13). Bada a te stesso. Questa parola ti starà bene nel felice successo, quando
la tua nave è portata dalla corrente, e ti gioverà nei momenti difficili, in
modo che non diventi orgoglioso nel fasto e non disperi nell’avversità. Ti
senti grande perché sei ricco? T’inorgoglisci per la nobiltà dei tuoi antenati?
Ti glorii della tua nazione, bellezza, onori ricevuti? Pensa a te stesso: Sei
mortale; vieni dalla terra e tornerai nella terra (Gn 3, 19)
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