lunedì 18 febbraio 2013

La chiesa di sant’Agata a Bergamo


La chiesa di sant’Agata a Bergamo

La prima notizia documentaria relativa a una cappella dedicata nella città di Bergamo a Sant’Agata risale all’anno 908 (Pergamene archivi Bergamo 1988). Si ha menzione della chiesa di Sant’Agata in altra fonte più tardiva, risalente al XIV secolo. Nell’elenco dei rappresentanti delle chiese al sinodo del 1304 era, infatti, nominato "presbiter Paxinus Sancte Agathe" (Chiese di Bergamo sottoposte a censo). Ulteriore attestazione della chiesa di Sant’Agata in città si trova in una serie di fascicoli che registrano, a partire dal 1360, le taglie e le decime imposte al clero dai Visconti di Milano e dai papi. Tra di essi, un’ordinanza di Bernabò Visconti riporta un indice generale ("nota ecclesiarum") delle chiese e monasteri di Bergamo, per poi specificarne le rendite e la tassa, nominando di ogni beneficio il titolare. In questa fonte la chiesa di Sant’Agata è nominata tra le "capele civitatis Bergomi". Dall’attestazione del reddito, si ricava che vi erano censiti quattro benefici (Nota ecclesiarum 1360).

In occasione della visita apostolica dell’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, avvenuta il 21 settembre 1575, la parrocchia di Sant’Agata risultava godere di un reddito pari a 188 lire imperiali. La comunità contava 900 anime comunicate. Presso la parrocchiale erano istituiti l’esercizio della Dottrina cristiana e la scuola del Santissimo Sacramento. Nella circoscrizione parrocchiale erano compresi la chiesa annessa al monastero dei frati carmelitani, dedicata all’Annunciazione di Maria, la chiesa di San Giovanni evangelista "de Arena", la chiesa di San Martino, l’oratorio in Palazzo Pretorio, l’oratorio nel Palazzo del Capitano. Nella parrocchia era istituito il consorzio della Pietà, retto da cinque presidenti eletti annualmente dalla città (Visita Borromeo 1575). In un coevo manoscritto recante l’elenco dei benefici delle chiese della diocesi di Bergamo, si attestava la presenza, entro la circoscrizione parrocchiale di Sant’Agata, della chiesa collegiata di San Matteo (Beneficiorum ecclesiasticorum 1577).

In occasione della visita pastorale del vescovo Barbarigo, avvenuta tra il 1658 e il 1660, la parrocchia cittadina di Sant’Agata risultava censita come di giuspatronato dei padri teatini. In essa risultava eretta la scuola dei disciplini. Il clero era costituito a quest’epoca da un parroco, sette sacerdoti e otto chierici (Montanari 1997).

Nel Sommario delle chiese della diocesi di Bergamo, redatto nel 1666 dal cancelliere Marenzi, la parrocchia cittadina sotto l’invocazione di Sant’Agata risultava "aggregata con la cura dell’anime alla Congregazione dei Padri chierici Regolari detti Teatini con l’obbligo di fare esercitare la cura d’anime ad un sacerdote regolare approvato dal superiore". Vi erano istituite la scuola del Santissimo Sacramento e la confraternita della Carità. Entro la circoscrizione parrocchiale erano compresi la chiesa annessa al monastero dei padri carmelitani, una chiesa dedicata alla Madonna, in cui abitava una congregazione di donne dette le Dimesse, un oratorio in Colle Aperto dedicato a San Pietro, governato dalla confraternita dei disciplini militanti sotto il gonfalone di Santa Maria Maddalena di Bergamo, una cappelletta nel palazzo prefettizio e una nel palazzo del camerlengo. A quest’epoca la comunità, presso cui prestava servizio un curato mercenario, contava 1120 anime di cui 836 comunicate (Marenzi 1666-1667).

Secondo quanto si desume dalla serie dei registri sullo Stato del clero della diocesi, contenenti le relazioni dei vicari foranei a partire dall’anno 1734, la parrocchia di Sant’Agata risultava compresa nella vicaria cittadina. Nel 1734 la comunità contava 1018 anime, di cui 641 comunicate (Stati del clero 1734-1822).

In occasione della visita pastorale del vescovo Dolfin, avvenuta il 5 agosto 1781, presso la parrocchiale risultava istituita la scuola del Santissimo Sacramento, retta da persone secolari. Dalla relazione di visita, si desume che la cura parrocchiale, unitamente alla chiesa, era stata concessa in perpetuo alla Religione Teatina da Paolo V, con bolla del 19 agosto 1608, riservando la facoltà al preposito dei Teatini della casa di Sant’Agata di eleggere un altro sacerdote per esercitarla. Entro la circoscrizione parrocchiale erano compresi l’oratorio di San Pietro apostolo, governato da una confraternita di disciplini bianchi, la chiesa di San Giovanni Battista di dominio della città "e precariamente posseduta dalle signore Dimesse, il cui collegio però resta situato nel distretto della parrocchia del Santissimo Salvatore", e la chiesa e convento dei padri carmelitani della congregazione di Mantova. L’esercizio della Dottrina cristiana era tenuto per gli uomini presso la parrocchiale, e per le donne, presso la chiesa del Carmine. La comunità di Sant’Agata, in cui risiedevano quattro canonici, cinque chierici e diciassette sacerdoti, contava a quest’epoca 1326 anime, di cui 1065 comunicate. Il reddito della parrocchia ammontava a lire 326.8 (Visita Dolfin 1778-1781).

Il 7 novembre 1797 il vescovo Dolfin procedeva alla soppressione della parrocchia di Sant’Agata vergine e martire, tripartendone la cura tra le parrocchie di San Salvatore, San Michele dell’Arco e San Lorenzo (decreto 7 novembre 1797). Tuttavia, nel 1799, in seguito alle richieste della comunità di Sant’Agata, il vescovo annullò la risoluzione del 1797, emanando un decreto con cui innalzava a parrocchia la chiesa del Carmine, con la nuova titolazione di Sant’Agata al Carmine (decreto 24 settembre 1799).

Secondo le risoluzioni del decreto 22 giugno 1805, alla parrocchia del Carmine venivano accorpate, in qualità di chiese sussidiarie, le soppresse parrocchie di San Lorenzo e di Sant’Eufemia (decreto 22 giugno 1805). Tuttavia, le disposizioni governative non vennero recepite senza modifiche nel decreto attuativo promulgato dal vescovo Dolfin in data 10 gennaio 1806. Il decreto vescovile dispose infatti che alla parrocchia di Sant’Agata competesse anche la cura di parte della soppressa parrocchia di San Salvatore, la cui chiesa diventava "chiesa sussidiaria" del Carmine (decreto 10 gennaio 1806).

Nel 1861, la parrocchia di "Sant’Agata nel Carmine" risultava censita come "II parrocchia urbana". A quest’epoca la comunità contava 3000 anime, ed era retta da un prevosto affiancato da tre cappellani. Entro la circoscrizione parrocchiale risultavano comprese le chiese sussidiarie di San Salvatore, San Lorenzo, Santa Maria in Valverde e San Pietro in Colle Aperto (GDBg).

La parrocchia di Sant’Agata al Carmine venne soppressa e unita in perpetuo in qualità di "minus pricipalis" alla parrocchia di Sant’Alessandro martire eretta nella cattedrale con decreto 4 maggio 1966 del vescovo Clemente Gaddi (decreto 24 maggio 1966). Probabilmente a motivo di questa contingenza, che non ne estingueva il beneficio, la parrocchia di Sant’Agata risultava ancora citata nella normativa civile del 1986, che disponeva il conferimento della qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto alle chiese parrocchiali della diocesi di Bergamo, e superava il sistema beneficiale: alla parrocchia di Sant’Agata al Carmine succedeva per l’intero patrimonio la parrocchia di Sant’Alessandro martire in Cattedrale (decreto 20 novembre 1986).

 

Roberta Frigeni

  


 

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