Icona della Festa dell’Incontro del
Signore
Quando venne
il tempo della loro purificazione secondo la legge di Mosè, portarono il
bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore: “ogni maschio primogenito sarà
sacro al Signore”; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di
giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Luca 2,22-24
“L’Incontro
del Signore” o “Presentazione di Gesù al Tempio” è una delle dodici Grandi Feste
della Chiesa Ortodossa. Le notizie storiche più antiche risalgono, come vediamo
dal Diario di Viaggio di Egeria, al IV secolo. A Gerusalemme presso la chiesa
della Resurrezione (Anastasis), 40 giorni dopo l’Epifania, veniva celebrata la
memoria della festa semplicemente con un sermone che verteva sulla presentazione
al Tempio di Gesù. Nella tradizione Orientale, questa rilevante festa prese il
nome di “festa dell’Incontro” (Hypapànte). Soltanto tra la fine del V e gli
inizi del VI secolo le Chiese orientali dell’impero bizantino fecero propria
tale festività. La festa venne introdotta nella Chiesa occidentale intorno alla
fine del settimo secolo, durante il pontificato di papa Sergio I, siciliano, con il titolo di “Purificatio
Sanctae Mariae”, cioè purificazione di Maria.
La legge
ebraica, contemplata nel Levitico, prevedeva che se non fossero stati compiuti
i giorni della purificazione previsti per le puerpere, queste non potevano
toccare alcunché di sacro, né tantomeno potevano partecipare a funzioni sacre. “Quando
una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per
sette giorni; sarà immonda come nel tempo delle sue regole. L’ottavo giorno si
circonciderà il bambino. Poi essa resterà ancora trentatré giorni a purificarsi
dal suo sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario,
finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione”. (Levitico 12,1-4).
Compiuti che furono i giorni della purificazione, Giuseppe condusse la sua
sposa e il Bambino al Tempio del Signore, così come prescriveva la legge. Molto
frequentemente il modulo iconografico prevedeva la rappresentazione di Giuseppe
nella posizione più esterna alla scena, volendo così mettere in evidenza il suo
ruolo di protettore della Sacra Famiglia, colui che è pur sempre presente e con
affetto e discrezione provvede ai bisogni della sua famiglia. Ma la famiglia di
Gesù non è ricca, il povero falegname non ha i mezzi per acquistare un agnello,
egli può permettersi di offrire soltanto due colombi. “Se non ha mezzi da
offrire un agnello, prenderà due tortore o due colombi: uno per l’olocausto e l’altro
per il sacrificio espiatorio. Il sacerdote farà il rito espiatorio per lei ed
essa sarà monda” (Levitico 12,8).
I valori
teologici che caratterizzano questa festa sono molto forti, pertanto lo schema
iconografico si è fin dall’inizio mantenuto abbastanza stabile. Da un lato la
Beata Vergine che porge il bambino a Simeone, dall’altro il Santo vegliardo che
lo riceve. Fanno contorno le figure di San Giuseppe e della profetessa Anna. L’unico
elemento importante che può differenziare le icone sta nella rappresentazione
di Simeone con il bambino in braccio, in altre la tensione del gesto di Simeone
per prendere in braccio Gesù. In secondo piano, ma sempre al centro della
scena, si intravedono gli elementi che schematizzano il concetto del Tempio: un
baldacchino (ciborium), una rappresentazione del presbiterio (vima), o
frequentemente una chiesa. Non è raro vedere sullo sfondo anche degli elementi
architettonici esterni; si tratta di un richiamo visivo al pinnacolo su cui il
diavolo portò Gesù per tentarlo. “Allora il diavolo lo condusse con sé nella
città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio” (Matteo 4,5).
Il centro
della scena è comunque sempre dominato dalla Vergine, ella simboleggia il
Tempio vivente.
Inneggiando al tuo parto
l’universo ti canta
qual tempio vivente,
o Regina!
Ponendo in tuo grembo
dimora
Chi tutto in sua mano
contiene, il Signore,
tutta santa ti fece e
gloriosa
e ci insegna a
lodarti:
Alliluia!
(Akathistos, XXIII
Stanza)
È meraviglioso
contemplare l’espressione della Madre di Dio mentre porge Gesù a Simeone, Maria
era pienamente consapevole di ciò che accadeva e fra sé meditava: “Quale nome
troverò per designare Te, figlio mio? Se Ti chiamo uomo, quale appari ai miei
occhi, sei al di sopra dell’uomo, Tu che hai conservato intatta la mia
verginità. Ti chiamerò l’uomo perfetto? Ma so bene che la tua concezione è
stata divina: nessun uomo è stato mai concepito senza l’unione né seme come
fosti tu, o senza peccato. E se ti chiamo Dio, mi meraviglio vedendoti del
tutto simile a me, perché non hai nulla che ti differenzi dagli attributi degli
uomini, salvo che sei stato esente dal peccato nella tua concezione e nella tua
nascita. Che cosa ti darò: il mio latte o la mia lode?” (Romano il Melode, XVI,
3-4). Simeone vede la beata Vergine e le viene incontro, le chiede di poter
prendere fra le braccia il Salvatore del mondo. Si china sul Bambino e dopo
averlo a lungo contemplato, pieno di spirito Santo si rivolge a Maria e le
profetizza: “Egli è qui per la rovina e la resurrezione di molti in Israele,
segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori” (Luca
2,34-35). La tradizione iconografica attribuisce alla Vergine un mantello
(maphorion) di colore rosso, per simboleggiare la grande sofferenza che unirà
Maria a Cristo nei momenti della passione. “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”
(Luca 2,34-35). Il ruolo di Maria sul piano teologico è tuttavia ben presente,
lo prova il colore azzurro della veste, richiamo alla luce increata di Dio.
Vale ancora la
pena osservare la centralità della figura di Maria in questa icona, Ella
incarna veramente la “Lampada splendente” che porta una vera luce, apparsa a
coloro che sono nelle tenebre.
Come fiaccola ardente
per chi giace nell’ombre
contempliamo la Vergine
santa,
che accese la luce
divina
e guida alla scienza
di Dio tutti,
splendendo alle menti
e da ognuno è lodata
col canto:
Alliluia
(Akathistos XXI
stanza)
Il ruolo di
Gesù è però solo apparentemente secondario, l’atteggiamento del Bambino è
quello del “Legislatore”. Cristo ha tra le mani un documento, il chirografo su
cui è scritto il debito della intera umanità, in esso sono scritti i nostri
peccati, e le nostre “condizioni sfavorevoli”. Sarà questo il foglio che con il
suo sacrificio Gesù straccerà rendendoci definitivamente liberi.
Condonare volendo
ogni debito antico,
fra noi, il Redentore
dell’uomo
discese e abitò di
persona:
fra noi che avevamo
perduto la grazia.
Distrusse lo scritto
del debito,
e tutti l’acclamano:
Alliluia!
(Akathistos XXII stanza)
Il Cristo
Bambino è vestito di bianco, come al momento della sua Trasfigurazione sul
monte Tabor, Simeone è invece vestito di verde, colore simbolo della terra.
Egli conferisce la potenza dello Spirito a ciò che è terrestre, facendo
evolvere, come vedremo, la Legge in Amore. Il momento culmine della
rappresentazione è l’istante in cui il Signore giunge fra le braccia di Simeone
che simboleggia la figura veterotestamentaria. “Ora a Gerusalemme c’era un uomo
di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele”
(Luca, 2, 25). In questo momento la storia di Israele trova completamento.
“Uno dei
grandi problemi dei primi secoli fu quello della validità dell’Antico
Testamento per i cristiani. Se la Legge antica è sostituita dalla nuova,
certamente non se ne esige l’osservanza. E se la storia del popolo ebraico
arriva al suo compimento in Cristo, perché dovrebbe ancora essere letta nelle
assemblee dei fedeli? La risposta dei Padri fu decisiva per salvaguardare l’intera
Scrittura. L’antico testamento rimane valido, non più però secondo la lettera,
secondo la carne, ma secondo lo Spirito, nel suo senso spirituale. Questo senso
nuovo è dato ai testi ebraici dalla realtà della persona di Cristo. In molte e
diverse maniere, ma sempre, tutte le scritture parlano di lui: Egli è il vero
pane che si offre per nutrire le anime di coloro che si cibano spiritualmente
di ciò che fu scritto. Beati gli occhi, dice Origene, che scoprono la gloria
del Lògos di Dio sotto l’umile apparenza della lettera” (La fede secondo le icone, di T. Spidlik e M. I. Rupnik). “La sua
misericordia è eterna, e proprio questa misericordia ha suscitato nelle menti
degli uomini, ottenebrate dal legalismo, una contraddizione che non ha permesso
di riconoscerlo come il proprio Dio” (Icone
delle dodici grandi feste bizantine di Gaetano Passarelli).
Lo stesso
Paolo nella lettera ai Galati ci dice: “Prima però che venisse la fede, noi
eravamo rinchiusi sotto la custodia della legge, in attesa della fede che
doveva essere rivelata. Così la legge è per noi come un pedagogo che ci ha
condotto a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Ma appena è giunta
la fede, noi non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di
Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo,
vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo
né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo
Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi
secondo la promessa” (Galati, 3, 23-29).
La tradizione
stessa sottolinea ulteriormente questo concetto; in molte icone, sull’altare
raffigurato in secondo piano sono deposti un libro, o dei rotoli, simbolo delle
scritture che avevano bisogno di ricevere uno spirito nuovo.
Colpisce la
rappresentazione dinamica di Simeone di alcune Icone, che lo ritraggono in
tensione verso Gesù. Simeone sembra correre, o precipitarsi verso il Bambino,
contrariamente allo schema classico di composizione che privilegia la staticità
dei soggetti come simbolo della perfezione divina. Analizzando con attenzione
altri dipinti si può trovare in altri due casi una rappresentazione dinamica di
“fretta”: nella resurrezione di Lazzaro, sembra che Gesù si affretti per far
uscire l’amico dal regno delle tenebre, simboleggiato dalla morte del corpo;
nell’Icona dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme, Gesù sembra aver fretta di
restaurare il regno di Davide. Per analogia in questo caso è l’Antico
Testamento che si affretta a ricevere il suo vero e autentico senso ultimo, che
trova nella persona di Cristo l’autentico completamento del piano di Dio per
gli uomini. Simeone ne è pienamente consapevole e sotto l’azione del Santo Spirito,
riconosce in Gesù il Figlio di Dio, la Luce, la Salvezza promessa da Dio agli
uomini e dice:
Ora lascia, o
Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo
la tua parola;
perché i miei occhi
han visto la tua salvezza,
preparata da te
davanti a tutti i popoli,
luce per illuminare
le genti
e gloria del tuo
popolo Israele.
(Luca 2,29-32)
Fra Gesù e
Simeone si stabilisce uno sguardo di incredibile tenerezza, meravigliose sono
le parole che Romano il Melode mette in bocca a Gesù: “Amico mio, ora permetto
che tu lasci questo mondo per il soggiorno eterno. Ti invio là dove si trovano
Mosè e gli altri profeti: annuncia loro che sono venuto, io di cui hanno
parlato nelle loro profezie: sono nato da una vergine, come hanno predetto;
sono apparso a coloro che abitano il mondo ed ho vissuto tra gli uomini come hanno
annunziato. Presto verrò a trovarti riscattando l’umanità”. Gli evangeli
apocrifi, in particolar modo quello di Nicodemo, riferiscono che Simeone, in
effetti, assolse al compito di precursore che Gesù gli aveva affidato fra i
giusti che attendevano negli inferi: “E mentre tutti esultavano nella luce che
splendette per noi, sopraggiunse il nostro padre Simeone e disse esultante:
"Glorificate il Signore Gesù Cristo Figlio di Dio, giacché, quando nacque
il Bambino, io nel Tempio lo ricevetti tra le mie mani e, spinto dal Santo
Spirito, confessai e dissi: ora i miei occhi hanno visto la tua salvezza che
hai il preparato al cospetto di tutti popoli, luce per illuminare le genti e
gloria del tuo popolo Israele". Tutta la moltitudine dei santi, udendo
questo, esultava ancora di più”.
Gesù si è
incarnato ed è apparso all’uomo per attirarlo a sé. Il Signore onnipotente è
venuto in noi come umile servitore perché l’uomo rimanesse meravigliato di
fronte alla Sua infinita grandezza accorgendosi della sua fragilità e della sua
impurità, e come Simeone “correndo” dal Redentore e stringendolo a sé potesse
rinascere nello Spirito sperimentandone così pienamente tutta la Sua
confidenza.
Si stupirono gli
Angeli
per l’evento sublime
della tua
Incarnazione divina:
ché il Dio
inaccessibile a tutti
vedevano fatto
accessibile, uomo,
dimorare fra noi.
(Akathistos, XVI
Stanza)
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