L’incontro tra Gesù e Zaccheo
di Roberto Pagani
In
preparazione alla Grande Quaresima, la Chiesa bizantina ne richiama l’approssimarsi
un mese abbondante prima del suo inizio.
Il
diciannovesimo capitolo del vangelo di Luca inizia con l’incontro tra Gesù e
Zaccheo.
Entrato in Gerico, attraversava la città. Ed
ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere
quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo
di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro,
poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e
gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. In
fretta scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È andato
ad alloggiare da un peccatore!”. Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco,
Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno,
restituisco quattro volte tanto”. Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è entrata
in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo
infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. [Lc 19,1-10]
Pochi versetti
prima, ma vale la pena ricordare che la suddivisione in versetti e capitoli è
avvenuta nel medioevo, Gesù aveva detto: “Ecco, noi andiamo a Gerusalemme, e
tutto ciò che è stato scritto dai profeti sul Figlio dell’uomo si compirà” (Lc
18, 31): è l’inizio della salita Gerusalemme, in cui Gesù sta per entrare in
quanto Messia per celebrarvi la Cena, istruire ulteriormente i suoi discepoli,
consegnarsi volontariamente ai suoi persecutori per trionfare sulla morte.
Così, in
preparazione alla Grande Quaresima, la Chiesa bizantina ne richiama l’approssimarsi
un mese abbondante prima del suo inizio. Questo periodo, che fino alla riforma
liturgica seguita al Vaticano II ha avuto un equivalente anche nella Chiesa
latina, è chiamato pre-quaresima e dura quattro settimane. È una prassi
liturgica attestata in manoscritti palestinesi e costantinopolitani risalenti
all’XI° secolo: mentre possiamo dire che le quattro domeniche di pre-quaresima
(Fariseo e Pubblicano, Figliol prodigo, Carnevale e Latticini) sono celebrate
da almeno un millennio, non sappiamo quando è stata introdotta, la domenica
precedente l’inizio della pre-quaresima, la lettura del vangelo di Zaccheo. Un
manoscritto del X° secolo del Typikon della Grande Chiesa (Santa Sofia di
Costantinopoli), pubblicato dal gesuita Juan Mateos nella metà del secolo
scorso, riporta l’episodio di Zaccheo la trentunesima domenica dopo Pentecoste
(il modo in cui nel rito bizantino si identifica il tempo ordinario), e non
include la domenica in cui si legge la parabola del Fariseo e del Pubblicano
tra le domeniche di pre-quaresima.
Anche in
assenza di una ufficiatura specifica, vale ugualmente la pena soffermarsi su
questa pericope perché quanto da essa ricavabile ci consente di definire il
punto di partenza per tutto il cammino che ci condurrà alla Pasqua di
Risurrezione: il desiderio!
Spinto dal
desiderio, Zaccheo desidera vedere Gesù, ma è impedito da un motivo fisico,
essendo piccolo di statura: ricorre quindi a un mezzo, fisico anch’esso ma non
solo tale, per crescere, ed innalzarsi al di sopra della folla. Un mezzo fisico
scelto per innalzarsi, per svincolarsi dalla folla esterna ma anche da quella
interna (siamo ingombrati da tante cose che ci soffocano), aiuta a vedere
Cristo.
Come è
difficile per una persona capire che, accanto alle innumerevoli preoccupazioni
della vita, ci debba essere spazio anche per ascoltare il nostro io più
profondo, il nostro cuore. Ma ci avviciniamo al momento dell’anno in cui la
Chiesa ci chiama a ricordare l’esistenza dell’uomo interiore, a renderci conto
dell’orrore della nostra dimenticanza, del non senso in cui siamo immersi,
dello spreco di quel poco tempo prezioso che ci è dato, della misera confusione
in cui viviamo.
La Quaresima è
il tempo della metànoia: essa viene
generalmente tradotta con conversione, ma è un insieme di dinamiche quali la
riflessione sulla propria imperfezione (peccato), la reazione positiva
contraria ad essa (contrizione) e un rinnovamento etico (penitenza e
cambiamento di mentalità). Tale metànoia sarà il tema dominante degli uffici
che ci accompagneranno verso la Pasqua.
Zaccheo voleva
vedere Gesù: lo voleva così tanto che questo desiderio attirò l’attenzione di
Gesù. Il desiderio è l’inizio di tutto: là dove è il tuo tesoro, là c’è anche
il tuo cuore (Mt 6, 21). Ogni cosa nella nostra vita inizia con il desiderio,
dal momento che desideriamo ciò che amiamo, ciò che ci definisce. Sappiamo che
Zaccheo amava il denaro, e per sua stessa ammissione sappiamo che non ha avuto
scrupoli nel rubarne agli altri. Zaccheo era ricco e amava le ricchezze, ma
dentro di sé scoprì un altro desiderio, voleva qualcosa d’altro, e questo
desiderio divenne il perno di tutta la sua vita.
L’invito della
Chiesa, del vangelo e di Cristo ci provoca a desiderare altro, a non
accontentarci, a cercare dentro di noi ciò a cui teniamo di più. Desiderio: e
tutto ritorna senza confini, nuovo, pieno di significato. Il piccolo uomo,
basso di statura e con lo sguardo rivolto ai desideri terreni, cessa di essere
piccolo. È il primo passo verso quella misteriosa casa che ogni essere umano,
consapevolmente o meno, attende e desidera.
Racconta un
apoftegma dei Padri del deserto: “Un uomo alla ricerca di Dio chiese a un
cristiano: “Come posso trovare Dio?”. Il cristiano replicò: “Ora te lo mostro”.
Lo portò sulla riva del mare e immerse la faccia dell’altro nell’acqua per tre
volte. Poi gli chiese: “Cosa desideravi più di ogni altra cosa quando la tua
faccia era nell’acqua?”. “L’aria”, replicò l’uomo che cercava Dio. “Quando
desidererai Dio come hai desiderato l’aria, lo troverai”, disse il cristiano”.
Non fu la
curiosità che fece salire Zaccheo sull’albero, ma il forte desiderio di trovare
Dio in Gesù. Zaccheo era inquieto, e riempiva se stesso con la vita che
conduceva. L’inquietudine è sempre stata uno dei sintomi della ricerca umana di
Dio, come sant’Agostino conosceva bene: “Hai fatto il nostro cuore inquieto,
finché non riposa in Te”.
La folla era
un ostacolo per Zaccheo: stava tra lui e Gesù, e se fosse restato tra la folla
non avrebbe mai potuto vedere Gesù. Zaccheo non era sull’albero solo
fisicamente, ma anche moralmente: nella sua disonestà si era isolato da Dio e
anche dagli uomini, che lo odiavano “cordialmente”. Gesù lo chiama dal basso, e
lo invita a scendere, a ritornare nel mondo. Gesù lo guarda negli occhi: mai e
poi mai Zaccheo pensava che sarebbe stato notato. Con ogni probabilità si
aspettava di sentire un rimprovero, una condanna, invece si sente chiamare per
nome. Colui che tiene nelle sue mani l’universo si preoccupa di parlare con una
persona!
Zaccheo cerca
di vedere chi è Gesù, e in risposta a questo suo sforzo di volontà, non solo
vede, ma viene visto da Gesù. Il movimento processionale di Cristo che
attraversa la città, e quello ascensionale del cercatore che tende verso la
visione, si incontrano in un luogo preciso. Gesù distingue l’uomo dalla folla,
lo riconosce, e lo chiama per nome. Il cercare ha come primo risultato l’identificazione
dello stesso cercatore da parte di Dio che ne afferma l’essere in quanto
persona.
Lo studioso
ebraico Claude Montefiore (morto nel 1938) identificava la peculiarità del
cristianesimo nei confronti del giudaismo proprio da questo aspetto: “Mentre le
altre religioni descrivono l’uomo alla ricerca di Dio, il cristianesimo
annuncia un Dio che cerca l’uomo. Gli ebrei credono che Dio è un Dio di amore e
di perdono, e che accoglie liberamente un peccatore pentito, ma Gesù ha
insegnato che Dio non aspetta il pentimento del peccatore, va a cercarlo per
chiamarlo a sé”.
“Oggi devo
venire a casa tua!”. Gli abitanti di Gerico erano sconcertati e mormoravano: un
fariseo non si sarebbe mai sognato di entrare in casa di una persona come
quella, tanto meno di mangiare con lui. I farisei, per disprezzare Gesù, lo
ridicolizzavano chiamandolo amico dei pubblicani e dei peccatori.
Fortunatamente, per noi queste parole sono quanto di più confortante possiamo
ascoltare. “Non sono venuto a salvare i giusti, ma i peccatori”. Ciò che
importa per accedere alla salvezza non è lo stato originario di una persona, ma
la sua conversione. Gesù non è l’amico dei ladri e delle prostitute, ma di
coloro che si convertono, ladri o prostitute che siano.
La dimora di
Dio fra gli uomini si effettua non appena gli uomini cercano di vedere Dio. La
condiscendenza divina e l’elevazione umana coincidono nel tempo: oggi stesso.
Il principio di questa necessità è la volontà del Padre, che il Figlio ha accettato
di compiere dall’eternità. La Scrittura e l’esperienza stessa della Chiesa ci
dicono quindi che il cercare Dio (preghiera e conversione sono da questo punto
di vista la stessa cosa) costringe
Dio a rispondere subito, oggi stesso. Questa azione di Dio nei riguardi di una
persona dipende da una azione libera
di questa persona: basti pensare al sì di Maria. Non si tratta di una
costrizione deterministica ma di una relazione d’amore, contemporaneamente
divina e umana, implicante entrambe le libertà. È impressionante come la
libertà di Dio accetti di relazionarsi alla libertà umana in modo da doverne
quasi dipendere. Zaccheo non è stato costretto a salire sul sicomoro, ma ha
scelto volontariamente di salirvi. L’incontro non avviene per caso: è una
coincidenza provvidenziale di due persone in movimento, è una occasione, una
possibilità offerta all’uomo di afferrare l’amore di Dio. La convergenza di
queste due libere volontà (o energie, per usare una espressione teologica cara
ai padri orientali) supera tempo e spazio: l’oggi si dilata verso l’eternità
dando origine alla salvezza. La condizione è che l’uomo non venga meno in
questo suo desiderio di riconoscere il Signore e di vivere conseguentemente.
Spetterà al Cristo di pronunciare il giudizio alla fine.
Una volta
accaduti l’incontro e il riconoscimento reciproco, non c’è più tempo da
perdere, perché questo è il tempo favorevole per la nostra salvezza, come ci
ricorda Paolo. Zaccheo si alza, è nella gioia, si erge liberandosi del peso del
peccato, e alla sua fede intende aggiungere le opere. Questa progressione sarà
sottolineata innumerevoli volte negli uffici quaresimali. “Do la metà dei miei
beni ai poveri, e se ho rubato qualcosa a qualcuno restituisco quattro volte
tanto”. Gesù deve aver sorriso dicendo: “Oggi la salvezza è entrata in questa
casa”: non solo perché ci entrava Lui, (Gesù in aramaico significa “Dio
salva”), ma anche perché l’ospitante si era dato da fare per accogliere l’ospite
facendo del suo meglio. La giustizia non è un vago sentimento, ma è una scelta
quotidiana che può anche comportare sacrifici; la salvezza non è un appannaggio
pauperistico, ma è alla portata di ogni uomo, ricco compreso. Dopo aver
incontrato Gesù, Zaccheo appare distaccato dai suoi beni materiali, fino a
condividerli senza esitazione (Gesù non gli aveva chiesto nulla).
Su questo tema
delicato ci viene in aiuto sant’Ambrogio che, nel suo commento al Vangelo di
Luca, giunto all’episodio di Zaccheo, sembra quasi ironizzare: “Ritorniamo ora
nelle grazie dei ricchi: non vogliamo offenderli, in quanto desideriamo, se
possibile, guarirli tutti. Altrimenti, impressionati dalla parabola del
cammello, e lasciati da parte nella persona di Zaccheo, essi avrebbero un
giusto motivo per ritenersi ingiuriati!”. E prosegue con tono più confacente al
contenuto: “Essi debbono apprendere che non c’è colpa nell’essere ricchi, ma
nel non saper usare delle ricchezze: le ricchezze, che nei malvagi ostacolano
la bontà, nei buoni devono costituire un incentivo alla virtù. Ecco, qui il
ricco Zaccheo è scelto da Cristo: dona la metà dei suoi beni ai poveri, e
restituisce fino a quattro volte quanto aveva fraudolentemente rubato. Fare
solo la prima di queste due cose non sarebbe stato sufficiente, poiché la
generosità non conta niente, se permane l’ingiustizia!”.
Come Zaccheo,
anche noi oggi non vedremo mai Gesù se restiamo al livello in cui siamo. Ci
sono troppe persone o cose che stanno sulla nostra strada. Dobbiamo salire più
in alto. Per nostra fortuna, ciascuno di noi ha un albero su cui salire per
vedere Gesù: è l’albero della preghiera. Attraverso la preghiera possiamo
realmente parlare con Gesù così come fece Zaccheo. Ci sono altri alberi: la
Parola di Dio, che illumina la vita e guida i nostri passi; la Chiesa, la
compagnia di amici che Dio ci ha dato per accompagnarci nel continuo richiamo
alla memoria di Lui; la liturgia della Chiesa, nella quale Gesù si fa presente
in modo reale per ciascuno di noi; i Sacramenti, quello della Penitenza (il
nostro modo di pulire la nostra casa per ospitare Gesù attraverso il pentimento
e il servizio ai fratelli) e l’Eucaristia (il pane e il vino che gustiamo nel
pranzo con Gesù e con i fratelli). Non serve salire sul sicomoro: sono altri
gli alberi salendo i quali possiamo vedere Gesù, essere visti da Gesù, parlare
con lui e farlo entrare nel nostro cuore per l’anticipo del banchetto eterno.
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