Settimana del Fariseo e del Pubblicano
Dall’Omelia
II di san Giovanni Crisostomo
La penitenza, Om. 2, 4-5
Ho descritto molte forme di penitenza per renderti
facile l’accesso alla salvezza attraverso la varietà delle vie. Qual è dunque
la terza via? L’umiltà: sii umile e avrai sciolto i legami del peccato. Anche
di questo ci porta una prova la Scrittura nel racconto del pubblicano e del
fariseo. Salirono al tempio, dice, un fariseo e un pubblicano per pregare e il
fariseo cominciò a elencare le sue virtù, Io
non sono, disse, peccatore come gli
altri, né come questo pubblicano. Misera e infelice anima: hai condannato
tutto il mondo, perché hai contristato anche il tuo prossimo? Non ti bastava
tutto il mondo senza voler condannare anche quel pubblicano?
E che fece il pubblicano? Adorò a capo chino con gli
occhi fissi in terra, dicendo: «O Dio,
abbi pietà di me peccatore», (Lc 18, 13) e poiché si mostrò umile fu
giustificato.
Quando dunque il fariseo uscì dal tempio aveva perduto
la sua giustizia, il pubblicano invece l’aveva ottenuta: le sue parole furono
più forti delle opere. Quello, nonostante le sue opere, perse la giustizia;
questo invece con parole di umiltà la conquistò, benché la sua non fosse
propriamente umiltà. Infatti è umiltà quando uno che è grande si fa piccolo;
l’atteggiamento del pubblicano non fu umiltà, ma verità: erano vere quelle
parole, perché egli era peccatore. Chi peggiore di un pubblicano? Cercava il
suo vantaggio nelle disgrazie del prossimo, approfittava delle fatiche altrui e
senza rispetto per le loro pene giungeva a procurarsi il guadagno. È dunque
grandissimo il peccato del pubblicano. Perciò se il pubblicano, pur essendo
peccatore, dando prova di umiltà ha ricevuto così gran dono, quanto maggiore
potrà riceverlo chi sia virtuoso e umile? Se riconosci i tuoi peccati e sei
umile, diventi giusto.
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